Gli specialisti del settore lo chiamano “il principe dei Gruyères”. È un formaggio a pasta dura, ottenuto dalla lavorazione di latte vaccino crudo, dal gusto dolce e delicato. L’aroma e il profumo sono caratteristici e derivano dalla stagionatura, effettuata nelle grotte e nelle cantine umide della Valle di Beaufort. Ma il Beaufort non è solo un formaggio. È la storia di una comunità, della sua ricostruzione e del suo sviluppo.

Il Comprensorio di Beaufort si estende tra gli 800 e i 1660 metri delle Alpi Graie e raggruppa quattro comuni: Hauteluce, Villard-sur-Doron, Queige e Beaufort. La valle si apre a 18 chilometri di tornanti dalla grande stazione sciistica di Albertville in una posizione che ha poco o niente di strategico. Gli anni Cinquanta con l’arrivo in valle delle compagnie elettriche francesi vedono l’abbandono di campi e pascoli da parte della popolazione, impiegata nei cantieri per la costruzione delle dighe. Conclusa la breve esperienza nel mondo dell’idroelettrico, l’economia del Beaufortain deve essere ricostruita. All’inizio degli anni Sessanta, in un clima generale di abbandono dell’arco alpino, amministratori e popolazione collaborano alla definizione di un piano di sviluppo condiviso, incentrato sul recupero della tradizione agricola, innovata e incrociata con il turismo. Al centro del progetto il formaggio Beaufort, un prodotto da sempre vicino all’identità della valle e della sua gente. Negli anni successivi tecnici, produttori e governatori lavorano fianco a fianco per migliorare l’economia del territorio. Una serie di interventi, controlli tecnico-scientifici e la modernizzazione del sistema di collegamento agli alpeggi consentono alla produzione del Beaufort di raddoppiare: il formaggio, inizialmente confezionato solo nella stagione estiva, ottiene il marchio AOC (Appellation d’Origine Controllée) ed entra nei mercati nazionali e internazionali. In quegli stessi anni il paesaggio, valorizzato dall’agricoltura e dall’identità locale, diventa il secondo polo attrattivo del Beaufortain. I quattro comuni, diversi per storia, caratteristiche e guidati da amministrazioni diverse, sviluppano un unico piano turistico e vengono lanciati insieme, offrendo al pubblico un’immagine integrata della valle. Gli stessi principi guidano anche la scelta di non ospitare gli impianti per la realizzazione delle Olimpiadi Invernali di Albertville 1992. La manifestazione promuove il comprensorio come area sciistica senza però deturpare, sfruttandolo, il suo territorio. «È il loro motto quello che ho rilanciato in Valle qualche anno fa – spiega il professor Marco Vitale, riportando l’esempio del Beaufort al Seminario per la “Tutela e valorizzazione del paesaggio alpino” (Bormio 5-6-7 giugno 2008) –. Ogni monocultura è lontana dal concetto di sviluppo. Il caso dello sci è esemplare perché testimonia una situazione in cui alcuni si sono arricchiti, e anche molto, ma la popolazione si è impoverita. Sono la molteplicità delle culture e dei turismi a fare la ricchezza di un territorio». Il Beaufort, in controtendenza con il clima dominante, fa una proposta turistica a più dimensioni: l’“agri-turismo” del formaggio, gli appuntamenti e le rassegne culturali delle novanta e più associazioni che animano il territorio, l’escursionismo e lo sci. Una strategia vincente, che intanto consente di realizzare “stagioni allungate” senza snaturare il paesaggio, l’identità e la cultura locali. E che, in secondo luogo, stimola la valle a proposte e servizi sempre diversi.

Oggi nel Beaufortain risiedono circa quattro migliaia di persone. Ogni comune, pur rientrando in un piano di promozione integrato, ha una propria offerta. Se Beaufort e Hauteluce incuriosiscono gli ospiti con la loro storia e cultura, Queige è la località preferita da escursionisti estivi e invernali e Villard-sur-Doron, con i suoi impianti, offre a sciatori e non un panorama unico sulle Alpi del versante francese.
Che il modello Beaufort sia la strada giusta?
Daria Rabbia

Info: Hugues de Varine, “La Dynamique du Development Local. Le choix du Beaufortain” (Asdic, 2006)