Dal 2009 Moncler ha ricominciato ad aprire nuove sedi in alta quota; il 15 febbraio di quest’anno Lapo Elkann ha inaugurato a Sestriere il nuovo monomarca Italia Independent; nel dicembre 2012 a Gstaad, dopo 100 anni, si è inaugurato un nuovo 5 stelle: stiamo parlando di un’altra montagna. Non siamo di fronte alla montagna di cui si sta discutendo in questi ultimi tempi, che non sente una giusta rappresentanza istituzionale per trovare soluzione ai suoi problemi, in cui il lavoro artigianale stenta a sopravvivere, che inesorabilmente spopola abbandonando vecchie borgate.
In questa montagna le borgate ci sono e sono ristrutturate con prezzi di vendita che oscillanno tra i 10.000 e i 15.000 euro al metro quadrato, il lavoro artigianale è presente ed è acquistabile spesso a prezzi molto elevati. Eppure di questa montagna quando si parla di sviluppo, se ne parla poco. Forse perché è una montagna più “ingombrante” non solo per le cifre che girano in termini di costo dei consumi e redditi prodotti, ma anche per l’impatto socio-culturale che un certo stile di vita genera nei confronti dei contesti identitari alpini, talvolta anche fragili, e per l’impatto ambientale che deriva da un consumo proposto dai territori montani stessi delle risorse ambientali, se non ragionevolmente controllato (ricordate l’uso dell’eliski nelle Dolomiti?).

Stiamo parlando infatti di località montane inserite in ambienti naturali di grande pregio ed eccezionale valore, collegate a circuiti sciistici di primo livello, facilmente accessibili, pur nei limiti delle condizioni fisico-geografiche, e che hanno impostato il loro sviluppo principalmente sul comparto del turismo del lusso.
Un turismo però che sta cambiando e si sta riconfigurando con caratteri diversi. Il Presidente del Consorzio Turismo Cortina, ing. Stefano Illing, parlando della perla delle Dolomiti afferma: «E’ in atto un sostanziale cambiamento dei valori e una maggiore responsabilità sociale. Non si scelgono le destinazioni di vacanza solo perché possono rappresentare una vetrina e una conferma del proprio status sociale o economico, ma piuttosto perché la destinazione rispecchia un proprio personale stile di vita e fornisce una gamma di servizi che soddisfano le personali e specifiche esigenze. Questa premessa vale soprattutto per i clienti che provengono dai paesi occidentali. Vi è invece un atteggiamento diverso da parte dei mercati emergenti, quali per esempio i paesi dell’Est Europa o degli Emirati Arabi Uniti o dell’India. Qui la ricerca del lusso risponde ancora a un bisogno di manifestazione sociale del proprio successo economico». Continua: «Strategicamente Cortina, per far fronte ai cambiamenti in atto, è passata da una comunicazione di brand generalista – fino al 2008 si è venduto il marchio Cortina – alla vendita di esperienze, attività e proposte strutturate per rispondere a esigenze specifiche legate a veri e propri stili di vita». Ancora riguardo alle provenienze di questo comparto di turismo dice: «Se 10 anni fa il mercato di Cortina era quasi esclusivamente italiano, ultimamente è stato molto riequilibrato grazie a un intenso lavoro di internazionalizzazione con azioni mirate su singoli segmenti di mercato, il cui risultato è stato il progressivo aumento della clientela straniera e l’aumento di rilevanza dell’estate che oggi supera l’inverno e diviene la stagione più importante».

Dunque un cambiamento importante che potrebbe diventare occasione per ri-pensare il rapporto tra centro e periferia del turismo montano. Infatti, scardinando tradizionali segmentazioni e visioni  territoriali delle Alpi, si potrebbero costruire sistemi e reti territoriali in grado di avviare una stagione diversa dello sviluppo montano. In altre parole, si tratta di fare ciò che l’Unione Europea chiama “coesione territoriale”, cooperando tra centro e periferia, agganciando territori “forti” (ma che dentro le Alpi dal punto di vista ambientale e culturale condividono in realtà una fragilità eco e socio-sistemica pari agli altri) a territori “deboli” in grado di offrire esperienze naturalistiche e culturali di altissimo livello, riducendo così la compressione proprio in quei territori già ai limiti. Se si concorda con questa visione altra, allora si può pensare di offrire un’offerta integrata e sistemica del territorio alpino che si radica nella storia, cultura e identità alpina, lontano dalle rappresentazioni artificiali delle Alpi, quando non c’è n’è affatto bisogno, e dai localismi ambientali e culturali. Siamo certamente di fronte a una prospettiva market oriented, ma lo sviluppo economico è ancora la base per tutti, che però impegna i territori montani a trovare un equilibrio ambientale e culturale sicuramente fuori dai soliti schemi, mettendo alla prova forme nuove di cooperazione e rilanciando un’idea diversa, partecipata e coesa della montagna e delle Alpi.
Federica Corrado