«I primi lavoratori albanesi arrivarono da noi una quindicina di anni fa – spiega Luca Paparozzi, vice sindaco del comune di Sestriere con delega alle politiche sociali –. Erano per lo più lavoratori stagionali, impiegati nel campo dell’edilizia». Correva l’anno 1991 quando, per risolvere l’emergenza delle migliaia di albanesi sbarcati sulle coste pugliesi, le autorità italiane organizzarono in fretta e furia decine di centri di prima accoglienza in tutte le regioni. Uno di questi venne realizzato a Susa, a pochi chilometri dal piccolo comune montano. Ed è proprio da quell’esperienza che è nata l’attuale comunità albanese di Sestriere, che ormai conta 47 residenti regolarmente registrati. «C’è voluta una decina di anni prima che i lavoratori albanesi diventassero stanziali – continua Paparozzi – ma oggi vivono a Sestriere con le famiglie e sono sicuramente la comunità straniera più numerosa in paese. Oltre il 50% di tutti gli stranieri residenti». Una comunità coesa, che si ritrova spesso presso il bar Le Cafè Crème, in via Pinerolo 23/b, gestito dal connazionale Vebi Zeneli. Locale presso il quale ogni settimana arrivano una ventina di copie di Bota Shiptare, il giornale degli albanesi in Italia. «Il Caffè del signor Zeneli in realtà è molto apprezzato in paese da tutti i residenti, stranieri e non, perché è tra i pochi locali a non fare solo la stagione invernale, ma tiene aperto tutto l’anno». Un buon segnale di integrazione, che spiega come poco alla volta la comunità locale abbia ormai metabolizzato i nuovi concittadini. «L’arrivo di queste famiglie, in numero non eccessivo, è stato da noi accettato e percepito come una risorsa positiva  – spiega il Sindaco di Sestriere Colarelli – perché, anche se la nostra comunità vista da fuori può sembrare chiusa, in realtà è in contatto perenne con il resto del mondo attraverso i turisti che ogni anno affollano le nostre montagne». Tutto sommato un buon esempio di convivenza tra culture, anche se, conclude Paparozzi, «non si può dire che la nostra cultura abbia avuto particolari influenze dalla loro. La comunità albanese, salvo casi particolari, è rimasta abbastanza chiusa in se stessa. Si frequentano principalmente tra loro, e non esistono, ad esempio, ristoranti tipici albanesi o altri segni della loro cultura in paese. Diciamo che, per ora, loro si sono adeguati ai nostri usi e costumi».
Maurizio Dematteis