Evelina Felisatti non è una “nuova” montanara, piuttosto è una montanara “di ritorno”.  Nata a Domodossola (VB) e cresciuta nel piccolo borgo di Baceno è poi partita per Milano, per studiare Geografia all’università. È stato proprio l’interesse per i territori e per le loro dinamiche a riportarla alle sue radici e ai racconti della sua nonna materna, che sono diventati il punto di partenza per una tesi di laurea sulla canapicoltura in Val d’Ossola e sui tanti usi tradizionali della canapa sativa. Da questi studi è poi nata l’idea di recuperare quest’antica coltivazione. Così, nel 2016 Evelina Felisatti partecipa al primo campus ReStartAlp vincendo il secondo premio. Da qui, con i dettagli del progetto sulla carta, qualche soldo in tasca e la collaborazione della famiglia è iniziato il lavoro di avvio: dall’individuazione dei campi da coltivare a canapa sativa e a segale, localizzati tra gli 800 e i 1600 metri, al recupero di antiche varietà di mais, alla scelta di un metodo di produzione rispettoso della natura, all’apertura del negozio.

La Chanvosa nasce da una filosofia fondata sul rispetto della natura, sulla salvaguardia del paesaggio montano e sulla valorizzazione del territorio. L’agricoltore è, in questa visione, un custode del paesaggio e una persona che aiuta la vita a crescere: «Il contadino produce il cibo: non una merce ma cibo e quindi vita», spiega Felisatti, «Facendo questo custodisce il paesaggio». E il paesaggio, in Val d’Ossola, è da secoli caratterizzato anche da strutture legate alla lavorazione della canapa, come le vasche di macerazione. Tutte le scelte di questa azienda sono coerenti con questi valori, anche quando comportano un maggior sforzo in termini di lavoro e di costi. È il caso dell’adesione al metodo biodinamico, che Evelina Felisatti considera un modo per fare la propria parte contro i cambiamenti climatici.
Un’agricoltura coerente con valori riconoscibili e apprezzati dai consumatori è anche un modo per differenziarsi dai concorrenti. Questo è un importante punto di forza per una piccola realtà che inevitabilmente rivolge i propri prodotti a una nicchia attenta alla salute, all’ambiente, al “tradizionale” e al “locale”. I prodotti della Chanvosa, contrassegnati orgogliosamente “100% made in Ossola”, rispondono perfettamente alla sensibilità di questo pubblico.

L’impegno richiesto dall’attività è importante: in Italia non esistono macchinari adatti ai terrazzamenti e ai terreni scoscesi della montagna cosicché Evelina Felisatti, con l’aiuto della famiglia, compie manualmente la maggior parte delle lavorazioni. Oltre ai problemi del lavoro quotidiano, i rapporti con le associazioni di categoria non sono sempre facili perché una donna imprenditrice – e per di più giovane – spesso non viene presa sul serio, al contrario di quanto si potrebbe pensare. Pesa inoltre il relativo isolamento del contadino in un contesto montano in cui il settore primario sostanzialmente significa allevamento e caseificazione più che agricoltura.
Ma, si sa, un tratto distintivo dei montanari è la caparbietà. Così Evelina Felisatti continua a bussare a tutte le porte. Nel frattempo organizza eventi per fare conoscere le fasi di produzione della canapa, è vicepresidente e fondatrice dell’associazione Canapa Alpina e partecipa a fiere e mercati facendo informazione: «La canapa negli ultimi anni è stata demonizzata perché si confonde la nostra canapa sativa con la canapa indiga, quella utilizzata nella produzione di stupefacenti. Così ad ogni occasione spiego al pubblico che esiste una canapa della nostra tradizione, che in passato in Italia veniva usata per alimentazione, cosmesi e fabbricazione di tessuti e che oggi si presta anche a nuove applicazioni come la bioedilizia e la produzione di bioplastiche».
Per Evelina Felisatti le montagne dell’Ossola rappresentano un luogo dove aprirsi al futuro recuperando il passato. Si tratta anche del punto di partenza per fare nuove esperienze e cercare nuovi scambi, non solo in Italia, ma anche all’estero: uno dei sogni nel cassetto di Evelina è passare qualche mese a lavorare presso un’azienda agricola all’estero, poi di converso accogliere nella propria azienda altri giovani e permettere loro di imparare dal suo lavoro.
Marta Geri

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