Il 1° dicembre a Lucerna si è tenuto l’ultimo forum della fase intermedia del progetto Alpine space iMonitraf, dedicato all’individuazione di strategie condivise per la regolazione del traffico alpino. Tra i contenuti del progetto è rilevante l’importanza della riduzione dei mezzi pesanti sui passi alpini e la partecipazione dell’Unione Europea nell’individuazione di misure di regolazione condivise, dalla borsa dei transiti (su cui ora non ci soffermeremo) all’importanza di politiche di accompagnamento del rafforzamento infrastrutturale delle Regioni interessate.

Parallelamente, sempre a dicembre, il Parlamento europeo ha chiesto una riduzione di emissioni climalteranti più consistente rispetto ai precedenti rapporti della Commissione, considerando che da qui al 2014 la Commissione europea dovrà definire, per tutta Europa, l’assegnazione di punteggi di costo da relazionare alle emissioni climalteranti dei diversi mezzi (vettori) di trasporto.
Sempre nello stesso tempo, il Consiglio federale svizzero ha ammesso che la politica legata allo spostamento modale del traffico pesante al 2018 fino a soli 650.000 transiti non potrà essere soddisfatta. E questo nonostante l’istituzione di una politica di lungo periodo di rafforzamento delle infrastrutture ferroviarie e di nuovi trafori di scorrimento veloce, i principali il Lötschberg ed il Gottardo (di cui parlammo in articoli a loro dedicati in numeri precedenti della rivista). Contemporaneamente il traffico transalpino italo-austriaco attraverso il Brennero, al 2011, consta in 1,85 milioni di veicoli. Veicoli che, percorrendo l’intera tratta, pagano costi molto diversi: 12 centesimi al km per la tratta italiana, 2,04 € per la tratta austriaca con le opportune tariffazioni.
Ancora, in Italia, a fine gennaio, tutti abbiamo assistito alla mobilitazione generale della categoria degli autotrasportatori, il “blocco Tir che blocca l’Italia”. Al di là dei motivi della protesta, legata alle politiche del Governo in tema di liberalizzazioni, una sfacettatura particolare degli eventi non è stata mai considerata dai media nostrani. Così come le notizie precedenti, dopo tutto (rientra quindi nella normalità). Questa sfacettatura è legata alla pressochè completa, totale miopia ed assenza di una visione esterna del problema, di portata assai ampia. Ragionare sulle problematiche degli autotrasportatori considerando il tema esclusivamente dal punto di vista del caro-benzina (“che in alcune zone d’Italia ha raggiunto 1,70 euro al litro, rappresentando circa il 40% del guadagno dell’intero viaggio” si è letto) è un po’ come indicare come problema, in un paese affamato, ridotto a redditi scarsi e beni inflazionati, il fatto che il vero responsabile sia il prezzo del pane. Certamente una volta che il pane aumenta, le folle si riversano per strada. Ma a monte i motivi dell’affamamento sono ben altri. Dal punto di vista degli autotrasportatori, naturalmente, la protesta non può che essere relazionata agli interessi della categoria e agli interventi del Governo nostrano. Ma mentre qui ci si lamenta del costo caro del combustibile, altrove ci si concentra su come usarne meno, con politiche più lungimiranti. Completando le informazioni e guardando ai fatti più che agli intenti si dovrebbe considerare che l’Italia privilegia, da decenni, il trasporto pesante su strada. Non ha mai preso politiche adeguate di adeguamento dei flussi di trasporto internazionali, nè come regolazione nè come tariffazione, così come mancano politiche di accompagnamento alle grandi opere infrastrutturali, dal punto di vista del trasporto merci. Anzi, le misure viaggiano spesso su binari strabici, che rendono prioritarie le linee ad alta velocità prima e bocciano la ratifica del protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi  Convenzione delle Alpi poi (così la Camera dei Deputati il 25 ottobre 2011), o programmano un raddoppio del traforo autostradale del Frejus, misura evidentemente contrastante con la volontà di spostare merci da mezzo pesante a ferrovia.
Un autotrasportatore italiano che debba portare merci in Svizzera si trova a dover pagare più del doppio, in costo autostradale, di quanto paghi in Italia, e pagherà ancora di più in futuro.
Sorpresa: la benzina mediamente in Svizzera costa meno.
Alberto Di Gioia