La storia del CoroMoro è una storia particolare. Per noi stranieri, per voi italiani, per tutti. La sua nascita è stata assolutamente casuale, non era programmata. D’altra parte noi, né io né i miei compagni di sventura con cui vivo a Pessinetto, in Val di Lanzo, avevamo mai cantato prima. A me piace la musica raggae, l’r&b e mai mi sarei sognato di cantare canzoni della tradizione, a cappella, su un palco, e in dialetto piemontese! Eppure è successo, e ne sono felice, davvero. Perché da quando ho cominciato a cantare nel CoroMoro la mia vita è cambiata, in meglio: il Coro mi ha permesso di uscire dall’albergo in cui sono ospitato, mi dà sicurezza, e grazie a lui ho scoperto tante realtà, ho visitato molti posti diversi, quest’estate abbiamo un calendario di 60 date in giro per l’Italia. Per me è un modo di imparare la cultura del paese in cui sono. Ad un certo punto poi quest’avventura è diventata importante, io lo so, lo percepisco, lo vedo, dal palco: il tipo di messaggio che mandiamo è importante. Per noi stranieri e per voi italiani. Grazie al CoroMoro ho scoperto che ci sono tante storie differenti di gente arrivata da paesi lontani e tante altre cose che tutti noi dovremmo sapere. Perché un ragazzo come me che lascia tutto e si mette in viaggio verso l’ignoto non sa mica cosa succede nel mondo. Non capisce ad esempio perché alcune persone lo odiano e altre lo amano. Lui non sa, arriva in un paese sconosciuto. Grazie al CoroMoro invece ho imparato tante cose. All’inizio quando salivo sul palco mi emozionavo moltissimo, perché non l’avevo mai fatto, e vedi tanta gente sotto che ti acclama. Non avevo mai cantato prima, nemmeno al karaoke. Poi col tempo la paura mi è passata, rimane l’emozione ma a volte mi dimentico di essere sul palco e faccio addirittura battute in piemontese.
Chi sono
Ma andiamo per gradi, mi presento e spiego perché ad un certo punto della mia vita, a 21 anni, mi sono trovato in Italia, in Val di Lanzo, a cantare su un palco, e per di più in piemontese, insieme a ragazzi provenienti da altri paesi lontani.
Mi chiamo Aliou e sono nato in una famiglia tutto sommato benestante in Senegal, a Dakar. Finiti gli studi superiori, era il 2011, mi sono diplomato in lingue, e conosco l’inglese il francese e il portoghese, mio papà voleva iscrivermi a tutti i costi in una scuola coranica. Sono scappato in Mali, a Meneka. Poi ho proseguito per il Burkina Faso, Ougadougou. Sono scappato ancora, ho attraversato il deserto e sono arrivato in Libia, dove ho lavorato 2 anni con l’idea di guadagnare i soldi per attraversare il Mar Mediterraneo.
Sono sbarcato una sera di inizio ottobre, era il 7 ottobre del 2014 per l’esattezza, in Sicilia, su una spiaggia vicino a Catania, non mi chiedete dove esattamente, non saprei dirvelo. Ricordo solo che quando siamo sbarcati c’erano tanti giornalisti, poliziotti e medici. Ci hanno visitato, radunato in fila per due e portato in un centro di accoglienza dove sono stato per una settimana, a Catania. E’ li che mi hanno detto che potevo chiedere il permesso di soggiorno per asilo politico. L’ho chiesto. Successivamente mi hanno caricato su un aereo insieme a una trentina di altri richiedenti asilo e siamo sbarcato a Milano. Da Milano ci hanno trasferito in pullman verso Torino, al centro di accoglienza di Settimo Torinese. Sono stato a Settimo per soli due giorni, poi insieme ad altre 41 persone ci hanno portato a Pessinetto, in Val di Lanzo. Nel giro di una settimana in Italia ho visto di tutto, dal mare alla montagna. Quando ci hanno lasciato davanti alla porta dell’albergo Ca’ di Spagna di Pessinetto, me lo ricordo bene, era il 15 ottobre 2014.
Il CoroMoro
E’ successo che dopo alcuni giorni che stavamo a Ca’ di Spagna si sono presentati Luca e Laura, una coppia che vive poco distante da noi, a Ceres, accompagnati da due ragazzi richiedenti asilo come noi. Noi non sapevamo la lingua, ma con l’aiuto dell’operatore della cooperativa Liberi Tutti che ci accoglie, e che faceva da traduttore, abbiamo cominciato a chiacchierare. E così ci hanno proposto di andarli a trovare nel loro magazzino nella borgata di fianco, a Pessinetto Fuori, sulla piazza. Lì Luca e Laura hanno un magazzino di scambi e baratti dove è possibile prendere delle cose: vestiti, oggetti. Abbiamo cominciato ad andarci tutti i sabati, alle 10, quando apre. Luca e Laura nel magazzino hanno una tastiera, e spesso si mettevano a suonare e cantare nel bar di fronte con gli anziani del paese, le canzoni loro, tradizionali. Noi tutti i sabati lì ad ascoltare. Ci piacevano le canzoni, era bello vederli cantare in una lingua sconosciuta, anzi due: l’italiano e il piemontese. Un giorno ho preso coraggio e ho detto a Luca che quelle canzoni ci piacevano e che ci sarebbe piaciuto impararle. Lui ci ha risposto che volentieri poteva aiutarci, e ci ha fatto tradurre i testi in inglese, francese e italiano. E ci ha spiegato cosa volevano dire. E così poco alla volta le abbiamo imparate, e poi abbiamo cominciato a cantarle insieme, a cappella. Ed è nato il CoroMoro.
Alla fine tutto è cominciato semplicemente perché volevamo imparare l’italiano, perché non puoi vivere in un paese senza sapere la lingua. Infatti oggi, che sono qui da meno di due anni, la lingua la so bene. E quest’estate ho anche passato l’esame di terza media. In futuro se l’avventura del CoroMoro continuerà io sarò sempre con loro, perché il lavoro che stiamo facendo è importante, stiamo vivendo delle storie molto difficili noi migranti, e in futuro magari mio nipote spero non le vivrà più queste cose, e allora il nostro messaggio è importante. Adesso siamo riusciti anche a realizzare il cd, grazie al crowdfunding lanciato in rete siamo riusciti a comprarci l’attrezzatura, l’abbiamo registrato a casa di Luca e Laura a Ceres, e la Scuola Karibu di musica e canto di Ala di Stura ha realizzato il mastering. Tra un mese sarà in uscita.
L’accoglienza in Val di Lanzo
Secondo me l’accoglienza qui in Italia non funziona tanto bene. Lo dico perché ricordo com’ero appena arrivato. Poi io sono stato fortunato dopo un mese a trovare una realtà come il CoroMoro, non ho sofferto tanto. Ma vivo accanto a persone che soffrono e continuano a lamentarsi tutti i giorni. Perché non hanno nulla da fare: ti dicono vieni, ti portano lì e poi non puoi andare da nessuna altra parte, stai lì buttato tutto il giorno. Questo è il problema. Studi italiano, è vero, ma praticamente c’è solo quello da fare. Per il resto rimani lì, nel centro. I comuni non ti danno possibilità di provare a fare delle cose in paese. So che sono cose difficili, però stare lì a fare niente è terribile. Non ti lasciano fare niente. Io ad esempio, che ho la testa dura, ricordo che quando siamo arrivati dopo una settimana ho conosciuto il vicino, una persona splendida. Ebbene, lui è da solo e io mi sono avvicinato per aiutarlo, ho cominciato a tagliargli la legna. Ma la cooperativa non voleva, l’operatore mi diceva che non ero in regola e che se voleva che lo aiutassi il vicino doveva venire a chiedere a loro. Io gli dicevo che no, che non era questione di essere in regola o meno, mica era un lavoro, io volevo aiutarlo, ci tengo a questa persona. E poi almeno facevo qualcosa, perché ero molto più “fuori regola” stare tutto il giorno a fare niente. Io ho la testa dura, e ho continuato. Adesso quest’uomo è un mio amico, mi ha persino portato un weekend in vacanza con lui nella sua casa di Diano Marina, in Liguria.
Per quello dico che secondo me l’accoglienza in Italia ha dei problemi, perché non tutti sono come Aliou che ha la testa dura. Bisogna prima capire la persona per aiutarla. Perché uno che è venuto qui senza mestiere e senza nulla, e magari non è mai andato a scuola in vita sua, non ne conosce l’importanza, sopratutto qui in Europa. Per lui è difficile. Sì, magari a scuola ci va perché è obbligato, ma non capisce, non sa cosa sta facendo. Bisognerebbe prima di tutto conoscere le persone, e questo non avviene come dovrebbe. Non puoi prendere uno che ha fatto le scuole nel suo paese e metterlo nella stessa classe con l’analfabeta. Oggi succede così. Quando arrivi alcune domande te le fanno, ma secondo me non basta.
Dopodiché c’è da dire che il programma di protezione si prende cura di noi, e questa è una cosa molto importante, perché quando sbarchi non conosci nessuno, e loro ci sono. Poi però dipende molto da dove capiti. Perché a volte ci sono ragazzi con cui sono rimasto in contatto per telefono che mi raccontano che la loro cooperativa gli fa questo e quello, e altri che dicono che la loro li ha abbandonati in un luogo dove non c’è niente e nessuno. E va a finire che a volte qualcuno si arrabbia, perché pensa che tutto questo non sia giusto, e scoppiano i casini con la realtà locale.
Il futuro
Il CoroMoro è servito anche per farci conoscere in valle. Rimangono certo persone che non ci vedono di buon occhio, anche nel nostro paesino di Pessinetto, ma tutto sommato oggi siamo più tollerati. L’estate scorsa ad esempio la chiesa di Pessinetto ha invitato il Coro Moro, dopo due anni che suoniamo in giro per l’Italia, a esibirsi in paese. Noi ovviamente ci siamo andati, eravamo contenti. Ma qualche giorno prima Luca aveva appeso una locandina del concerto nella sede delle Proloco, e il presidente aveva preso le distanze dall’iniziativa. Il parroco per paura di scontentare qualche suo parrocchiano ha sospeso la promozione dell’evento: il paese era diviso tra sostenitori e oppositori del Coro Moro. Ebbene quella sera, nonostante ci fosse in contemporanea la partita dell’Italia agli Europei di calcio, al concerto c’erano 40 persone, anche più di quelle che solitamente vanno a messa.
L’altro giorno poi ho incontrato la moglie di un signore di Pessinetto che proprio non ci sopporta a noi rifugiti. Ebbene, stavo aiutando il mio amico, il vicino con cui ho fatto amicizia e che mi ha invitato al mare, a finire gli ultimi lavori del suo alloggio dove andrò ad abitare quando esco da Cà di Spagna, ad agosto. Lei, la moglie, mi ha salutato con un sorriso. Ha detto “ma che bel ragazzo” e mi ha riferito che sono tutti contenti che io vada ad abitare lì. Pian piano la diffidenza si vince. Ci vuole tempo. Io in questo caso nei momenti più difficili penso sempre che loro non mi conoscono, e quindi non mi arrabbio e non ho nemmeno paura. Penso anche che non sono un delinquente, sono una persona normale, e cerco di attaccarmi alle cose positive. E cerco di dirlo anche agli altri ragazzi che abitano con me, bravissimi, tutti, tutti. Siamo sette nazionalità diverse, e non è facile vivere tutti nello stesso posto, in una realtà che nessuno aveva mai nemmeno pensato di poter conoscere nella sua vita. Qui dobbiamo avere rapporti con compagni di tutte le nazionalità: Gana, Senegal, Costa d’Avorio, Mali, Burkina Faso, Bangladesh. Persone che non conosci, non conosci la loro la storia, i loro paesi, non sai cosa vogliono. E’ tutto nuovo. E intanto fai delle cose insieme a loro.
Insomma non è una situazione facile: viviamo in un paese dove già non ci vogliono, e magari hanno anche le loro ragioni, e dobbiamo stare in 42 con una sola lavatrice, a volte rimaniamo senza cibo, senza corrente. I responsabili ci dicono che non hanno soldi, e nessuno può fare niente. E’ difficile gestire la situazione così. Ognuno sa perché ha lasciato il proprio paese, ma non tutti raccontano le loro storie volentieri. Difficile sapere se rimarranno o meno. È una decisione personale. Qualcuno rimarrà in Italia, sicuramente quelli che hanno preso la terza media.
Per quanto riguarda me, in dicembre faccio 22 anni, al mio paese avevo fatto il liceo linguistico, qui ho la terza media. A fine agosto esco dal centro di Cà di Spagna e fortunatamente vado a stare nell’alloggio del mio amico di Pessinetto. La cooperativa di Luca mi ha assunto in tirocinio, e a settembre andrò a fare un corso di formazione da elettricista. Non so dirti se rimarrò in Italia per tutta la vita, ma ora investo qui. Oggi ho un buon rapporto con il paese, tanti mi conoscono, altri mi ignorano. Ma fino a che rimango per me Italia vuol dire Pessinetto, in Val di Lanzo.
Aliou Sabaly
Info: http://goo.gl/3wf9oy
Che bella storia, grazie
Ciao, ci siamo conosciuti in uno scambio culturale tra cori, voi bravissimi noi mediocri. Ho avuto il piacere di cooscerti e ora siamo amici. Ti stimo moltissimo Aliou, un abbraccio grande !
Ciao Aliou devi continuare a scrivere per far conoscere agli italiani che hanno paura le vostre storie, le vostre vite, la vostra bellezza!! Sei un ragazzo testardo e intelligente. Ti auguro successo in tutto quello che farai in Italia o dove la vita ti porterà. Un abbraccio da Torino
CoroMoro ole’!!!
Ciao Aliou, faccio parte del coro Voix qui dansent di Ivrea, abbiamo cantato insieme a Lanzo qualche mese fa. E’ stata una serata molto bella e spero che prima o poi riusciremo a incontrarci di nuovo! Buona fortuna per la tua nuova casa!
Storia bellissima, non una favola però, le favole sono di fantasia, per fortuna questa è realtà.
Questa storia mi ha commosso e mi ha aperto il cuore perchè è palese che chi arriva da noi ha il desiderio di integrarsi e di non danneggiare i residenti.
Con questa storia auguro a tutti di acquisire la capacità di accogliere chi è costretto dalle cattive ed impossibili condizioni di vita ad abbandonare il luogo di origine ,insicuro ,per raggiungere un luogo di pace : il nostro.
Noi ,al loro posto faremmo la stessa cosa e sarebbe davvero triste essere ostacolati da persone malpensanti.
grazie mille a tutti voi.
Noi pensiamo che nel mondo esistano solo uomini grandi e uomini piccoli e non ci riferiamo alla statura.
Tu sei un Grande!
Grazie per questa bella realtà!
Cercheremo di fare qualcosa per voi.
Ciao a tutti voi
Spero che più persone possibili leggano le tue parole…
Vi auguro ogni bene.
Grazie…
llissimo, grandioso, simpatico e chi più ne ha più ne metta!
Ho scoperto il Coro Moro casualmente su You Tube : canto anch’io in un coro ed anche in piemontese!
Soprattutto continuate, siete un esempio luminoso .
Non lasciatevi intimidire.
Vi auguro una montagna di successo.
Siete fantastici. Auguro tanta fortuna a tutti voi, continuate sempre così