S. Morosini, Il meraviglioso patrimonio. I rifugi alpini in Alto Adige/Südtirol come questione nazionale (1914-1972), Fondazione Museo Storico del Trentino, Trento 2017, pp. 302, 20 euro.

Lo storico Stefano Morosini affronta una delle questioni più spinose della recente storia alpina, la questione altoatesina-sudtirolese, attraverso uno dei termometri più sensibili: i rifugi d’alta quota. In nessun’altra regione dell’arco alpino “italiano” (le virgolette sono d’obbligo per non banalizzare la complessità e la prepotenza del divenire storico) le associazioni alpinistiche e i loro presidi, cioè i rifugi dei differenti club, hanno condensato significati di così densa portata politica, ideologica e nazionalistica, a cominciare dalla spinosa definizione della toponomastica. Gli italiani non capiscono i nomi tedeschi dei rifugi e viceversa, come se in quella fetta di Dolomiti ci si muovesse sempre in terra straniera.
Ci sono un prima e un dopo lo spartiacque della Grande Guerra, dagli elitari rifugi asburgici della Belle Epoque al dopoguerra liberale al “fascismo di confine”, come lo definisce l’autore, quando «un’operazione pilotata portò alla costituzione delle tre nuove sezioni del CAI di Bressanone, Brunico e Merano… e per favorire la frequentazione italiana dei rifugi altoatesini si procedette a un’intensa opera di pubblicazione di guide escursionistiche ed alpinistiche». La fase impositiva del regime si concluse dopo la liberazione, il 7 luglio del 1945, quando il CAI dell’Alto Adige fu affiancato dall’Alpenverein Südtirol. Come scrive Morosini «a partire dal 1950 la Provincia di Bolzano iniziò ad erogare contributi e finanziamenti alle associazioni alpinistiche di lingua italiana e tedesca presenti sul territorio», ma questo non placò le tensioni tra il CAI e l’Alpenverein, fino agli attentati terroristici del 1967.
Fortunatamente oggi le montagne della provincia più settentrionale d’Italia, «sulle quali il CAI è stato a lungo impegnato ad affermare l’identità nazionale », sono parte dell’area di libero scambio europea, anche se periodicamente riemergono i vecchi rancori. Anche oggi si cammina in equilibrio tra due lingue e due culture, sul più contemporaneo confine alpino e transalpino, il che è una ricchezza per chi sa coglierla e un limite per chi non sa.
Enrico Camanni