Le Alpi occidentali serbano gelosamente dei gioielli che, incastonati come pietre preziose, stanno nascendo a nuova vita. Si tratta delle borgate dei nostri comuni montani, esempio di un patrimonio edilizio rurale fino a qualche decennio fa oscurato da una modernità che ha fatto del condominio il proprio ideale architettonico. Ora, mutate le esigenze e nella consapevolezza dello stato di crisi, non solo finanziaria, quel complesso di case, edifici, luoghi abbandonati è rivalutato, in particolare dalla vasta ed eterogenea categoria dei “nuovi abitanti” delle Alpi.

Esperienze se ne contano in tutte le valli piemontesi e non solo, pratiche più o meno istituzionalizzate che vedono molte volte impieghi di capitale personale e di lavoro volontario: «L’abbiamo rimessa a nuovo noi, privati, la chiesa di Chasteiran, grazie a diverse competenze. Io, per esempio, ho fatto un corso di restauro e so dipingere», spiega, a proposito del nucleo di case principale del Bourcet, Daniele Ribetto, imprenditore nel campo dell’automazione industriale, che soffre del mal di montagna sin da quando era bambino.

Il Bourcet, complesso di borgate situate nel comune di Roure in Val Chisone, è uno tra gli esempi di rinascita di un patrimonio composto non solo di edifici ma anche di colture tipiche e di saperi. Qui viene coltivata la patata, di cui ogni anno si producono circa 20 tonnellate, commercializzate in Italia e all’estero, e numerosi sono i progetti in campo agricolo per l’avvenire: Dato il microclima – continua Ribetto – abbiamo intenzione di impiantare la vite, grazie al sostegno dell’Istituto Enologico della Valle d’Aosta, e di recuperare i terrazzamenti, che fanno parte del paesaggio tipico, con la produzione di piccoli frutti».

Un certo fermento si assiste anche sul piano istituzionale. E’ di recente pubblicazione il bando dell’Uncem Piemonte “Recupero e rivalutazione delle case e delle borgate montane del Piemonte”, rivolto a imprese ed enti locali che possono presentare i propri programmi entro il 31 luglio 2012. L’intento è di mettere in collegamento pubbico e privato, stimolando quei professionisti dotati di un saper fare tradizionale relativo all’edilizia rurale, per instaurare processi di rivitalizzazione economico-sociale delle aree montane.

Nel dicembre del 2011 è poi giunta a compimento l’ultima fase della Misura 322, Azione B (realizzazione di organici “programmi integrati di intervento” volti al recupero ed allo sviluppo di un numero limitato di borgate montane) del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Piemonte che ha portato, dopo un iter piuttosto complesso, a finanziare 34 borgate sulla base di progetti presentati dai Comuni in cui esse sono situate. La misura, che prevede uno stanziamento di 40 milioni di euro, va incontro a quelle buone pratiche che mirano al recupero strutturale degli edifici e guardano al campo delle energie rinnovabili con un occhio di riguardo allo sviluppo di nuove attività in loco che sappiano unire saperi tradizionali e innovazione. Tra questi comuni virtuosi c’è Ostana, paese occitano situato in alta Valle Po, il cui sindaco Giacomo Lombardo si è fatto promotore dello sviluppo della borgata Sant’Antonio (Miribrart), giunta seconda al bando con un finanziamento di quasi 1 milione e 400 mila euro. La borgata, che presenta numerosi edifici abbandonati, è la dimostrazione di come si possa invertire la tendenza allo spopolamento investendo sul patrimonio esistente. Una ventina di privati ha già acquistato molti degli immobili dove troveranno spazio nuovi lavori, con la possibilità di sfruttare la banda larga, e innovative forme di ricettività, accanto al recupero di saper fare tradizionali, come la trasformazione officinale delle piante e l’attività casearia. Non mancherà un edificio adibito a centro ricreativo dove svolgere attività didattiche e culturali, spesso collanti sociali delle comunità.

Vecchio e nuovo diventano categorie che si compenetrano anche in molti esempi di recupero che vanno al di là della semplice musealizzazione dei siti: borgate che si fanno laboratori per le nuove generazioni che, anche da molto lontano, giungono nelle Alpi per imparare alcuni saper fare edilizi rileggendoli in maniera dinamica. È il caso del villaggio medievale di Ghesc, nel comune di Montecrestese in Val d’Ossola, dove l’associazione Canova, preposta alla tutela e alla valorizzazione dell’architettura in pietra ossolana, sta conducendo da alcuni anni degli stage con studenti delle università americane e canadesi che toccano anche il recupero ambientale. Mentre con il Politecnico di Milano è stato prodotto un book di progetti di restauro con l’utilizzo di materiali locali – serizzo, beola, marmo e pietra – e avviata l’analisi 3D al laser scanner. Come ogni anno, anche per il 2012 si è svolto l’Incontro Internazionale Architetti Canova (dal 21 al 25 giugno). In questa valle, se alcuni nuclei edilizi sono ancora in stato di rovina, altri sono già stati recuperati e la vicinanza di molte borgate al bacino lavorativo della città di Domodossola fa ben sperare per il futuro di questi abitati.

Tanti altri casi potrebbero essere citati, e tanti ne verranno. Esperienze che dimostrano come il recupero dell’architettura rurale si innesta in un nuovo modo di concepire lo sviluppo dei territori montani, che parte dall’esistente per ripensare nuove pratiche dell’abitare e del lavorare.
Maria Anna Bertolino