Durante il mio primo sopralluogo a Presegno e Bisenzio, antichi borghi abbarbicati sulle pendici delle Piccole Dolomiti bresciane, per intervistare il nuovo abitante e capraio Massimo Braghini (vedi Dislivelli di aprile), avevo conosciuto una bella persona, Claudia Zorzi, che delle due piccole frazioni gestisce l’unico bar, il Circolo Arci “Aquaciàra” dove ero andata per ristorarmi prima del ritorno a casa a piedi. Di Claudia mi aveva colpito innanzitutto l’autentico amore per questi posti, unito alla consapevolezza della loro unicità e al gusto semplice e a un tempo raffinato con cui se ne prende personalmente cura.
Decido quindi di tornarci per poterla intervistare e, nonostante un po’ di riluttanza iniziale unita al mio ritardo, Claudia si lascia piacevolmente raccontare. Anche lei è una “nuova montanara” perché, pur essendo nata quassù e avendo sempre intessuto rapporti con i luoghi di origine durante il weekend, è tornata stabilmente a viverci e a lavorare, rilevando l’unico bar rimasto a Presegno che aveva recentemente chiuso i battenti.

Nata nel 1956, emigra con la famiglia alla sola età di sette anni verso il centro industriale di Odolo, situato nella bassa valle, dove il papà da tempo prestava manodopera in uno dei locali laminatoi.
Quello dell’emigrazione verso i centri industrializzati è stato un destino comune a tanti figli del cosiddetto “boom economico”, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, in cui intere famiglie hanno dato avvio allo spopolamento dei borghi rurali per potersi avvicinare alle fabbriche e ai luoghi dotati di comodi servizi, dove condurre una vita più agiata, con uno stipendio sicuro, il fine settimana libero, la possibilità di far studiare i figli o di trovare loro un impiego.
«I miei nonni erano stati contadini. Erano facoltosi, erano proprietari di terreni, avevano tante mucche. La mia mamma mi diceva che qui in montagna loro non hanno mai sofferto la fame. C’era stata la guerra, sì: la nonna mi diceva che quando arrivavano i tedeschi doveva lasciare loro il letto e dormire per terra; al mattino trovavano sempre i letti pieni di pidocchi». E aggiunge: «Lasciai a malincuore il mio paese, dove avevo trascorso un’infanzia gioiosa, e in particolare la mia nonna, che era stata per me una figura molto importante. Era già anziana, ma era una persona molto saggia. Faceva il pane per tutto il paese – nella mia casa di Bisenzio c’è ancora il forno a legna -, faceva la sarta, faceva nascere i bambini. Quando ce ne siamo andati era triste, ed io ero preoccupata per lei. Volevo che ogni mattina gli abitanti del paese si assicurassero che lei fosse sveglia».
A Odolo gli Zorzi rimangono per una decina d’anni, fino al trasferimento a Villanuova sul Clisi, altro paese della bassa valle, dove trovano una trattoria nella quale la mamma avrebbe potuto continuare, con l’aiuto delle figlie, il lavoro che già aveva praticato in montagna, a Bisenzio. «Così abbiamo acquistato questa osteria», aggiunge. «Era bello: c’era un campo di bocce, delle piante di glicine che adornavano la casa; io ero contenta di andar via da Odolo. Ma il grosso dispiacere per me era stato andar via da Presegno, poi il resto era uguale: potevo essere a Villanuova come a Milano. Non aveva importanza: nel mio cuore c’erano sempre Presegno e Bisenzio. Ho lavorato in trattoria con la mamma fino alla fine agli anni ’80, poi ho lavorato nello studio pubblicitario di cui sono socia con il mio compagno. Ma a me non piace stare in ufficio e ho sempre avuto in testa le mie montagne».

Ad un certo punto, come accade spesso, è un evento tragico a cambiare il corso degli eventi: la scomparsa del marito della sorella Liliana induce Claudia ad aiutarla nella cucina dell’Agriturismo “Piccole Dolomiti” che conduceva, e tuttora conduce, in località Vaiale, a due passi proprio da Presegno. Nel frattempo, il bar del paese aveva chiuso, contribuendo a spegnere la vita sociale del piccolo borgo, già messa a dura prova dall’inesorabile spopolamento, dalla chiusura della scuola, della bottega di alimentari.
«Era come se il paese non avesse più un’anima. Anche se ora conta solo una decina di persone, la gente, tra cui i villeggianti che tornavano al proprio paese per l’estate, era dispiaciuta che non ci fosse più niente. Così ho deciso di rilevarlo e di tornare a vivere continuativamente nella mia casa a Bisenzio», racconta Claudia col sorriso sulle labbra. E aggiunge: «Poi ho acquistato una casa affacciata sulla piazzetta, perché mi spiaceva vederla andare in malora. Tutti mi dicevano che ero matta, che avrei dovuto investire in una casa sul lago (di Garda, n.d.r.). Ma a me il lago non mi prende, non mi piace stare al lago a prendere il sole. Non mi piace il consumismo sfrenato che in quei posti turistici è così evidente. A me piace stare qui: qui sono tranquilla, immersa nel silenzio e nella dolcezza di queste montagne, e la sera dopo il lavoro vado a casa felice dai miei cani. Ora col bar aperto le persone vengono volentieri, si fermano, chiacchierano, bevono qualcosa. Io non ho uno spazio enorme, ma è abbastanza per trovarsi e stare insieme. A volte stai qua tutto il giorno e vedi tre persone, a volte, invece, specialmente nel fine settimana e in estate, c’è tanta gente».
Claudia nel frattempo diventa una delle fondatrici e animatrici dell’Associazione Amici di Presegno e Bisenzio, impegnata a valorizzare queste due frazioni e ad organizzare manifestazioni in cui far sentire bene le persone in questi luoghi. Tra le varie iniziative spicca l’animazione della festa di San Lorenzo, ogni 10 agosto, in cui i giovani della valle salgono per mangiare insieme la polenta tiragna, ascoltare musica, stare insieme. «Per me è il posto che li attira tutti qua: non ci sono strade, non c’è traffico, qua si sentono come protetti», dice. L’Associazione ha inoltre rilevato le ex Scuole elementari, chiuse dagli anni Settanta, per adibirle a ostello per chi vuole fermarsi a dormire: offre una ventina di posti letto e una cucina in comune.
Claudia ha una sensibilità e un gusto rari che profonde nelle sue abitazioni, recuperate con restauri conservativi mantenendo i materiali e i particolari originari, come le travi in legno e le pareti in graös, i graticci formati da rami di nocciolo intrecciati rivestiti di calce, recentemente reintrodotti in bio-archiettura. «Qui la gente ha voluto dimenticare le enormi fatiche di una volta. Aveva voglia di cambiamento. E così ha tolto i mattoni del pavimento e messo le ceramiche. Io, invece, ho sempre avuto la sensibilità di lasciare i materiali originari, anche per rispetto e devozione verso chi ha faticato per vivere dignitosamente e non senza sofferenze in queste terre impervie e isolate. Ricordo che, prima che fosse costruita la strada, la mia mamma andava a piedi nel fondovalle per portare a spalle quello che le serviva per la trattoria. La gente aveva mucche, orti di patate, fagioli e ortaggi, ma la terra era troppo in pendenza per coltivare cereali. E, così, portavano 50 chili di farina a spalle dal mulino di Forno d’Ono fin quassù». A Bisenzio, Claudia ha realizzato un grande pannello che corre accanto alla chiesa che riproduce gigantografie di vecchie foto in bianco e nero degli anni ’50-’60: «In quelle foto ci siamo tutti. Vedo le persone che ho conosciuto quando ero bambina e quando passo mi viene l’istinto di salutarli. Li saluto sempre». Sorride. «I morti continuano a vivere nel ricordo. E per me le persone che vedo lì in fotografia sono vive».
Appese alle porte delle case dei villeggianti, Claudia ha fatto trovare delle splendide ghirlande da lei realizzate con materiali naturali. «Quando sono tornati hanno detto: “Qui è stata la Claudia!”».
Si è portata dentro tutta la vita l’anima di questi luoghi con cui è entrata in contatto nell’infanzia e, ora che ci è finalmente tornata, vuole dare il suo contributo a preservarla il più possibile. Ora, anche grazie a lei, Presegno e Bisenzio sono borghi più vivi.
«Mi ritengo molto fortunata a poter stare qui, in questa pace, in mezzo a tanta bellezza», mi confida. E aggiunge: «Ho provato simili sensazioni durante le mie vacanze nel Sahara, un luogo che mi ha sempre affascinato. Credo di aver bisogno del contatto con la solitudine, col silenzio, con l’elemento selvatico che abita in ognuno di noi. La gente è paurosa, pensa sempre al domani. Io, invece, sono una che vuole fare un sacco di cose ma voglio farle adesso. Ecco perché sono qui». Come sarebbe bello – penso tra me, al ritorno – se ogni borgo montano avesse la fortuna di essere abitato e curato da una persona come Claudia: si sentirebbe meno solo e abbandonato, con una finestra aperta su un futuro sostenibile, fondato sulla bellezza e il rispetto per ciò che è passato.
Michela Capra

Info: www.presegno-bisenzio.it