Una morte che fa discutere. Daniza, l’orsa morta per un assurdo errore, non era violenta. Sappiamo per certo che faceva solo il suo mestiere di orso bruno. Pur squartando qua e là qualche alveare, non ha mai aggredito spontaneamente nessun umano. In molti l’hanno avvistata con i piccoli, senza alcun problema, era sufficiente mantenere una distanza di buon senso. Come una madre normale ha difeso i suoi orsacchiotti nel momento in cui il solito incauto ha scioccamente deciso di avvicinarsi. Il suo unico difetto è stato forse quello di aver perso un po’ di quella sana paura nei confronti dell’uomo, infatti pare avesse l’abitudine di avvicinarsi ai centri abitati per cercare nei rifiuti un qualcosa di goloso per sé e per i piccoli. Nelle ultime settimane, controllata a vista com’era, si sentiva braccata, tanto da far percorrere più di 20 km al giorno ai suoi cuccioli. Molto probabilmente lo stress le è stato fatale.
E’ pur vero che la sua è una morte come tante. Quanti animali muoino e vivono in condizioni peggiori, per non parlare degli umani che subiscono sorti analoghe. Questa fine, con il suo carico di sofferenza, ci fa comunque pensare, riproponendoci una molteplicità di risvolti non solo emotivi. Ambiti di pensiero che ci portano a riflettere sul valore della vita nella sua complessità. Aspetti che non ci possono lasciare indifferenti, anche in termini di scelte politiche di governo di un territorio.
L’orso è indispensabile all’uomo? No, non lo è, come non lo sono il lupo o la lince, ma neanche la torre di Pisa o altre emergenze culturali e naturali che volenti o nolenti ritroviamo attorno a noi. L’orso può essere pericoloso? Si, ma non più di una vipera o addirittura di una mucca (un morto e un ferito grave in Tirolo solo nel mese di agosto), per non parlare dei ghiacciai e dei dirupi che, con la stessa noncuranza del malcauto fotografo di orsi, molti affrontano in montagna. Anche i meravigliosi cani dei pastori (non solo maremmani) possono essere pericolosi. Un mese fa uno di loro, più facinoroso di altri, vedendomi in lontananza su un sentiero GTA, mi ha raggiunta azzannandomi il polpaccio. Ho risolto facilmente, sono stati sufficienti un po’ di controllo della paura e un po’ di acqua fresca sulla ferita. Questo per dire come i rischi sono variegati e frequenti, più di quanto si possa stigmatizzare. Allora occorre domandarci se vale la pena di conviverci. Personalmente dico di sì, sempre che si provi ad attrezzarci minimamente nella gestione razionale degli stessi, pena la noia di un’esistenza mediocre. Questo ovviamente è un giudizio soggettivo, altra cosa è una scelta collettiva.
Daniza viveva in Trentino in conseguenza di una scelta collettiva, voluta dalla provincia di Trento. Una scelta che ha fatto gioire molti di noi, ma che porta con sé un carico di responsabilità del quale non so quanto sia stata consapevole l’amministrazione, vista la miriade di errori e di disguidi in cui sono incorsi. Accogliere un animale come l’orso nei territori che si amministra è un po’ come per il singolo prendere un animale nella propria casa, o meglio nella propria vita. Se lo si fa, è per sempre, anche quando sorgono dei problemi e bisogna tenersi pronti ad affrontarli. Per questo si chiede maggior serietà e impegno alla provincia di Trento e al Ministero dell’Ambiente in termini di attenzione nell’applicazione del PACOBACE (Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali) e al contempo di produzione di atti come i protocolli tanto attesi dagli amministratori locali per poter intervenire in maniera scientifica e con strumenti concreti, utili a far capire a coloro che ancora ignorano cos’è la convivenza con l’orso bruno.
Un po’ diversa è la questione del lupo e della lince, noi non abbiamo scelto di reintrodurli. I lupi soprattutto sono ritornati per proprio conto non appena si rifatto un po’ di spazio in natura. In questi casi si tratta di concordare il tipo di accoglienza da riservare loro, è pur sempre una scelta politica (della polis ovvero della comunità). Ribadisco la valenza politica della scelta, poiché basata su una scala di valori da condividere. In molti paesi del Nord Europa e del Nord America la presenza di fauna selvatica sul territorio è considerata un valore talmente elevato tanto che eventuali danni o incidenti vengono considerati un prezzo accettabile da pagare in confronto al beneficio ottenuto. In Italia la scelta è avvenuta per lo più a livello istituzionale, non va dimenticato che questi animali sono protetti dell’Unione Europea. Relativamente alla condivisione di valori per quel che concerne il senso comune c’è ancora un pezzo di strada da fare. Infatti in parte rimane irrisolto il conflitto sul territorio, soprattutto nella convivenza dei pastori con greggi e i grandi carnivori. Credo sia giunto il tempo per affrontarlo con la schiettezza e l’onestà di chi vuole sgombrare il campo dai fondamentalismi di segno opposto. E’ una questione che richiede coraggio, sapendo di dover sperimentare soluzioni nuove, nella consapevolezza che il mondo sta cambiando e che per sopravvivere dignitosamente nessuno (in montagna o in città) può chiamarsi fuori dai grandi cambiamenti, anche di pensiero.
Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente