Il Rifugio, realizzato in un edificio del 1714 ristrutturato negli anni ’90, si trova nella borgata di Thures (1684 m), un villaggio di grande interesse per la particolare tipologia costruttiva (riscontrabile nelle valli Troncea ed Argentera e nel confinante Queyras) caratterizzata da costruzioni in pietra sovrastate da imponenti strutture in legno e da coperture realizzate con scandole di larice. Proprio di fronte si trova la bella fontana ottagonale datata 1623, che porta scolpiti nella pietra i simboli del Delfinato, antica provincia francese che un tempo si spingeva fino all’Alta Valle di Susa. Tra i primi Luoghi a entrare a far parte della rete Sweet Mountains, la Fontana del Thures ha una storia molto particolare, come ci racconta il suo simpatico fondatore Mattia Colavita: «All’inizio degli anni ’90 l’esperienza di fabbrica volgeva al termine – spiega –. All’epoca ero metalmeccanico presso l’Itt di Beinasco, a Torino. E dopo essere stato espulso dalla fabbrica abbiamo deciso di acquistare una struttura da ristrutturare nella borgata Thures, per farne un rifugio». Prima una ditta di Bardonecchia ha consolidato la struttura, poi Mattia assieme a un professionista di Pragelato ha attuato un attento lavoro di recupero dell’edificio con materiali e tecniche tipiche del luogo. «Abbiamo aperto nel 1994 come posto tappa Gta. E nel giro di pochi anni siamo diventati un punto di riferimento per scialpinisti ed escursionisti».

Obiettivo dichiarato del Rifugio, fin dall’inizio, era di diventare una struttura ricettiva conosciuta per poi potersi collegare in rete con altre realtà vicine, sia in Francia che in Italia. Di modo da poter offrire agli ospiti uno sguardo a 360 gradi sul territorio circostante. «Pur non essendo inseriti in grossi anelli escursionistici – spiega Mattia – nel ‘96 siamo entrati a far parte di Catapulta, un’associazione di Gîte d’étape francesi. E poi siamo tra i soci fondatori della sezione locale dell’Agrap, associazione di rifugisti della Valle di Susa, con la quale stiamo cercando tra le altre cose di creare un gruppo di acquisto solidale».
L’importanza delle reti, su cui Mattia e la sua famiglia hanno puntato fin dall’inizio della loro avventura in alta Valle di Susa, non è solo finalizzata all’offerta escursionistica per i propri clienti, ma anche alla costruzione di ponti con le realtà locali a livello culturale, paesaggistico, economico e sociale. «Una cosa importantissima è riuscire a far conoscere il territorio ai nostri ospiti» spiega Mattia. «Perché la Valle di Susa ha delle ricchezze uniche ed è un territorio da valorizzare, anche oltre lo sci da discesa. E se ad esempio a un cliente piace particolarmente la toma d’alpeggio che gli servo, lo invito ad andare direttamente dal malgaro a comprarne un altro pezzo».
Secondo Mattia chi gestisce delle strutture di ricezione in montagna deve avere un’etica che gli permetta di portare avanti la sua attività commerciale in modo sostenibile, senza arrecare danni all’ambiente. «E purtroppo non tutti i nostri colleghi ce l’hanno. Noi su questo forse siamo un po’ integralisti. Ma tu gestore sei tenuto a scegliere cosa puoi e non puoi fare. E a un certo punto, se pensi non sia giusto, ti devi opporre. Noi ad esempio ci siamo opposti all’eliski. Mentre alcuni colleghi addirittura usano la motoslitta per portare la gente a mangiare. Altri l’elicottero. Noi addirittura non ospitiamo per principio trialisti, fuoristradisti, crossisti e tutti quelli che vanno a scorrazzare con mezzi a motore sui prati. Sono scorciatoie che a lungo andare danneggiano tutti. Gli animali scappano, l’inquinamento e il rumore aumentano. E i clienti che ci interessano veramente non tornano più».
Mattia ha due figli che hanno completato i loro studi a Torino. E al più giovane, Ferruccio, laureato in agraria, e alla sua compagna Natalie, ha da poco lasciato la gestione del rifugio. Un figlio d’arte che saprà valorizzare la struttura nel solco della “tradizione” paterna.
Maurizio Dematteis

Info: www.rifugiothures.it
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