Franco Perlotto, Rifugio Boccalatte-Piolti, 2803 m, Val Ferret

Lo storico Boccalatte-Piolti, autentico nido d’aquila posto a 2803 metri all’ombra delle Grandes Jorasses, dedicato a Gabriele Boccalatte e Mario Piolti caduti nel 1938 sull’Aiguille de Triolet, è uno dei primi rifugi nati sul versante italiano del Bianco. Il remoto isolotto roccioso su cui sorge, in posizione strategica tra i ghiacciai di Plampincieux e delle Grandes Jorasses, sembra sia stato individuato nientemeno che da Edward Whymper durante le sue ascensioni nel massiccio. La struttura è rimasta a lungo chiusa e incustodita negli ultimi anni per problemi legati alla manutenzione e soprattutto all’accessibilità, a causa della minaccia costituita dal seracco pensile che prendeva il suo nome proprio dall’alpinista inglese, e che è finalmente caduto l’estate scorsa. Un luogo così significativo non poteva che richiamare a risollevarne le sorti un altrettanto notevole protagonista delle vicende alpinistiche: Franco Perlotto.

Classe 1957, fin dai primi anni Ottanta protagonista indiscusso dell’alpinismo estremo, pioniere del free climbing, guida.
Paolo Rumiz dice di lui: «Non chiamatelo alpinista: la verticale non gli basta. È un gaucho inquieto, disattento al proprio ombelico, che divora orizzonti a morsi». Il poliedrico “bocia matto” di Trissino (VI) infatti non solo vanta uno straordinario curriculum alpinistico (42 vie nuove tracciate, tra le quali 7 in solitaria; 69 solitarie tra le cui 18 prime; 15 prime invernali in giro per il mondo), ma è anche viaggiatore instancabile, giornalista, fotografo e scrittore, cooperante internazionale esperto in emergenze e sviluppo locale (Amazzonia, Bosnia, Sri Lanka, Afghanistan, Palestina, Ciad, Congo, Ruanda tra i territori in cui ha agito), nonché già sindaco e gestore di un bar in quel di Recoaro Terme. Non nuovo alle dinamiche della gestione di un rifugio, avendo già guidato il Pellarini nelle Alpi Giulie, oggi Perlotto ci ha raccontato come ha deciso di misurarsi con questo nuovo approdo in alta quota: «Ho dato la mia disponibilità al CAI Torino alla riapertura per poter finalmente tornare a vivere la montagna in modo integrale in un luogo molto difficile, ma di enorme fascino». Il CAI Torino, ormai da anni coinvolto in una consistente campagna di rinnovamento del proprio patrimonio edilizio, si è impegnato ad eseguire le necessarie opere di aggiornamento della struttura. «Appena ci saranno le condizioni atmosferiche adeguate – spiega Perlotto – si procederà ai lavori, che dovrebbero durare circa un mese: si tratta del posizionamento di una vasca per le acque nere, di un nuovo bagno, del ripristino della presa d’acqua e di tutti gli accorgimenti necessari per la messa a norma. Se il meteo lo permetterà, si potrà aprire già nella seconda metà dell’estate; altrimenti si dovrà attendere l’anno prossimo». Il progressivo mutamento in direzione turistica di gran parte dell’utenza dei rifugi alpini tocca solo marginalmente una struttura come il Boccalatte, che si trova in una posizione raggiungibile solo da alpinisti ed escursionisti esperti. Il rifugio, secondo le intenzioni di Perlotto, rimarrà infatti un piccolo presidio di accoglienza basica, senza troppi comfort, punto di riferimento per chi vuole salire le Grandes Jorasses dal versante italiano, o per chi torna a valle dopo l’ascensione della Nord. Indubbiamente, data la valenza paesaggistica del contesto, il rifugio costituirà nuovamente una meta indimenticabile anche per chi vorrà solamente salirvi in giornata seguendo l’impegnativo sentiero a tratti attrezzato che sale dalla Val Ferret.
Stefano Girodo