Quale significato può assumere, oggi, un impegno ambientalista per le Alpi? Ovviamente è e sarà sempre “in difesa” dell’acqua, delle rocce, della biodiversità e quindi della naturalità nel suo insieme. Tutto ciò però non pare più sufficiente, anche per il fatto che si finisce quasi sempre per rincorrere le singole emergenze, con il rischio di essere confinati al ruolo di fustigatori indefessi e cambiando ben poco. Gli Sos dal territorio sono quotidiani e incessanti. Richiedono sempre una risposta, guai disattenderli, sarebbe ingiusto e scorretto, innanzitutto nei confronti di coloro che vedono in noi le sentinelle dell’ambiente. Ma al di là della necessaria risposta all’emergenza, sono convinta che l’ambientalismo, oggi, sia investito di un ruolo diverso e, per certi aspetti, anche più importante di quello sostenuto nel Novecento. Oggi la nostra ambizione deve essere chiaramente indirizzata a una concreta riconversione ecologica dell’economia e dello sviluppo, in montagna come in pianura.

Peraltro, oltre a costituire un’operazione indispensabile per la nostra sopravvivenza, paradossalmente mai come ora essa è favorita da alcune tendenze strutturali come ad esempio la dematerializzazione dell’economia. L’esito positivo del processo non è per nulla scontato e per questo occorre il coraggio di un ambientalismo che si propone a indirizzare, con la sensibilità e la cura di chi sa accompagnare. Credo sia giunto il tempo per praticare quanto sosteneva il forestale di Roosevert che alla consueta domanda “Gli ambientalisti devono dirci di quanti alberi hanno bisogno” rispondeva: «Che idiozia. Sono loro a doverci dire quanti alberi devono tagliare e perché. È come chiederci di quante sinfonie di Beethoven abbiamo bisogno».
Il futuro va costruito insieme a chi vive e ama la montagna, avendo come obiettivo la ricerca delle nuove condizioni di equilibrio (anche climatico) che si possono instaurare nel rapporto uomo/natura nelle Alpi. È necessario rafforzare la capacità d’azione sociale e culturale dei singoli e della collettività, provando a inventare uno stile di vita ispirato alla montagna. Uno stile che nasca dalla sintesi delle tante buone esperienze di vita e lavoro di nuovi e vecchi valligiani. Per questo Legambiente ogni anno continua a proporre la Carovana delle Alpi: un percorso virtuale attraverso le Alpi, fatto però di tante tappe concrete. Qui non solo si narrano le tristi vicende di consumo delle risorse naturali e le tante vertenze in difesa dell’ambiente. La Carovana, infatti, ogni anno si trasforma in una vetrina di tutte quelle esperienze piccole o grandi che ci dimostrano come sia possibile costruire un rapporto equilibrato tra potenzialità lavorative/economiche e qualità ambientale.
Un ambientalismo che non sia di pura difesa deve avere tra le sue priorità la costruzione di una rete intelligente del popolamento montano. Occorre inventare una “smart” per la montagna. L’espressione utile per definire un nuovo modello alpino potrebbe essere quella di una smart mountain, intendendo con questa un ambiente montano in grado di agire attivamente per conservarsi e soprattutto per migliorarsi. Una montagna intelligente che riesca a conciliare e soddisfare le esigenze tradizionali e nuove di abitanti, imprese e istituzioni, grazie all’impiego diffuso e innovativo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei campi della mobilità, dell’ambiente, dell’agricoltura, dell’efficienza energetica e per un turismo più compatibile.
In questo senso il ruolo delle macroregioni montane potrebbe orientarsi verso la promozione di politiche intelligenti di sistema, ovvero “spazi di coesione” dove praticare i nuovi progetti di sostenibilità. Per questo è indispensabile che la Convenzione delle Alpi e i suoi protocolli divengano i pilastri delle strategie per la Macroregione Alpina. Le linee del programma del biennio 2013-2014 della Presidenza italiana, qualora concretamente sviluppate, ben si predisporrebbero a sostenerne lo sviluppo armonioso e compatibile.
Vanda Bonardo

Scarica il Documento sulle Alpi di Legambiente