La pubblicità del Parmigiano Reggiano, apparsa su vari giornali nelle scorse settimane, ha giustamente (a mio parere) suscitato reazioni negative da parte di chi ha a cuore le terre alte e l’agricoltura/allevamento “eroici”, da parte di chi ancora resiste, nonostante costi di produzione (specialmente da burocrazia) proibitivi. Il Consorzio Parmigiano Reggiano, prodotto che, semmai, è identificabile nell’immaginario collettivo con la pianura padana (tant’è che il suo principale concorrente si chiama “Grana Padano”), svilisce il senso del marchio di qualità “prodotto di montagna”.

Ma cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. La definizione di “zone di montagna” su cui si fonda il regolamento Ue alla base del marchio è piuttosto “generosa”, e comprende “Le zone di montagna caratterizzate da una notevole limitazione delle possibilità di utilizzazione delle terre e da un notevole aumento del costo del lavoro, dovuti:
– all’esistenza di condizioni climatiche molto difficili a causa dell’altitudine, che si traducono in un periodo vegetativo nettamente abbreviato;
– in zone di altitudine inferiore, all’esistenza nella maggior parte del territorio di forti pendii che rendono impossibile la meccanizzazione o richiedono l’impiego di materiale speciale assai oneroso;
– a una combinazione dei due fattori, quando lo svantaggio derivante da ciascuno di questi fattori presi separatamente è meno accentuato, ma la loro combinazione comporta uno svantaggio equivalente.
In altre parole, il regolamento non definisce geograficamente le “zone di montagna”, lasciando discrezionalità agli Stati/regioni che lo attuano. Ora, è ovvio che, in termini di “svantaggi”, le zone appenniniche delle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna, nelle quali si trovano “alcuni” dei caseifici che producono il Parmigiano Reggiano non sono necessariamente comparabili con le zone dell’agricoltura “eroica” (specialmente delle regioni alpine); tuttavia, il consorzio del Parmigiano Reggiano ha approfittato di una legislazione che permette di classificare come “zone di montagna” quelle da cui proviene “parte” della propria produzione. Ciò è, giuridicamente, legittimo. Tuttavia, la pubblicità in oggetto è “Palesemente ingannevole”. E’ lo stesso Consorzio, nel sito parmigianoreggiano.it ad indicare che sono solo “alcuni” dei caseifici ad essere certificati, perché ubicati appunto in “zone di montagna”. Ma la pubblicità, invece, veicola il messaggio che il “Parmigiano Reggiano come tale” sia in ogni caso un prodotto avente le qualità del “prodotto di montagna”, a “prescindere dal luogo di origine”, compreso quello proveniente da ambiti della zona di produzione diversi dalla parte appenninica delle suindicate 4 province. Su questa base, ho inoltrato segnalazione di pubblicità ingannevole all’autorità garante della Concorrenza e del Mercato.
Marco Onida, ex Segretario Convenzione delle Alpi