Non sono certo la soluzione. Hanno forte impatto ambientale, occupano grandi spazi, sono brutte, inquinano, puzzano. Eppure anche le discariche possono fare la loro parte per la conservazione dell’ambiente. A seconda di come sono gestite. Ne è un esempio la piccola discarica di Mattie, in Valle di Susa (381 mila metri cubi più due lotti esauriti), la prima in Italia a raggiungere gli obiettivi di Kyoto e superarli, arrivando al traguardo di emissioni zero. Situata in una conca circondata da una spettacolare corona di montagne innevate, è curata nei minimi particolari, dagli uffici di gestione costruiti in case di pietra, alla cooperativa sociale che nei giorni ventosi – molti in valle – va a raccogliere a mano le carte e i sacchetti di plastica che il vento ha portato sugli alberi.
«Tutte le discariche emettono notevoli quantità di biogas prodotto dalla decomposizione dei rifiuti», spiega Piero Arianos, responsabile dell’ufficio tecnico della discarica di Mattie. E la società Arforma, responsabile della discarica e della raccolta rifiuti in valle, ha costruito una rete interrata di drenaggio per aspirarlo direttamente dal corpo della discarica e lo convoglia alle torce di combustione. Tuttavia «l’efficienza non è mai totale – precisa Daniela Cerutti, direttore dei lavori della discarica –, resta un 15% di biogas non captabile». Così Arforma ha deciso di spingerlo oltre: ha commissionato uno studio alla società AzzeroCo2, composta da Legambiente, Kyoto Club e Ambiente Italia, per arrivare a calcolare le emissioni totali e le vie per annullarle. Risultato: sui circa 40 anni di vita media della discarica (prima e dopo la chiusura) è necessario compensare 13 mila tonnellate di gas serra emesso in atmosfera. Le strade scelte sono state tre: primo, la realizzazione di un impianto per la trasformazione del biogas in energia elettrica per una potenza di 2.500 Mw/h. Secondo, l’installazione di 175 pannelli solari sul terreno dei lotti di discarica già esauriti. Terzo, un bando riservato ai comuni della valle per progetti che riducano il consumo energetico o producano energia rinnovabile.
E ancora nuovi progetti si affacciano all’orizzonte: in collaborazione con l’Unione europea è stata avviata su una sezione pilota della discarica una “biocopertura”, dove batteri, funghi e piante erbacee specifiche degradano in modo naturale il metano che l’impianto di drenaggio non riesce a captare. Intanto, un anemometro posizionato a 37 metri misura da mesi la velocità del vento, per valutare la possibilità di realizzare un impianto eolico. Insomma, un buon mix di capacità imprenditoriali e attenzione ambientale può cambiare le sorti persino di una realtà scomoda come una discarica. Anche se, ammettono gli operatori, l’esperienza di Mattie è più facilmente realizzabile perché è una realtà piccola in un contesto particolare. Tanto particolare che proprio qui, sul suolo imbottito di rifiuti, è in costruzione l’osservatorio astronomico della valle, dove verranno portate le scolaresche in gita.
Maurizio Dematteis