Hermann Scheer, Imperativo energetico, Edizioni Ambiente (coll. Kyoto Books), Milano, 2011. 269 pagine, 25 euro.
L’autore del libro, Hermann Scheer, è uno che diceva cose apparentemente utopistiche come quella del sottotitolo: Come realizzare la completa riconversione del nostro sistema energetico. 100% rinnovabile subito! Ma intanto operava incessantemente nella sfera intellettuale, associativa e politica, negli organismi internazionali e nelle amministrazioni locali per realizzare passo passo questa riconversione. E nel suo paese, la Germania, dei bei risultati li ha ottenuti, specie se facciamo il paragone con l’Italia. Qui c’è uno spread forse più vero e allarmante di quell’altro di cui tanto si parla.
Quello che distingue il libro dai tanti che trattano lo stesso tema non è soltanto la forte coscienza ambientale che lo sostiene, ma una frase dell’autore, che Gianni Silvestrini cita nella presentazione: «Il mio punto di partenza non sono le fonti rinnovabili, ma la società». L’idea attorno a cui si sviluppa il libro è che cambiare il paradigma energetico non serve solo a risolvere i grossi problemi ambientali che tutti sappiamo, ma può anche cambiare (in meglio) la vita di tutti i giorni, specie – aggiungo io – di chi abita in montagna.
Il motivo è semplice: la vera alternativa non è tra fonti rinnovabili e non, ma tra grandi reti controllate e gestite dai giganti energetici in combutta con quelli finanziari (quelli che in questi mesi ci stanno strangolando) e reti corte locali, intelligenti, distribuite, che facciamo e controlliamo noi. Per usare la terminologia di Scheer: Smartgrid contro Supergrid, cioè Davide e Golia. Questa differenza sostanziale viene illustrata bene nel cap. 3 con il caso Desertec, in cui il grande capitale finanziario si fa adoratore di Gea (tra il plauso di alcuni ambientalisti dalla vista corta) e guarda al Sahara, quel grande “spazio vuoto” che le trivellazioni petrolifere hanno già reso produttivo, ma non abbastanza. Qui l’idea è più grandiosa, perché tra l’eolico della costa atlantica e il solare dell’interno si possono produrre migliaia di MW da spedire in Europa. Non preoccupatevi dei costi (gli elettrodotti, la perdita di potenza dovuta alla distanza, ecc.) e soprattutto non perdete tempo a confrontarli con quelli del solare delle reti corte, perché il gigantismo provvede. Non a causa delle vecchie economie di scala, ma più semplicemente perché gigante vuol dire monopolio e monopolio vuol dire che alla fine i costi li paga il consumatore. Dunque si può fare.
Ora a me pare che le possibilità e i vantaggi offerti dalle reti corte, dall’energia che si può fare in casa, siano i vantaggi che il vivere in montagna può vantare nei confronti di altri territori e ho anche il fondato sospetto che potrebbero costare di meno ed essere più affidabili dell’energia prodotta nel Sahara o chissà dove, che, in alternativa, occorre comprare dai gestori delle supergrid. Soprattutto l’auto-produzione e l’auto-consumo energetico rafforzerebbero le autonomie locali più di tante leggi rimaste finora sulla carta (un tema questo già trattato da Scheer nel suo libro Autonomia energetica, Edizioni Ambiente, 2006).
Il libro offre una panoramica dettagliata della situazione attuale e discute con ricchezza di dati e informazioni le soluzioni proposte. Il metodo è quello che l’autore chiama “realismo pragmatico”, libero dai preconcetti ideologici che sovente viziano le buone intenzioni degli ambientalisti, forte delle sue numerose esperienze locali, nazionali e internazionali e della sua capacità di combinare conoscenza tecnologica, sociale, economica, giuridica e politica.
Beppe Dematteis