Nel 1998 nasce ad Anghiari, piccolo borgo di circa 5600 abitanti in provincia di Arezzo nella Valtiberina toscana, la Libera università dell’autobiografia (Lua), iniziativa culturale che ha generato uno di quei cambiamenti radicali del contesto locale montano che si vedono raramente in Italia. Abbiamo incontrato Duccio Demetrio ideatore e, con Saverio Tutino, fondatore della Lua, presso la quale è oggi docente di pratiche autobiografiche e direttore scientifico.

Può spiegare molto sinteticamente cos’è la Lua?
La Libera università dell’autobiografia nasce dal mio incontro con Saverio Tutino, che già aveva fondato l’archivio diaristico di Pieve Santo Stefano. Se il compito dell’archivio di Pieve è di raccolta e storico, quello che volevamo creare era uno spazio di incontro attirando tutti coloro che fossero interessati a scrivere la propria storia di vita con l’aiuto di studiosi ed esperti.

Perché Anghiari?
La scelta ricadde su Anghiari perché Tutino aveva casa lì e quindi conosceva il luogo ed era conosciuto, anche per la fama che aveva come giornalista. La scelta iniziale fu quella di rivolgersi prevalentemente alla popolazione locale: il farmacista, l’agricoltore, il proprietario terriero, il negoziante… insomma a chiunque, abitando nel territorio, fosse interessato. Iniziammo quindi senza troppe ambizioni, ma con uno statuto dove, con grande chiarezza, precisammo l’obiettivo di andare in controtendenza offrendo un luogo dove la memoria non andasse perduta.

Come iniziò?
Si tenga presente che non c’era una lira… Iniziai io con un seminario i cui proventi vennero tutti usati per le spese di attivazione dell’associazione e alcune cene che furono molto importanti, anche simbolicamente, perché permisero di vedere che non avevo intrapreso questa strada per fini personali, ma che ciò che avevo guadagnato come primo formatore del percorso lo avevo messo a disposizione della comunità: questo permise di rompere le prime diffidenze.
Nel ’99 organizzammo il primo convegno nazionale sull’autobiografia in Italia, che fu una cosa straordinaria: le persone non stavano nel teatro, ne arrivarono circa 400… La gente del paese era stupita, vedeva i ristoranti e gli alberghi rianimarsi… L’estate successiva partì il primo anno della scuola.
Quindi, riassumendo, gli ingredienti indispensabili sono stati lo spirito di volontariato, l’idealità (perché senza idealità non si va da nessuna parte, puoi fare massimo delle operazioni commerciali) e il non perdere mai la caratterizzazione cultural-scientifica attraverso l’organizzazione con continuità di seminari e convegni che hanno contribuito a dare un respiro nazionale e a creare consenso di ceti intellettuali. Un luogo che si è costruito quindi non solo su un localismo, ma sulla base di un’apertura.
Certamente conta anche la bellezza del luogo, che non è mai secondaria.

Com’è cambiata la situazione economica?
Anghiari quando l’ho conosciuta era un borgo non abituato come adesso a vedere tutto l’anno una presenza così alta di visitatori e turisti non fuggitivi ma sedentari. Come sono oggi i nostri partecipanti alle diverse attività. La situazione economica è cambiata radicalmente ed è riconosciuto anche dagli amministratori che c’è un indotto di notevole importanza. Se all’inizio un po’ di diffidenza è da mettere in conto, poi quando cominciano a vedere che con la gente che porti la città si anima qualcosa cambia…

E dal punto di vista delle istituzioni, come è stata l’accoglienza?
Da questo punto di vista c’è stato subito un grande appoggio, tant’è che il primo sindaco con un colpo di mano e molto coraggio decise una bella mattina di far apparire sotto il cartello di Anghiari la scritta “città dell’autobiografia”: gli anghieresi scoprirono così che la loro era la città dell’autobiografia e non la presero subito bene, ma poi…
Sicuramente per noi fu molto importante un segnale forte da parte dell’amministrazione locale.
È stato ben congegnato ad esempio il fatto che nel consiglio direttivo c’è sempre la presenza di un rappresentante dell’amministrazione comunale: è importante non avere atteggiamenti settari o di sufficienza e saper entrare nello spirito del luogo.

C’è stata una collaborazione tra chi veniva da fuori e gli anghiaresi. Quanto è stato importante?
Venendo da una città europea come ad esempio Milano si ha una visione più ampia di alcune cose che certi localismi possono nascondere. Costruire un rapporto con rispettosa attenzione e delicatezza tra chi viene da fuori e chi vive nel luogo è fondamentale per costruire qualcosa di duraturo. Così come è importante svincolarsi dalla logica del festival che arriva in un luogo, fa fuochi d’artificio e poi sparisce: deve crearsi, al di là dell’evento, una rete sul territorio, altrimenti è una dispersione di risorse culturali e denaro.
Luca Serenthà

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