Non è poi così scontato che l’amministratore delegato di una grande multinazionale riesca a ritagliarsi un paio di giorni per andare in montagna, tra viaggi intercontinentali, riunioni, conferenze, email e problemi da risolvere. Ma i ritmi frenetici e vorticosi di una vita professionale al vertice devono essere inframmezzati dai tempi dilatati che si possono vivere soltanto durante un’ascensione scandita dalla cadenza lenta dei passi in un ambiente, come quello alpino, che appare immutabile. Ancor più se il manager in questione si chiama Rolf Schmid ed è alla guida della Mammut, colosso nella produzione di abbigliamento e attrezzatura da montagna.
Lo abbiamo incontrato durante la salita del Gran Paradiso (4061 m) che Schmid si è concesso per celebrare i vent’anni di presenza della Mammut in Italia. Dal suo punto di vista si è trattato in realtà di una scusa per trascorrere due giorni di pace, lontano dall’ufficio, testando alcune novità in fase di studio e osservando il variegato mondo degli alpinisti, potenziali clienti. Dal nostro punto di vista, un’occasione per sentire il polso di una realtà economica importante che dal mondo della montagna trae i principali profitti e che alle terre alte guarda per ispirare la propria filosofia produttiva e aziendale.
La famigerata crisi di cui tutti parlano ha colpito anche la vostra azienda?
«No, posso dire che la Mammut non ha sofferto questi ultimi anni di difficoltà economica; forse abbiamo avuto una lieve flessione nei paesi latini. Ma l’intero settore dell’outdoor ha subito in maniera limitata le conseguenze del crollo dei mercati e della finanza. D’altronde, in questo specifico contesto storico in cui c’è meno lavoro, le persone non perdono la voglia di andare in giro all’aria aperta e nella natura, di praticare l’outdoor, insomma».
Indirettamente siete interessati alle prospettive del turismo alpino perché i frequentatori della montagna sono i vostri principali clienti.
«Parto sempre dal presupposto che ai ragazzi della mia generazione non piaceva così tanto andare in montagna: lo facevamo perché costretti dai genitori, ma la prospettiva delle nostre vacanze si limitava a lunghe e noiose passeggiate. Per cui, in un preciso periodo storico, lo sviluppo di nuove attività e nuovi sport da praticare in montagna ha fornito ossigeno vitale alla frequentazione delle Alpi. Con il passare del tempo siamo entrati in un vortice di mode che si susseguono con grande rapidità. Oggi sono sempre più convinto che le passeggiate e l’alpinismo facile rappresentino la base, il polmone, del turismo alpino. Le mode passano, ma il piacere di camminare nella natura è qualcosa che non passerà mai. Noi dobbiamo osservare quel che fanno le persone in montagna, le loro passioni e i loro gusti, per stare al passo con i tempi e capire su cosa puntare in futuro. Infatti, per il bene delle Alpi, dei nostri dipendenti e – in fondo alla catena – dei nostri clienti, obblighiamo tutti i lavoratori della Mammut a trascorrere almeno una notte all’anno in rifugio».
Su cosa punterete in futuro, dunque?
«Contiamo di crescere puntando su ciò che stiamo facendo e su ciò che ci caratterizza al meglio. Stiamo assistendo a uno sviluppo frenetico di tutto ciò che ha a che fare con l’informatica, ma anche nel mondo più tecnologico possibile, le persone avranno ancora bisogno del contatto con le cose semplici della natura. E poi, chi ormai va in pensione gode di ottima salute! In fondo, tra tutti gli hobby, quello per la montagna rimane uno dei più economici».
Simone Bobbio