Una premessa importante da fare è la mancanza di alternativa all’accoglienza e all’integrazione. Purtroppo infatti la continuazione dei conflitti in Medio Oriente e in Nordafrica non può che produrre il proseguimento dell’esodo da quei paesi verso l’Europa e pensare di fermare questo fenomeno è semplicemente un’utopia. Costruire muri o alzare barriere di filo spinato, come abbiamo visto, non risolve il problema ma al massimo sposta i flussi migratori di qualche chilometro più a nord o più a sud. Il fenomeno migratorio si può solo gestire ed è auspicabile provare a gestirlo al meglio. Dunque l’unica strada percorribile è l’integrazione e proprio in quest’ottica gli addetti ai lavori e gli osservatori onesti intellettualmente non possono non rilevare come l’integrazione spesso sia più facile nei piccoli comuni di montagna. Qui infatti è più facile il contatto umano che è il miglior antidoto contro i pregiudizi, inoltre questi comuni in molti casi hanno subito negli ultimi decenni i fenomeni dello spopolamento e dell’invecchiamento della popolazione, questo crea maggiori opportunità per i rifugiati inizialmente di rendersi utili con attività di volontariato e successivamente di inserimento lavorativo. Si tratta per esempio di attività legate alla campagna, alla manutenzione del verde, alla manutenzione delle rive e alla pulitura dei torrenti.
Cosa possono fare le Regioni?


La Regione ha innanzitutto un ruolo di coordinamento importante tra tutti gli attori coinvolti, prefetture, comuni, cooperative, associazioni di volontariato, ecc. Uno dei punti di forza di quello che è stato chiamato positivamente Sistema Piemonte riferito all’accoglienza è proprio l’alleanza e la comunione di intenti che si è creata tra la Regione, le prefetture, il Comune di Torino ma anche molti altri amministratori locali, la Croce Rossa, l’Ufficio Pastorale Migranti, la Diaconia valdese, le associazioni di volontariato, l’Anci e l’Uncem. Nel 2015 prima della pausa estiva la Regione Piemonte ha approvato un piano regionale per l’accoglienza dei flussi migratori non programmati. Si tratta di un testo nato in seguito all’approvazione del “piano operativo nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari” (10 luglio 2014) con il quale Governo, Regioni ed Enti Locali ribadivano l’urgenza di «mettere in campo interventi di tipo strutturale in un contesto di leale collaborazione fra i livelli istituzionali» individuando una governance multilivello, nazionale e regionale, che organizzasse il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo su tre livelli: soccorso e prima assistenza nei territori di sbarco; prima e seconda accoglienza sui territori regionali.
L’approvazione del piano regionale è stato il primo passo che auspichiamo porti a trasformare l’accoglienza in Piemonte da fenomeno emergenziale in strutturale e per farlo abbiamo, di concerto con gli altri soggetti chiamati in causa, individuato una serie di azioni che devono diventare la normalità. Tra i punti principali del piano c’è proprio il ripopolamento dei comuni montani: è obiettivo della Regione promuovere in collaborazione con l’Uncem, la Coldiretti, le cooperative e le associazioni di volontariato azioni mirate a favorire quel processo, che favorisce l’integrazione dei rifugiati nei piccoli paesi di montagna. Altra azione importante prevista nel piano regionale: la Regione si era impegnata nella realizzazione di un Vademecum, che è stato poi pubblicato e distribuito a partire dal dicembre scorso, a uso degli amministratori e dei gestori delle strutture, nel quale sono state raccolte tutte le informazioni utili per la gestione dell’accoglienza: normative nazionali e regionali, soprattutto in relazione alle questioni lavorative, progettazione regionale, circolari della Direzione sanità, modalità operative per l’inserimento dei richiedenti asilo presso famiglie, ecc. Uno strumento importantissimo a disposizione delle regioni è il “Fondo asilo migrazione e integrazione”, Fami. Anche in questo caso è importantissima la rete e la collaborazione tra i diversi enti locali e tutti gli attori coinvolti per presentare e sviluppare progetti mirati all’inserimento lavorativo e all’integrazione. Sempre in questa direzione proprio nelle ultime settimane stiamo scrivendo, insieme alla Coldiretti e ai Gal (Gruppi di azione locale), un progetto sperimentale di agricoltura sociale, partendo dalle zone delle Valli di Lanzo e del Canavese. Un progetto incentrato sull’inserimento lavorativo nell’agricoltura, proprio per cercare di aiutare a rendere strutturale quello che in realtà, come abbiamo visto, è un fenomeno quasi spontaneo.
Monica Cerutti, Assessora all’Immigrazione, Regione Piemonte

Scarica il piano regionale per l’accoglienza dei flussi migratori non programmati della Regione Piemonte
Vademecum L’accoglienza ai Profughi della Regione Piemonte