Richiesto a dir la sua sui rifugi, il canuto scrittore cercò quel nome nel suo mappamondo dove sono verbi, nomi, parole che formano oceani e continenti a lui stesso misteriosi.
S’addormentò più volte, ma alla fine vide nella parola rifugio gli indizi d’una storia d’amore tra un sostantivo di genere femminile, la fuga, che s’era rifugiata nel cuore d’un sostantivo di genere maschile, il rifugio, e ci viveva bene da secoli.
Sia la fuga che il rifugio sono parenti marginali di verbi d’alto rango quali andare per l’una e abitare per l’altro, ma della fuga si parla male nella buona società e i rifugi son chiamati catapecchie da chi abita i grattacieli.
E’ raro poi che i verbi andare ed abitare vadano d’accordo, hanno un punto di vista sul tempo quasi antitetico: abitare il tempo lo aspetta a piè fermo, proteggendosi, invece andare lo accompagna nella buona e nella cattiva sorte.
La fuga, nipote scapestrata e audace del normale andare del tempo si esalta proprio quando la frontiera tra il “me la scampo” e il “mamma li turchi! Sono spacciato” si fa sottile, come certe esili creste che piacciono tanto agli alpinisti.
La fuga ama le montagne tanto quanto il pianoforte, e una volta, quest’agilissimo sostantivo di genere femminile scappando dal freddo in cerca d’una tana, s’è imbattuta in un capanno muschioso che sembrava un orco, guercio da una finestra, cervocornuto sulla porta, ma che accoglieva i fuggiaschi anziché respingerli a bastonate come fanno le case per bene. Tal tugurio manco sapeva il suo nome, “rio rio” continuava a ripetere e c’era da credere che si reputasse molto cattivo.
Lei non ci volle credere, “tu sei l’ultima spiaggia sul mar delle stelle” disse rapita.
“Mi piace spennar gabbiani” grugnì lui.
La fuga cercava un sostantivo maschile pratico e spietato, così insieme diventarono rifugio. Sedentario lui, irrequieta lei, misero al mondo una moltitudine di paradossi.

Usciti dal mondo dei verbi, per tornare a quello reale, troviamo Cinzia e Bertu nel loro rifugio alle prese con paradossali clienti e ancor più paradossali leggi ed ingiunzioni che lì non c’entrano niente.
“Fugge il cliente dalle città – medita Bertu, mumble mumble – ma mi porta più leggi che soldi”.
E’ scontroso dal primo mattino, Bertu, oggi ce l’ha con internet, specialmente al capitolo meteorologia, a cui addebita la perdita di quelli che stanno a casa perché vedono la nuvola nera anzichè star dentro al suo rifugio consolandosi a vino rosso. Cinzia sa che quand’è così è meglio stargli lontano e invece chi si avvicina è il giovane escursionista Tobia che sa tutto da internet, ma non sa a che spina di corrente votarsi.
“Mi si è scaricato l’iPhone – sorride – puoi caricarmelo?”.
“Certo mio caro – dice Bertu -, e mentre lui si carica, tu carichi alla teleferica quattro casse d’acqua minerale, che la mia religione m’impedisce di trasportare, e me le porti qui”.
Mezz’ora dopo mentre guardava avvicinarsi su spalle altrui la prima delle odiose casse d’acqua che era lo Stato a imporgli di dover dare agli assetati, sentì un gran sollievo al collo e la schiena, di conseguenza alzò la testa, vide Cinzia sorridergli e sulla fronte gli sbatté un’idea birichina.
A un altro paio di personaggi multitasking in cerca di carica toccò la legna, poi si mossero altrettanto ben cammellati un bel set di pentoloni, qualche tegola del tetto, farina e vino; il timore cominciò a serpeggiare tra i telefonisti in carenza quando sollevarono la mazza e il palanchino, e sfociò nel panico quando scoprirono che al prossimo meschino cui gli si scaricava l’iPhone toccava il sacco del cemento, a quello dopo la bombola del gas e come premio speciale per l’ultimo a cedere c’era un rotolo di cinquanta metri di tubo nero per captare la sorgente.
Quella sera nessuno aggiornò il suo profilo digitale, mamme e amici furono stoppati al primo squillo, nessun ritornello si ripeté dai microfoni. L’indomani, quando all’escursionista Evaristo fu il cemento ad asciugare il sudore sul collo, ogni comunicazione fu definitivamente interrotta.
Il panico del silenzio si contagiò alle famiglie e agli amici privati di notizie e di mi piace.
Due giorni dopo un corteo affannato di parenti affranti, di bloggers e di blageurs risaliva in cerca di sinistri eventi la ripida mulattiera che porta al rifugio.
“Clienti – si strofina le mani il rifugista strizzando l’occhio alla compagna –. Guarda quanti ce ne porta internet!”.
Andrea Gobetti

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