La parola “crisi” dovrebbe insegnare che il vecchio mondo è finito e se ne annuncia uno nuovo, e non – come viene comunemente interpretata – che bisogna tener duro, sforzarsi di spendere un po’ di più e poi tutto ripartirà come prima. Come se niente fosse successo. Il ragionamento vale a maggior ragione per il turismo alpino, che mostra aneliti di cambiamento da molti anni, anche da prima della cosiddetta crisi. I gusti delle persone erano già in trasformazione quando ancora potevano permettersi di spendere a piacimento per le vacanze. Come sempre non è solo un problema di soldi, anche se le analisi economiche tendono a ricondurre alla capacità di spesa ogni ragionamento e ogni soluzione, perché è molto più facile affidarsi alla matematica (o fanta-matematica, che poi non l’azzeccano mai) che interpretare i gusti e le speranze della gente.
Invece tutto sta cambiando, anzi è già cambiato. Perfino un giornale come La Stampa, notoriamente legato all’industria dello sci, scrive che «dare la colpa solo alla congiuntura economica sarebbe miope e sbagliato. Quest’estate ci si è messo pure il meteo a tenere i turisti lontani dalle Alpi (dal Piemonte alle Dolomiti si registrano cali di presenze tra il 20 e il 30%), e ciò non ha certo aiutato. Ma le ragioni della sofferenza cronica del “sistema montagna” – salvo alcune illuminate eccezioni – vanno ricercate altrove» (Max Cassani, 6 settembre 2014). Un esempio? «Puntare tutto sull’estero (per la prima volta l’inverno scorso i turisti stranieri hanno superato gli italiani sulle nostre vette) potrà rivelarsi vincente nell’immediato ma potrebbe ritorcersi come un boomerang qualora i nuovi turisti che oggi vengono in vacanza sulle Alpi domani dovessero lasciarsi lusingare da qualche altra destinazione. Oppure rinunciassero in toto alle vacanze, come accaduto quest’estate a molti russi spaventati dai venti di guerra con l’Ucraina».

Sono parole oneste, che sfatano il primo comandamento degli operatori dallo sguardo breve: se gli italiani e gli europei non vengono più, allora dobbiamo catturare un pubblico diverso, più ricco, più spendaccione, più trendy. La parola “russi” è oggi la più in voga nella stazioni alla moda, finché la moda gira e le stazioni si svuotano e piangono miseria. L’esterofilia è il primo errore del turismo alpino, perché se l’offerta non regge almeno in parte alle domande, alle esigenze e soprattutto alla salvaguardia del territorio vicino, è quasi sempre un’offerta suicida. «Non è un caso – continua Cassani – che ad andare controcorrente, nelle ultime stagioni, siano state le realtà che hanno adottato una politica fatta di promozioni e iniziative concrete per i turisti e le famiglie. E poi quelle che sono state capaci di caratterizzare il proprio territorio con un’offerta evocativa fatta di sport, certo, ma anche di cultura, servizi, gastronomia, divertimenti. Di emozioni, insomma».

E siamo al secondo punto: che cosa cerca il turista alpino? Riposo, sballo, consumo, emozione? Dalla visione prettamente consumistica del Novecento avanzato si è passati al “consumo di emozioni”, sommariamente accorpate sotto stereotipate voci (sport, cultura, gastronomia, divertimento), ma la domanda sta di nuovo cambiando. Anzi è già cambiata. Una buona metà dei turisti della montagna non si accontenta più di vivere un’emozione, ma vuole tornare a casa con un’esperienza. Da consumatore passivo, prodotto egli stesso del mercato turistico, il viaggiatore del XXI secolo vuole diventare protagonista attivo, consapevole e competente. Non gli interessa la proposta di un luogo intesa come oggetto di consumo, cerca una narrazione che contenga anima e senso, e non si esaurisca nel corso della vacanza.
L’esperienza è la base dell’emozione, e per fare esperienza è necessario l’incontro con l’altro da noi: l’abitante della montagna, il suo paesaggio, il suo mondo. In un libro recente sulla filosofia del viaggio (Castelvecchi, 2013), Franco Riva scrive che «una comunità mostra di avere tanta più identità quanto più riesce ad aprirsi e ad offrire ad altri questa identità». E ancora: «Il bisogno di uscire da sé, di orientarsi verso altro e di tornare quindi presso di sé, di compiere appunto un giro appare però a ben vedere come la superficie di un altro e più profondo movimento, dove niente torna mai allo stesso punto. Qui il viaggio non è più un tour, un giro perfetto che si ripiega su se stesso, bensì un avanzamento costante». Come dire che l’incontro non si esaurisce con la vacanza (città e montagna, andata e ritorno) ma continua nel tempo, in uno scambio costruttivo tra cittadini e valligiani, tutti figli delle stesse contraddizioni ma abitanti e interpreti di territori diversi. Paesaggi fisici e paesaggi culturali.
Il terzo punto riguarda appunto il paesaggio. Il turismo del terzo millennio funziona là dove è stato preservato il territorio e se ne sono favorite la cura, la salvaguardia, la bellezza. Agricoltura e turismo vanno a braccetto non solo perché i turisti comprano e consumano volentieri i prodotti locali, ma anche perché una buona agricoltura vuol dire paesaggio di qualità. Soprattutto nei mesi estivi, quando il pietoso velo del manto nevoso non copre più gli scempi e le reliquie delle infrastrutture invernali.
Un recente studio dell’Eurac di Bolzano (quarta relazione sullo Stato delle Alpi, primavera 2013) calcola 100 milioni di visitatori ogni anno sull’arco alpino, con 50 miliardi di euro di fatturato. Dunque «le Alpi sono tra le regioni turistiche europee più forti, ma ora si trovano a un bivio: l’impatto del turismo di massa sull’ambiente (l’84% dei visitatori si sposta in automobile), la “piaga” delle seconde case, la crisi congiunturale, l’innalzamento delle temperature che minaccia di stroncare lo sci a media quota, l’abbandono dei giovani nelle professioni alberghiere e la forte concorrenza interna mettono a rischio il futuro economico dell’area».
Come ben sintetizza Paolo Cagnan sul quotidiano Alto Adige, «la montagna luna-park non è modello vincente, il surplus è dato dalla natura e dalla sua conservazione. Dunque, la chiave del futuro è il “turismo sostenibile”… Il turista ideale, così come disegnato dallo studio della Convenzione delle Alpi, potrà anche arrivare in macchina, ma poi userà shuttle e altri mezzi pubblici. Inizierà a frequentare la montagna non solo d’inverno o d’estate, ma anche nelle mezze stagioni, scoprendone la bellezza. Saprà apprezzare attività sportive che non siano legate allo sci (i costi di acqua ed energia legati ai cannoni potrebbero esplodere, in futuro) e si sentirà come a casa sua: non tanto perché avrà comperato un appartamento (non è più tempo), ma perché attorno a lui ci sarà un contesto di “coccole” vere, più che sorrisi affettati da corso in “customer satisfaction”». Citando il progetto Luoghi di Dislivelli, «bisogna individuare nel territorio alpino i punti di accoglienza turistica capaci di offrire ai visitatori non solo un servizio alberghiero o para-alberghiero di qualità, ma anche la possibilità di condividere le identità locali, i loro valori e i loro problemi attraverso strumenti che siano “chiave di accesso” al territorio e alla sua tutela».
È questo l’impianto teorico che supporta la rete Sweet Mountains, che non intende affrontare la crisi con gli stessi virus che l’hanno generata, ma ha scelto di guardare oltre con idee nuove e una proposta ambiziosa. Siamo al dunque: il 24 ottobre presenteremo ufficialmente la rete Sweet al Salone internazionale del Gusto e Terra Madre, in occasione del convegno “Dagli Appennini alle Alpi: la montagna racconta e tesse il futuro” (ore 12, sala Blu del Lingotto). Un incontro tra montagne molto meno immobili di quanto comunemente si creda. Modererà Sonia Chellini, vicepresidente Slow Food Italia.
Tutti gli amanti della montagna che guarda a un futuro sostenibile e responsabile sono caldamente invitati a partecipare, e poi a venirci a trovare, brindare e scambiare idee allo spazio di Sweet Mountains, in galleria del Lingotto di Torino, stand GV 067. Li aspettiamo numerosi.
Enrico Camanni

I luoghi aderenti a Sweet Mountains

Provincia di Cuneo
Rifugio Mongioie, Val Tanaro, www.rifugio-mongioie.com
L’Arberg, Valle Vermenagna, www.palanfre.it
Locanda Lou Pitavin, Val Maira, www.loupitavin.it
Rifugio Campo Base, Val Maira, www.campobaseacceglio.it
Il Bosco delle Terrecotte, Valle Po, www.ilboscodelleterrecotte.it
Rifugio La Galaberna, Valle Po, www.rifugiogalaberna.com
Rifugio Don Barbera, Valle Tanaro, www.rifugiodonbarbera.eu

Provincia di Torino
Rifugio Jervis, Val Pellice, www.rifugiojervis.it
Ostello La Longia, Val Germanasca
Hotel delle Alpi, Val Germanasca, www.hoteldellealpi.it
Residence I Rododendri, Val Germanasca, www.residenceirododendri.it
Azienda agrituristica Edelweiss, Val Germanasca
Foresteria di Massello, Val Germanasca, www.foresteriamassello.it
Rifugio Fontana del Thures, Val Thuras, www.rifugiothures.it
Rifugio Selleries, Val Chisone, www.rifugioselleries.it
Rifugio La Chardouse, Val di Susa, www.rifugiolachardouse.it
Rifugio Melano Casa Canada, Val Noce, www.casacanada.eu
Locanda il Mondo in Valle, Valle di Lanzo, www.ilmondoinvalle.it
Rifugio Massimo Mila, Valle Orco, www.rifugiomila.it

Regione Autonoma Valle d’Aosta
Paese Albergo Saint Marcel, Vallone Saint Marcel, www.paesealbergosaintmarcel.it
Hostellerie Le Lièvre Amoreux, Valpelline, www.lievre.it
Rifugio Prarayer, Valpelline, www.rifugio-prarayer.it
Camping Lac Lexert, Valpelline, www.campinglaclexert.it
Centro ecosostenibile Lavesé, Valle d’Aosta, www.ostellolavese.com
Agriturismo Boule de Neige, Torgnon, www.agriturismitorgnon.it
B&B Pankeo, Valtournenche, www.pankeo.com
Agriturismo Le Soleil, Valle del Lys, www.agriturismolesoleil.it