L’arco alpino (la Macroregione Alpi nel senso della delimitazione della Convenzione delle Alpi) è una regione periferica nel centro d’Europa e, anche se l’andamento della popolazione e dei posti di lavoro dal 1980 è superiore alla media europea, rimane comunque tale per ben altri motivi:
– mancanza di città con importanza europea o globale;
– bilancio del pendolarimo negativo verso l’esterno;
– difficoltà di accesso in ferrovia, camion e scarsità di trasporti pubblici (salvo i pochi fondovalle con grandi assi di transito);
– condizioni di vita assai difficili per chi ci lavora e abita (salvo i fondovalle delle valli più grandi);
– grandi problemi per le infrastrutture e i servizi pubblici e privati (scuola, sanità, negozi, ristorazione etc.) a causa della difficile conformazione geografica e della bassa densità della popolazione (salvo i fondovalle).
Fatta questa premessa, ne risultano quattro tipologie di regioni alpine (intese come micro-regioni o comunità montane) caratterizzate da problemi e potenzialità assai differenti sull’intero arco alpino (per approfondimenti vedi: W. Bätzing: Le. Alpi. Torino 2005, p. 372-375):
1) Regioni dominate da un centro urbano: caratterizzate da un forte aumento della popolazione e dei posti di lavoro (il paragone è con il resto dell’arco alpino), aumento però connesso con il pericolo di una dipendenza dalle grandi metropoli extra-alpine e di conflitti interni sempre più grandi.
2) Regioni di pendolari: la meta del pendolarismo in uscita è verso un agglomerato extra-alpino (spesso), o verso una città alpina (come Innsbruck, Domodossola). Queste sono le regioni con il più forte tasso di crescita della popolazione dal 1980, ma il pericolo principale è la dipendenza dall’agglomerato extra-regionale.
3) Regioni rurali: queste regioni sono caratterizzate della mancanza di una città intraregionale e dell’esistenza di attività economiche molto varie (agricoltura, artigianato, cantieristica, industria, turismo), ma sono strutturalmente deboli.
4) Regioni di spopolamento: regioni ancora oggi con un forte spopolamento.
Le “regioni rurali” fino agli anni ‘60 erano le regioni più diffuse sull’arco alpino, ma sono destinate a sparire: nel migliore dei casi diventeranno “regioni di pendolari”, nel peggiore “regioni di spopolamento”.
A tutto il 2010 poche rimangono le “regioni rurali” e nel 2020 potrebbero essere sparite completamente.
La situazione delle Alpi piemontesi
Le Alpi piemontesi sono caratterizzate dalla massima presenza di “regioni di spopolamento” rispetto al resto dell’arco alpino, le valli Varaita-Maira-Grana-Stura ed il cuore delle Alpi Liguri sono le due “regioni di spopolamento” più estreme di tutto l’arco alpino.
Le “regioni dominate da un centro urbano” sono molto rare nelle Alpi piemontesi (regioni di Domodossola, Bassa Val di Susa) e lo stesso vale per le “regioni rurali” e le “regioni di pendolari”.
Contrariamente al resto dell’Europa, la regione metropolitana di Torino è l’unica regione metropolitana nell’area perialpina che da molti anni non cresce e così la sua forza nel trasformare regioni alpine in “regioni di pendolari” è abbastanza debole (sono interessate a questo fenomeno solo la bassa Val Chisone e bassa Val di Susa e solamente nove piccoli comuni al margine delle Alpi nella zona delle Valli di Lanzo).
Le città secondarie in prossimità delle Alpi come Biella, Ivrea, Saluzzo o Cuneo sono abbastanza piccole e economicamente deboli (se paragonate a Varese e Vicenza o a Grenoble – Ginevra – Zurigo – Monaco – Salisburgo) e hanno un’influenza debole sull’area alpina (in Valle Stura ad esempio sono influenzati da Cuneo solamente i comuni Borgo S.D., Roccasparvera e Gaiola).
Questa situazione è economicamente delicata, ma allo stesso tempo è un grande potenziale perché, quando la pressione delle metropoli e delle grandi città sulle Alpi è debole, c’è spazio per uno sviluppo endogeno che può portare alla soluzione del problema del spopolamento, che è il problema centrale per le alpi piemontesi.
Potenzialità e rivalorizzazione delle Alpi piemontesi
Le Alpi piemontesi esprimono da sempre grandi potenzialità per l’uomo, tant’è che nella storia delle Alpi sono state tra le prime ad essere popolate e questo vale ancora per l’attuale società postmoderna, che ha fame di prodotti alimentari di alta qualità, di energie rinnovabili, di acqua e di spazi di pregio per il tempo libero.
Visto dal di fuori il problema centrale però mi pare essere una tendenza diffusa a un “irrigidimento culturale” (vedi Bätzing: Le Alpi, Torino 2005, p. 331-332), che blocca dall’interno ogni proposta di rivalorizzazione (mancanza di innovazioni, egoismi familiari, campanilismo a livello di frazione, comune, valle) mentre la situazione politica italiana e la mancanza o inefficacia di una politica montana, bloccano dall’esterno un possibile sviluppo.
Fulcro per ogni progetto di sviluppo del territorio, secondo me, potrebbero essere iniziative che portino al superamento degli irrigidimenti culturali e che inneschino una cultura attiva, viva e innovatrice in diversi campi (musica, teatro, scienze, stampa, lingua ecc.) per dare risposte a domande del tipo: come vogliamo vivere ? Cosa si intende per una buona qualità di vita? Quali sono gli elementi fondamentali per una buona qualità di vita?
Su questa base si potrebbero sviluppare nuove iniziative per un’agricoltura e un artigianato di qualità, per servizi pubblici e privati, per un uso delle energie rinovabili e per un turismo diffuso, tutte attività impostate in modo ecocompatibile e sociocompatibile, intese come pluriattività e non come strutture altamente specializzate.
Per sostenere economicamente queste iniziative si potrebbe pensare ad un uso strumentale dei profitti dall’idroelettrico e dall’utilizzo del legname, tenendo conto delle diverse potenzialità locali.
La mia esperienza personale mi porta poi a valutare positivamente il contributo di un turismo diffuso, dal 1985 pubblicizzo la “Grande Traversata delle Alpi/GTA” in Germania e ora questo percorso è molto conosciuto.
L’interesse dei tedeschi per le Alpi piemontesi negli ultimi anni è andato crescendo e sono tanti ora i tedeschi che hanno scelto di percorrere la GTA, calcoliamo che siano forse 2.500 – 3.000 persone all’anno che si spostano per un tempo medio di una settimana.
Il loro interesse per le Alpi piemontesi è man mano cresciuto nel tempo e ho pubblicato in Germania (insieme a Michael Kleider) tre guide per camminatori, sempre in stretta collaborazione con persone e organizzazioni regionali.
Nel 2006 è uscita la guida per le Alpi Marittime (tremila copie la tiratura della prima edizione, una seconda edizione nel 2010), poi quella della Valle Stura di Demonte nel 2008 (vendute fino oggi 2.400 copie), infine la guida per le Alpi Liguri nel 2010.
Tutte guide in tedesco, pubblicate della piccola casa editrice Rotpunkt a Zurigo, che ha anche pubblicato la famosa guida della Valle Maira.
Questo successo ha significato una piccola rivoluzione sul mercato tedesco delle guide per i camminatori e per la prima volta nel 2010 anche le grandi case editrici si sono interessate alle Alpi piemontesi. Tanto che ora c’è da aspettarsi nelle valli piemontesi un notevole aumento della presenza di tedeschi e, logicamente, anche di svizzeri, austriaci, olandesi e belgi.
Nelle vallate piemontesi il messaggio è arrivato in modo chiaro e si è reagito di conseguenza: per la preparazione delle sesta edizione della mia guida GTA (prevista per aprile 2011), rispetto alla quinta edizione del 2006, ho trovato quasi 50 nuove possibilità di pernottamento su tutta la GTA (nuovi posti tappa, agriturismi, bed&breakfast, rifugi escursionistici, ecc.). Uno sviluppo enorme!
Mi pare importante ora utilizzare queste opportunità in modo efficace e attento, che significa continuare a sviluppare sistematicamente le strutture di un turismo diffuso e ecocompatibile, migliorare certi posti tappa e creare nuovi posti tappa in punti importanti ora non presidiati.
E’ indispensabile continuare a sviluppare nuovi sentieri di valle tipo “Lou Viage” in Valle Stura o i “Percorsi occitani” in Valle Maira, inserire meglio questo turismo nel sistema di pubblicità turistica a livello provincia e regione e creare uno stretto legame tra questo tipo di turismo e la produzione locale (agricoltura, artigianato) coinvolgendo i ristoranti e i posti tappa.
Tutto questo potrebbe sicuramente dare spazio a nuove potenzialità economiche e anche culturali per dare finalmente potenza a una rivalorizzazione delle “regioni di spopolamento”.
Werner Bätzing