Il progetto, che ha ricevuto il sostegno della European Cultural Foundation nell’ambito delle iniziative volte a promuovere la cultura della solidarietà, pone l’accento sulla creatività e sulla visione di cambiamento che le donne di montagna prefigurano per sé e per le proprie comunità.
La giornata, preceduta da mesi di incontri online sotto la guida della filosofa e facilitatrice Silvia Bevilacqua, ha coinvolto un gruppo eterogeneo di donne – fra le quali antropologhe, sindacaliste, architette, scrittrici e insegnanti – unite nell’individuazione delle domande più rilevanti per delineare un futuro più sostenibile e inclusivo per le comunità di montagna.
Per saperne di più è opportuno parlare con Beatrice Verri, direttrice della Fondazione Nuto Revelli e ideatrice del progetto. Beatrice, da che cosa nasce Wecho?
«Partendo dalle indagini di Nuto Revelli sulle memorie femminili, nel 2012 la Fondazione ha creato a Paraloup un presidio che è il Laboratorio Anello forte per la memoria delle donne di montagna. Come racconta il libro “Montagna: femminile plurale“ di Irene Borgna e Giacomo Pettenati, sono moltissime le donne che scelgono di vivere, lavorare, creare in quota proprio perché trovano nella montagna l’ecosistema perfetto per il proprio cambiamento.

Il progetto, che vede il coinvolgimento del Coordinamento Donne di Montagna, realtà cuneese negli ultimi anni attiva soprattutto su progetti di sviluppo con le donne contadine dell’America Latina, e YWCA-UCDG Onlus, sezione italiana dell’organizzazione internazionale Young Women Christian Association, intende dare voce alle donne di montagna di tutta Europa per sottolineare l’importanza di una prospettiva di genere nell’elaborazione di politiche più inclusive a livello locale e comunitario. Per mezzo di un questionario (compilabile su www.wecho.eu) la Fondazione Nuto Revelli ha recentemente lanciato la campagna per raccogliere le istanze, le aspirazioni e i bisogni più urgenti delle donne che abitano le terre alte, rivendicando il loro diritto a una piena cittadinanza».
Beatrice, il progetto Wecho pone costantemente l’accento sull’importanza di interrogarsi e di domandare. Ci spieghi meglio?
«Le domande aprono spazi di possibilità e di innovazione, per questo da anni lavoriamo insieme all’Associazione Propositi di Filosofia con laboratori di Philosophy for children e for community. Lo stesso Museo dei racconti di Borgata Paraloup funziona tramite un innesco di domande del visitatore che attivano la memoria delle testimonianze. Ce lo ha insegnato Nuto Revelli che domandare a chi non riceve ascolto è un atto politico significativo. Le donne che oggi scelgono la montagna per viverci o esprimere sé stesse sono tante: perché non chiedere loro che cosa vogliono o di cosa hanno bisogno?»
Quali obiettivi di lungo periodo vi siete prefissate?
«Vogliamo dare vita a una rivoluzione pacifica che abbia fra le sue finalità la diminuzione delle diseguaglianze e il benessere di tutte e di tutti. Una rivoluzione che parta dalle montagne, luoghi più liberi dalla dottrina cieca dell’economia di mercato che continua a giustificare l’inquinamento e le devastazioni che stiamo provocando.
Tutto il materiale testuale, audio e video raccolto con Wecho sarà catalogato e messo a disposizione gratuitamente sull’archivio digitale di Fondazione Nuto Revelli in una sezione dedicata alle resistenze femminili. Lo strumento per mezzo del quale verrà condiviso e indicizzato l’ampio corpus digitale è Nuvolar, la piattaforma dell’omonima startup torinese che, per mezzo di un algoritmo di autoindicizzazione, consente all’utente percorsi di ricerca personalizzati a beneficio di ricercatori e studenti. Le istanze estrapolate saranno restituite alla European Cultural Foundation affinché ne tenga conto nel suo lavoro di advocacy con gli organismi internazionali europei.

C’è tempo fino all’8 dicembre 2021 per partecipare a Wecho: unitevi alla comunità di donne di montagna!»
Serena Anastasi

Info: www.wecho.eu