E’ un documentario realizzato da Tiziano Gaia e Fabio Mancari e distribuito dalla casa di produzione fondata da quest’ultimo, la Stuffilm. Un’opera che prova a seguire la vita di Gian Piero Motti, personaggio emblematico della scena alpinistica piemontese, e non solo, negli anni settanta del Novecento. Nato a Torino nel 1946 in una famiglia della media borghesia, Motti muove i suoi passi sulle Alpi piemontesi tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta, cercando non solo di aprire nuove vie di arrampicata su roccia, ma elaborando un articolato pensiero sul significato dell’andare in montagna.
Il video parte dai racconti dei suoi amici, tutti noti alpinisti e profondi conoscitori dell’ambiente alpino, come Andrea Gobetti, Alessandro Gogna, Ugo Manera, Guido Morello, Alberto Re, Piero Pessa ed Enrico Camanni. Tutte figure che con Motti hanno scalato e condiviso un forte scambio umano e intellettuale. I racconti percorrono le tappe fondamentali della vita dell’alpinista, dagli anni fertili tra il 1968 e il 1975, in cui si concentra sulle scalate nelle Valli di Lanzo e in Valle dell’Orco (dove aprirà la mitica via dei Tempi Moderni sulla parete del Caporal) agli scritti tra il 1972 e il 1974, quando sulla Rivista mensile del Cai uscì l’articolo intitolato “I Falliti”, che ebbe la forza di un terremoto nell’ambiente italiano degli appassionati di montagna: nello scritto Motti rivela un malessere interiore legato ad un modo di fare montagna in cui non si riconosce più, che sente stretto e limitante, non solo per lui, ma per un’intera generazione di ragazzi che si stanno affacciando al mondo dell’alpinismo; Motti disconosce il mito della conquista della Vetta, del superamento continuo dei propri limiti psico-fisici, per dare spazio alla libertà di andare in montagna quando e come si vuole, con un senso di leggerezza e divertimento. Insomma, una vera a propria rivoluzione rispetto alla scuola del Cai di Torino, in cui la tradizione imponeva le “vecchie” regole. Rivoluzione che giunge alla maturazione con l’uscita nel 1974, sulla Rivista della Montagna, dell’articolo “Il Nuovo Mattino”, una vera e propria “carta fondativa” di un movimento portatore di nuove energie e idee per la montagna, di cui Motti diventa il portavoce indiscusso. Ma nei successivi scritti si scorge anche una crisi profonda dell’autore, un senso di insoddisfazione e smarrimento, di irrequietezza, su una strada ricca di potenzialità e al tempo stesso priva di mete precise.
A partire dal 1975 Motti si allontanerà progressivamente dall’arrampicata, dopo l’ultima via aperta con Guido Morello sul Caporal: Itaca nel Sole. Seguirà un’inarrestabile isolamento intellettuale che lo porterà, nel 1983, a scrivere il suo ultimo grande articolo: “Alla ricerca delle Antiche Sere”. Nello stesso anno si leverà la vita a soli trentasei anni.
Ornella Lo Surdo
Info: https://itacanelsole.it/