Con questo numero di Dislivelli diamo avvio a una serie di esperienze di andata o di ritorno alla montagna di Valle Camonica, in provincia di Brescia. Valle di cui tutti abbiamo sentito parlare almeno una volta, probabilmente in riferimento alle incisioni rupestri preistoriche riconosciute dall’Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità. Tra le più estese delle Alpi centrali, nella Lombardia orientale, si snoda dal Passo del Tonale (1883 metri) a Pisogne, sulla sponda settentrionale del Lago d’Iseo. Qui, dall’alta alla bassa valle, sono ambientate diverse storie di ‘nuovi montanari’ ci cui parlerò nei prossimi mesi. L’esperienza che vi presento in questo numero è quella di Luca Carimati, che vive a Losine, trasferitosi in Val Camonica per amore della sua Abbi, nativa di Breno, e che è entusiasticamente dedito alla coltivazione di ortaggi rustici montani e alla raccolta e trasformazione di piante selvatiche, sia per l’autoproduzione che per la vendita delle eccedenze.
Luca è del ’73 ed è nativo di Teglio, in Valtellina, con un passato da muratore e manovale: “Sono cresciuto con i miei nonni. Mio nonno, in particolare, per me è stata una figura centrale. Era contadino ed è stato partigiano, un grande uomo. Loro erano contadini, dediti alla viticoltura e alla melicoltura, come tutti nella media Valtellina. Alla sua morte ho portato avanti io le viti, ma senza particolare passione a causa del massiccio uso di sostanze chimiche. Mi piaceva legare e potare, ma non certo andare nel campo alle cinque di mattina per spruzzare quelle sostanze. Ho sempre fatto anche un po’ di orto e la cosa mi è sempre piaciuta. Nel corso degli anni in giro si cerca la propria strada, si fanno esperienze, per poi, almeno nel mio caso, tornare alle origini, ovvero alla terra, ma non nella mia Valtellina dove ero stanco di stare, ma qui in Valcamonica dove sono venuto ad abitare dopo aver conosciuto Abbi, nel 2010”. Questa doppia “patria” è valsa a Luca l’appellativo di “Tellin Camuno”, come si fa chiamare sui social e sul suo seguitissimo blog, dove parla di terra, coltivazioni, biodiversità, non tanto con piglio tecnico quanto con un approccio esperienziale e di amore per il lavoro orticolo in montagna. Mentre chiacchieriamo, Luca maneggia con forza una forca foraterra per preparare il campo alle semine primaverili. Lui e la sua compagna non hanno terre di proprietà, una condizione non sempre fondamentale per cimentarsi nell’orticoltura su piccola scala, soprattutto oggi in cui in montagna è possibile prendere in affitto o in comodato terreni pubblici o privati in abbandono in cambio della pulizia e della manutenzione: “Ora sto lavorando un campo comunale semi-pianeggiante datomi in comodato d’uso dall’Amministrazione di Cerveno. Prima di quest’autunno era ricoperto di una fitta boscaglia creatasi a causa dell’abbandono della piccola agricoltura di montagna. Robinie, ornielli, cornioli e rovi la facevano da padroni. Ho fatto un lungo lavoro di pulitura noleggiando un buon decespugliatore a lama, ho sradicato a mano le radici e usato il trinciato in parte da interrare come concimazione e in parte come pacciamatura. Non voglio ribaltare la terra con l’aratro o la vanga perché causerei la perdita dell’equilibrio e della fertilità della terra, anche per evitare di concimare con stallatico di dubbia composizione se si pensa ai farmaci e ai mangimi somministrati alle bestie. Grazie allo scambio di idee tra amici e appassionati di agricoltura sostenibile, anche sui social, ho avuto la possibilità di maturare delle mie idee in merito al trattamento del suolo e alle modalità colturali. Qui porterò avanti cultivar di montagna, come i fagioli, le patate, le rape e metterò i pomodori e le zucche solo lungo i muri a secco dove possano prendere più sole e più caldo. Speriamo in una bella stagione che mi dia coraggio per questa prima annata a Cerveno. Il gran freddo dell’inverno passato dovrebbe aver eliminato un po’ di parassiti”.
Mentre si racconta, Luca prosegue con la realizzazione dell’impianto per fagioli usando le frasche di orniello e sanguinello disboscate in autunno. Ad arrampicarsi saranno le varietà rustiche dei Borlotti di Valcamonica, dei fagioli di Zazza, frazione di Malonno, e di Garda, frazione di Sonico, degli zolfini nani, nonché i grossi e saporiti ‘copafàm’ della varietà dei Phaseolus Coccineus, diffusi in tutto l’arco alpino grazie all’adattabilità ai climi freschi. I prodotti serviranno per l’autoconsumo e per la vendita delle eccedenze ai gruppi d’acquisto locali nonché ad amici e conoscenti desiderosi di cibarsi di cibo sano e locale. La fantasia, l’ironia e la creatività di Luca non mancano mai di stupire: al brano degli Who “Baba O’ Riley” è stato dedicato l’appellativo di una varietà di fagioli liguri che non aveva un nome! I semi vengono autoprodotti trattenendo quelli delle piante madri migliori del raccolto dell’annata precedente o ricevuti alle varie manifestazioni di mostra-scambio di sementi rustiche, tra cui “Ol baratì dèle homéhe” organizzato ogni anno a Costa Volpino (BG), che vede la partecipazione di un variegato numero di orticoltori di montagna. Grazie all’amicizia con Patrizio Mazzucchelli di Raethia Biodiversità Alpine di Teglio (vedi Dislivelli, maggio 2016), Luca coltiva anche alcune varietà rustiche montane di patate come la svizzera Parli, tutelata dalla Fondazione Pro Specie Rara. Oltre a lavorare il campo produttivo di Cerveno mantiene un legame particolare con l’orto di Montepiano, sopra Malegno, anch’esso avuto in uso dalla famiglia che ne è proprietaria e i cui figli non sono interessati a coltivare: un giardino selvaggio, al solivo, ottimo per i carciofi ma anche per le aromatiche, per i pomodori, e per osservare senza quasi alcun intervento i processi naturali di crescita, riproduzione e risemina degli ortaggi: “Mi piace vedere le piantine crescere, che siano un fiore, un ortaggio o un’aromatica. Mi piace osservare gli insetti impollinatori che succhiano il nettare delle mie piante”. Non c’è giorno in cui Luca, ancora all’alba, come racconta nel suo blog, prima di andare a lavorare nella cooperativa dove presta servizio la mattina non si rechi nei suoi orti anche semplicemente ad osservare la natura risvegliarsi e prendere vita: “La localizzazione di certe colture prende proprio origine dall’osservazione, come nel caso delle insalate o delle verdure a foglia che semino nelle zone più umide, dove la neve va via per ultima”.
E il rapporto con le persone del luogo, spesso problematico per chi viene da fuori? “Sarà proprio forse perché sono forestiero, ma a me la gente sembra meglio qui che in Valtellina, dove sono più chiusi. Non essendoci cantieri in corso – dice ridendo – gli anziani vengono tutti qua ad osservare quello che faccio. Alcuni scuotono la testa, altri consigliano metodi per me desueti e inopportuni come l’aratura, ma sono comunque contenti di vedere qualcuno che riprende in mano terreni altrimenti in abbandono”.
Dunque buoni raccolti, Luca. E che la tua caparbietà e il tuo entusiasmo siano di sprone a valorizzare terreni in abbandono per coltivare cibo rustico e sano.
Michela Capra
Per contatti: https://tellincamuno.wordpress.com