Nell’ottobre del 2011 un evento dal successo sorprendente ha arricchito di entusiasmo la vita degli abitanti di Pont Canavese: la Transumanza. Nulla di strano per chi vive nell’alto Canavese, la transumanza è consuetudine rinnovata ogni anno in primavera e in autunno, una tradizione presente. Se non che, complice una giornata tersa come se ne vedono poche a ottobre, la transumanza quell’anno ha attirato a Pont Canavese qualche migliaio di persone. Tutti incuriositi da un fitto tam tam mediatico, trepidanti nell’attesa di vedere le mandrie scendere dagli alpeggi e passare in mezzo al paese. Di assistere a un vero e proprio spettacolo!
Tutto era nato qualche mese prima dall’iniziativa di un gruppo di giovani pontesi che, decisi nel fare qualcosa di utile per il proprio territorio, ha pensato di trasformare una tradizione in un evento. Questo gruppo si è poi costituito nel “Comitato La Tramia” che ha dato forma e sostanza alla festa della transumanza. La scintilla iniziale è stata il fatto che ciascuno avesse ricordi ed emozioni legate alla transumanza. C’è chi ha visto la propria nonna abbandonare, e poi arrostire, una padella sul fuoco per andare a vedere le mucche passare. C’è, anche, chi ha dovuto spiegare ai parenti venuti da lontano che il frastuono che li ha svegliati nella notte non era altro che il suono dei campanacci della mandria in transumanza. Insomma, la passione si era accesa ed era condivisa. Da lì, poi, ci si è resi conto di quanto la transumanza fosse in realtà sconosciuta a molti: chi abita lontano dalle montagne e dalle valli prealpine non ha mai visto una margaria a piedi né può immaginare cosa questo comporti, quali reali fatiche si porti dietro. E allora era importante far capire e cercare di trasmettere quale vita fosse quella del margaro che sceglie di fare la transumanza. In passato era una necessità, affrontare il lungo viaggio verso gli alpeggi significava trovare pascoli freschi per i propri animali i quali garantivano poi un latte più buono e, di conseguenza, un formaggio unico. La scansione delle stagioni era dettata dal frastuono dei campanacci: in primavera brillanti, quasi a festa, in autunno vagamente malinconici. Testimonianze di alcuni pastori dicono che è proprio così, le mandrie percorrono il tragitto dalle campagne agli alpeggi in modo deciso e veloce, desiderose di raggiungere la meta. Al rientro il passo è rallentato, quasi a non voler staccarsi dalle montagne. Ma è anche questa una necessità irrinunciabile. Trascorrere l’inverno negli alpeggi è, ovviamente, impensabile.

Nel presente la vita del margaro è immutata. Chi decide di fare la transumanza a piedi oppure, scelta dettata dalla comodità e dai mezzi “moderni”, con i carri bestiame, decide di fare una scelta di qualità per i propri animali e affrontare una vita di rinunce. È sempre bello e unico vivere e lavorare nella natura ma è forse il lavoro più duro. Attorno a questa tradizione è importante tenere alta l’attenzione perché proprio a causa della durezza della vita che comporta questo lavoro, sempre meno persone scelgono di portarlo avanti con la drammatica conseguenza dello spopolamento delle montagne e degli alpeggi.
La festa della Transumanza vuol essere un faro puntato su certe problematiche che potrebbero essere risolte e affrontate insieme ai pastori, sulla lavorazione dei formaggi negli alpeggi, unici nel loro genere e sulla dignità di una vita di dedizione e grandissima passione. Questa è la cultura della transumanza.
Antonella Rosa

Info: www.latransumanza.it