Mauro Varotto (a cura di), La montagna che torna a vivere. Testimonianze e progetti per la rinascita delle Terre Alte, Nuova Dimensione, maggio 2013. 141 pp., € 14,00

E’ uscito il libro curato da Mauro VarottoLa montagna che torna a vivere”, che prosegue nel solco tracciato da altre pubblicazioni, come  “La nuova vita delle Alpi” di Camanni e “Montanari per scelta” di Dematteis sull’analisi dei fenomeni che favoriscono il ripopolamento delle terre alte negli anni recenti. Secondo l’autore i nuovi montanari sono un fenomeno epocale, perché portano competenze professionali e favoriscono l’incontro tra il mondo rurale e quello urbano. Le esperienze illustrate «innovano la montagna proprio mentre ne riscoprono le risorse più tradizionali». L’altro aspetto che accomuna i protagonisti è «l’estrema libertà che anima la scelta di appartenere alla montagna, capace di sopportare ristrettezze economiche e uno stile di vita più sobrio, pur di ottenere una ricchezza diversa, che dia qualità e senso alla vita» (Varotto). Questa lettura aiuta a comprendere che nel XXI secolo si sta affermando un movimento nuovo, alimentato da chi si insedia in montagna o resta in città, ma contribuisce al suo rilancio partecipando ad azioni collettive, che favoriscano  un nuovo modello di sviluppo.  Si concretizza quindi il percorso  che Camanni chiama la “terza via per lo sviluppo sostenibile delle Alpi”, indicata dalla Convenzione delle Alpi e che assume ormai un valore universale che travalica i territori montani e contagia il mondo urbano, più colpito di quello rurale dalla crisi economica mondiale. Chi sono i nuovi abitanti delle Alpi? Solo l’analisi qualitativa, le testimonianze e le storie individuali aiutano a leggere il fenomeno, mentre i dati statistici presentano una situazione a macchia di leopardo, con aree dinamiche, favorite dalle nuove tendenze migratorie e altre in continuo declino, come risulta anche dalla ricerca Novalp sulle Alpi occidentali, finalizzata a «indagare se e in quali casi la scelta consapevole di vivere dentro la montagna rappresenti un’opportunità di vita diversa» (Dematteis, Corrado). Gli autori dei capitoli sono interpreti di microcosmi diversi tra di loro. Si indaga sulla crescita del numero dei giovani pastori, essenziali per la difesa della montagna, con l’illustrazione dei risultati della ricerca Proplast, da cui emergono le difficoltà in cui versa la pastorizia: dal divieto di pascolo ai canoni troppo alti degli alpeggi, dalla mancanza di ricoveri idonei alla scarsità di manodopera idonea, alla minaccia dei predatori carnivori. Ne scaturisce l’identikit del giovane pastore: istruito, abile nelle nuove tecnologie informatiche, imprenditore capace di agire a tutto campo (Battaglini, Porcellana, Verona). Si illustra l’esperienza  del maestro Delpero che salva la scuola elementare di Peio, chiusa dalla Provincia di Trento, con la sostituzione degli insegnanti statali con genitori e volontari (Mirandola, Trentini).
Si racconta l’esperienza della valorizzazione delle tecniche costruttive dei muri a secco per salvare i paesaggi terrazzati (Murtas, Lodatti, Varotto). Si narra di un ritorno a Castel del Monte, dove si produce il formaggio Marcetto con un particolare tipo di caglio vegetale e speciali tecniche di affinatura e si racconta del brillante allievo di Federico Caffè che lancia la campagna per adottare una pecora (Micati). Infine si illustra il rilancio della via Micaelica, initerario di pellegrinaggio al Santuario di S. Michele a Monte S. Angelo sul Gargano, proveniente da Mont Saint Michel in Normandia (Di Gironimo, Tarantino).
L’epilogo di Annibale Salsa riflette in questo contesto sul ruolo che può essere svolto dal Club Alpino Italiano, che dovrebbe non solo dedicarsi alla difesa della montagna in funzione di una pratica alpinistica etica, ma anche svolgere un ruolo di mediatore culturale tra  gli ambientalisti troppo radicali e gli interventisti tecnocrati e sfruttatori delle risorse naturali.
Maria Cavallo Perin