Dalla nascita nella cultura statunitense a fenomeno di massa. Un mondo che, se esaminato da vicino, tende a essere ancora poco inquadrato e valorizzato. Eppure, la sua indole e il suo stretto legame con la natura, portano a immaginarla come lo strumento ideale per esplorare soprattutto i territori montani rimettendo al centro dell’offerta turistica l’uomo e il suo rapporto con la natura.
Anche se è sempre più diffusa e adattata alla vita di città, la mountain bike è rimasta il mezzo per eccellenza per chi desidera combinare agilità ed esplorazione di spazi verdi.
Nata negli Stati Uniti, precisamente in California, verso la fine degli anni ’60, deve la sua innovatività ad alcuni giovani che, applicando una serie di adattamenti alla struttura le resero più leggere e adatte a inerpicarsi su sentieri montani. Grazie a queste caratteristiche, la rivoluzione rappresentata dal “rampichino”, come fu chiamata in Italia dalla ditta Cinelli, che per prima la introdusse (il riferimento è al nome dell’uccellino che si arrampica sugli alberi), portò alla sua diffusione su ampia scala. Per Diego Drago, Accompagnatore cicloturistico, la cui passione per la mountain bike nasce da ragazzo, quando si affrontano sentieri impervi o spazi inesplorati in gergo ciclistico si dice: «usiamo il rampichino».
La continua espansione verso un’utenza sempre più variegata unita al rinnovamento tecnico ha portato all’ideazione dei moderni modelli di ebike, bicilette a pedalata assistita che rappresentano il risultato dello sforzo verso il superamento di un limite fisico.
La diffusione e l’utilizzo delle mountain bike sono evidenti, eppure, mancando un censimento puntuale da parte di enti pubblici o privati, l’analisi del settore in Italia si basa solamente su alcune stime. Ad esempio, in uno studio commissionato dal Parlamento Europeo nel 2012 venivano stimati oltre 2,2 miliardi di escursioni in bici e 20 milioni con pernottamenti annui, mentre in un lavoro analogo realizzato dal Comune di Condove in Val di Susa, emerge che annualmente il numero di singole escursioni in questa micro area si attesti sulle 32.000.
Le difficoltà nel segnalare dati precisi sono in parte aggravate dall’attuale impossibilità di definire attraverso una norma, chi nel settore possa essere definito professionista. In questo senso, si trovano d’accordo il pensiero di Diego Drago e quello di Mauro Centenaro, segretario del settore fuoristrada della Fci ( Federazione ciclistica italiana), il quale spiega che, nonostante l’esistenza di quelli che nel settore mountain bike potrebbero essere definiti “atleti di interesse nazionale”, in assenza di un inquadramento fiscale e legale vero e proprio all’interno di una lega (ciò a cui si vorrebbe arrivare), non è possibile riconoscere la figura e quindi stimarne il numero.
In questo panorama dai confini incerti è possibile essere più chiari rispetto alle differenze tra guide e accompagnatori cicloturistici, tra i quali, come tiene a precisare Diego Drago, «se non fosse per il diverso appellativo dato da una scuola piuttosto che da un’altra, di fatto non esisterebbe alcuna differenza». Inoltre, prosegue il biker, «nonostante oggi esistano enti come Formont, che certificano la formazione degli Accompagnatori cicloturistici, nella realtà sono molti altri i soggetti che competono nel settore in assenza di adeguata preparazione, generando di fatto una minore garanzia per il turista».
Stando ai dati forniti dall’ente certificatore, dal 2010 ad oggi vi sono stati 22 allievi formati in Provincia di Torino nel 2010, 16 nel 2011 a Vercelli con corso a finanziamento pubblico e 14 allievi iscritti nella Provincia di Cuneo il cui corso, attualmente in fase di erogazione, è diventato privato.
Nonostante tardi a diffondersi in modo omogeneo un turismo che valorizzi il binomio mountain bike–ambiente, sono molti gli attori del territorio montano che, intravedendone il potenziale, stanno attuando strategie per rafforzarlo, contribuendo alla diffusione di un nuovo modello di turismo montano.
Un turismo che, come nel caso del comune di Condove, la cui amministrazione è impegnata in un progetto di valorizzazione di un percorso cicloturistico attorno alla Via Francigena, partendo da una singola offerta, rafforzi e sviluppi le reti e le connessioni tra le piccole realtà già esistenti sul territorio per valorizzare appieno gli aspetti più inediti e caratteristici.
In questo scenario in divenire, in cui il turismo è strettamente connesso alla cultura locale, la mountain bike si propone come uno tra i mezzi ideali per favorire il nuovo approccio lento o slow, sia in termini di mobilità che come scoperta dell’area ospitante.
Se l’offerta nasce da chi conosce la cultura locale, sarà più spontanea e vivace, in grado quindi di ramificarsi con più facilità.
Anna Anselmi