Si è da poco concluso ad Aosta nei giorni 20-22 settembre il congresso annuale dell’Associazione italiana di scienze regionali (AISRe) dedicato al tema “Identità, qualità e competitività territoriale: sviluppo economico e coesione nei territori alpini”.
Il quadro si è rivelato piuttosto variegato e probabilmente ben riassunto dal confronto metaforico presentato da Manfred Perlik nella terza sessione plenaria: i comuni di Wassen e di Andermat (cantone Uri, Svizzera) partono da un livello analogo nel secolo scorso, con una popolazione di circa mille abitanti ciascuno, e si ritrovano oggi nel primo caso con una popolazione più che dimezzata, nel secondo più che raddoppiata, con una vocazione turistica molto spiccata. I luoghi della perdita e i luoghi dell’investimento dipendono oggi nelle Alpi da condizioni non poste esclusivamente da condizioni territoriali intrinseche ai luoghi, alle risorse o a caratteri limitanti locali come in passato, bensì da un insieme di fattori spesso di origine esogena. Evidente dagli anni precedenti il fenomeno delle seconde case, ad esempio, che non è certo un fenomeno nuovo, mentre lo è in molti casi il carattere di integrazione recente dei territori con le città dei fondovalle e di pianura. L’attrattività territoriale per residenti, legata nelle Alpi generalmente alla presenza di luoghi ameni, ma indebolita dalla presenza di aspetti limitanti di non poco conto, si ricostruisce nel presente attraverso una riformulazione delle pratiche legate alla residenza e al lavoro, attività rimaste nelle Alpi piuttosto “separate” tra loro negli ultimi decenni. Si instaurano fenomeni neo-migratori verso le zone interne molto differenziati, con istituzione in alcuni casi di processi di alpine gentrification, rappresentati dalla costituzione di nuove popolazioni di “residenti di classe”, nei casi più evidenti (cantoni svizzeri) attratti da vere e proprie pratiche di dumping fiscale delle municipalità, per quanto riguarda tassazione e costo dei servizi (Perlik). Oltre a questi aspetti, il cuore di tutto è di certo rappresentato dal sistema della mobilità e dai servizi: rispetto al passato oggi è possibile vivere a cavallo di mondi differenti, attraverso una nuova forma di residenza multilocalizzata, legata magari al mantenere i contatti in parte a distanza, instaurando forme di pendolarismo periodico di lunga gittata, con tempi e distanze superiori al passato.
Un passo importante per rendere realizzabili le condizioni di sviluppo innovativo sia per i territori alpini che per quelli esterni, è rappresentato dalla possibilità di creare coesione e cooperazione attraverso le città e le reti interne. Le medie città delle Alpi ad esempio, se coese all’interno dei propri bacini regionali, possono dar luogo a una dimensione policentrica, che passa anche attraverso la riformulazione dei livelli locali, intercomunalità e unione di comuni (Crivelli). Dal punto di vista delle connessioni, un tema notevole è quello del rafforzamento dei centri di collegamento di valle con le zone pedemontane (Lanzani), mentre dal punto di vista economico le medie città alpine appaiono come uno strumento possibile di ridistribuzione della ricchezza regionale o nazionale (a seconda dei vari contesti). Interessante il fatto che nel periodo di crisi, le piccole banche (tra cui le agenzie del credito montano) abbiano agito con funzione anticiclica rispetto alle altre, riducendo in misura molto minore il credito nei confronti delle imprese, esito del radicamento territoriale di entrambi i tipi di soggetti (Casadio, rapporto Banca d’Italia sull’economia delle regioni italiane). Certo è che all’interno di una località urbana l’“alpinità” deve però essere riconosciuta dalla maggioranza degli attori (Crivelli), procedendo con uno sviluppo riumanizzante in cui anche il paesaggio può dare notevoli contributi (Gambino).
Questi, e in realtà molti altri ancora, gli spunti di riflessione sulle Alpi della contemporaneità emersi nel corso della conferenza annuale AISRe 2010.
Alberto Di Gioia