La Val Borbera è un territorio montano dell’Appennino ligure-piemontese, all’incrocio tra quattro diverse Province (Alessandria, Genova, Piacenza e Pavia) e Regioni (Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Lombardia). Dal punto di vista amministrativo fa parte dell’Alessandrino anche se la toponomastica e il dialetto tradiscono la sua storica appartenenza alla Repubblica ligure. Nonostante la favorevole posizione geografica della valle, che in passato ne ha fatto un crocevia di collegamento tra la pianura e il mare (la via del sale), oltre che il suo straordinario patrimonio ambientale, il territorio possiede tutti i tratti delle “aree marginali”. L’andamento demografico è segnato da un prolungato declino e da un progressivo invecchiamento; l’area presenta una vocazione essenzialmente agricola, anche se la superficie agricola coltivata si è fortemente ridotta per via del massiccio esodo dalle campagne, che si è intensificato negli anni Sessanta. La piccola dimensione delle aziende agricole incide sulla loro capacità competitiva rispetto alle realtà di pianura ed è aggravata da almeno due fattori: la scarsa produttività dei terreni e la difficile meccanizzazione dell’agricoltura di montagna. Le dinamiche in atto sono, quindi, quelle tipiche dell’abbandono: il calo demografico intacca il sistema produttivo, compromette il sistema dei servizi e indebolisce le capacità di reazione del sistema locale. Nel contempo, proprio tali condizioni di marginalità hanno reso la Valle un contesto attrattivo per l’insediamento di nuove popolazioni, tra cui la Comunità Internazionale Sahaja Yoga. Nei primi anni ’90, la comunità intenzionale Sahaja Yoga ha stabilito la sua sede principale all’interno di Palazzo Doria a Cabella Ligure. Il Comune è così diventato il centro di riferimento per i praticanti di tutto il mondo del movimento, alcuni dei quali (circa 70 persone) si sono trasferiti stabilmente. L’associazione spirituale, che raccoglie migliaia di aderenti in tutto il mondo, organizza nel territorio comunale eventi culturali (concerti, festival, workshop) e meeting di meditazione internazionali. Diverse sono le proprietà della Comunità presenti sul territorio: alcune strutture ricettive, tra cui il Mongiardino Wellness Park comunemente noto come “Parco Mongiardino” (parcomongiardino.it), il grande centro di meditazione (hangar) e vari beni immobiliari, tra cui lo stesso Palazzo Doria. Fino allo scorso febbraio, inoltre, era presente la scuola parentale di primo livello “International School”, frequentata da 60 bambini di diversa nazionalità, chiusa in seguito a un provvedimento giudiziario motivato dall’assenza di alcune autorizzazioni formali. Dal momento del suo insediamento, i movimenti demografici e turistici generati hanno contribuito a sostenere la micro-economia locale. Le diverse “popolazioni” residenti (stranieri e autoctoni) e quelle “di passaggio”, però, per molti anni hanno vissuto in modo separato, facendo riferimento a proprie cerchie sociali disgiunte le une dalle altre. Solo di recente, infatti, si sono registrati segnali di avvicinamento che, se adeguatamente accompagnati, possono generare scambi e azioni collettive capaci di rompere gli equilibri che riproducono i circoli viziosi della marginalità.
A lungo, alcuni residenti e amministratori hanno visto nella Comunità Sahaja Yoga una minaccia all’identità culturale di questo pezzo sconosciuto di Appennino. Considerazioni, queste, che contrastano con il fatto che nell’area storicamente l’identità è plurale:
«Se di una identità si può parlare questa è legata alle singole valli, segnate dai torrenti che scorrono nel loro fondo, o meglio a parti delle stesse – alte, medie e basse – ed in fondo ai campanili, ai paesi. Non esiste una appartenenza culturale o linguistica, la stessa “bandiera” Terre del Giarolo è una invenzione recente e batte su terre che hanno confini diversi, sovrapposti, incerti» (G. Quiligotti, L’insediamento dei giovani in agricoltura nelle valli Curone, Borbera e Grue: gli ultimi dieci anni, rapporto di ricerca commissionato da Comunità Montana Terre del Giarolo, Al, nel 2014).
Un’identità plurale ma forte, fondata su una cultura rurale millenaria, su un lavoro tenace e continuo per strappare la terra al bosco e rendere la montagna accogliente. Un’identità fondata sulla resistenza partigiana che qui ha conosciuto gesta rilevanti. Per trasmettere questa identità alle nuove generazioni e promuovere lo sviluppo locale, è importante contrastare la mitologia che avvolge le narrazioni e le retoriche difensive delle Valli marginali. Frequentemente – anche se non sempre – le aree interne sono bloccate in trappole della marginalità, attivate proprio dal conservatorismo. Spesso, la cooperazione e l’azione collettiva sono ostacolate da forme di individualismo proprietario che bloccano l’elaborazione di mete comuni: il “privatismo” non è un’esclusiva delle società urbane.
Elena Sinibaldi e Filippo Barbera