Non è stato facile condensare in una decina di sale il complesso rapporto tra le Alpi e la storia d’Italia, dai legami affettivi e patriottici di Quintino Sella, fondatore del Club Alpino Italiano, agli spaventosi scontri dolomitici della Grande Guerra, quando la nefasta sovrapposizione tra spartiacque alpino e confine nazionale assunse i toni più esasperati e tragici.
La mostra “Le Alpi e l’Unità nazionale. Trasformazioni e mutamenti”, da me curata con l’antropologo Annibale Salsa e il coordinamento di Aldo Audisio e Marco Ribetti, è stata completamente realizzata con collezioni appartenenti al Museo della Montagna e alla Biblioteca Nazionale CAI. L’esposizione del Monte dei Cappuccini ruota intorno alla nascita del Regno d’Italia nel 1861, momento esemplare di allineamento tra politica italiana e montagna, ma anche consacrazione della visione della cresta alpina come frontiera di patria, che crescerà fino alla Grande Guerra e si prolungherà oltre la Seconda guerra mondiale.
Il percorso presenta, in apertura e nella prima grande sala caratterizzata da un imponente panorama della catena alpina, un focus sulla figura di Quintino Sella e dei suoi affiancatori, con i necessari riferimenti alla nascita del Club Alpino Italiano. Dopo il 1861 scalare le cime delle Alpi sottraendole alla supremazia britannica equivaleva a “rifare” pacificamente l’Italia e gli italiani.
Il Club Alpino Italiano venne fondato a Torino nel 1863, due mesi dopo la terza ascensione del Monviso, quando Sella e una quarantina di colleghi approvarono lo statuto del CAI e votarono il primo consiglio di direzione. Tra loro c’erano anche alcuni deputati del Regno, segno dell’evidente continuità tra alpinismo e politica.
Per accedere alle sale successive si attraversa la ricostruzione di un posto di confine sulle Alpi, come dovettero fare i montanari per tornare a casa nel marzo del 1860, quando la Savoia, fino ad allora parte del Regno di Sardegna, venne annessa alla Francia. Si passa così al Monte Bianco, il tetto d’Europa, che da quel momento si trovò improvvisamente sulla linea di frontiera. La ricca iconografia, i volumi preziosi, le foto e gli oggetti lo descrivono prima e dopo questo cambiamento. Così è anche per il Cervino, vetta simbolo dell’affermazione dell’identità nazionale, dove si svolse una vera e propria gara per la prima ascensione, infine riuscita nel luglio 1865 all’inglese Whymper tre giorni prima che all’italiano Carrel.
Ma le montagne dovevano soprattutto essere attraversate da strade e ferrovie. Ecco il tema delle vie di comunicazione, altro elemento cruciale per capire i cambiamenti sopravvenuti sull’arco alpino dopo l’Unità nazionale. Altrettanto rilevante è stato il fenomeno turistico. Lo descrivono soprattutto i manifesti con cui si pubblicizzavano le diverse possibilità di viaggio e di villeggiatura. Il tragitto nel tempo e nei luoghi si interrompe con la Grande Guerra sulle Dolomiti, nel momento in cui le Alpi divennero il luogo del martirio per migliaia di uomini chiamati a difendere i confini del Paese. E molti caddero vittime della pazzia.
L’esposizione si chiude con un’installazione multimediale dedicata ai mutamenti delle frontiere alpine, fino alla configurazione attuale. Su tutto il percorso sono presenti sequenze di film e commenti sonori che aiutano a inquadrare e approfondire i temi.
L’esposizione inaugurata il 19 aprile resterà aperta al pubblico fino al 20 novembre 2011.
Enrico Camanni