La data di inizio del progetto di costruzione di una galleria di sicurezza parallela all’attuale traforo del Fréjus può essere fissata nel 24 marzo 1999, quando il drammatico incidente stradale del Monte Bianco causò 39 vittime. Questo evento, seguito da altri analoghi nel traforo svizzero del San Gottardo (2000, 11 vittime) e in quello austriaco dei Tauri (1999, 12 vittime), fornì l’occasione per approfondite riflessioni relative alla sicurezza nelle gallerie stradali appartenenti alla Rete Tern (Direttiva Europea 2004/54/Ce, Decreto Legislativo 264 2006). La Sitaf, società concessionaria del tunnel del Fréjus, presentò un progetto preliminare di 4,80 metri di diametro al quale venne dato parere favorevole da tutti gli enti, compreso il Comune di Bardonecchia. Dopo l’approvazione del progetto preliminare la società concessionaria in diverse occasioni pubbliche espresse la volontà di trasformare il progetto della galleria di sicurezza in una galleria di esercizio. La volontà di costruire un tunnel di esercizio venne formalmente ritirata, anche a seguito della netta opposizione degli enti locali, ma il progetto definitivo prevedeva una galleria di 8,20 di diametro invece che di 4,80: tale dimensione risultava superiore alla “canna unica” del Monte Bianco. Era lecito il dubbio che l’opera, così come scaturita dall’ultima proposta progettuale, risultasse a tutti gli effetti (per dimensioni – 8,20 metri di diametro interno – e specifiche tecniche richieste) prodromica a un vero e proprio tunnel di scorrimento. Per questo l’amministrazione comunale di Bardonecchia, a suo tempo, espresse parere contrario alla realizzazione della galleria di sicurezza. Nonostante tutte le smentite del concessionario e dei rappresentanti governativi circa il reale utilizzo della galleria, l’attualità dice che le cose stanno andando esattamente come previsto e, con l’avvallo della Regione Piemonte e della nuova amministrazione comunale di Bardonecchia, la galleria di sicurezza del Fréjus sta diventando una galleria di esercizio.
Proviamo a fare qualche considerazione in merito. Appare chiaro come sia doveroso e ineludibile affrontare il tema della sicurezza per coloro che lavorano e transitano nel traforo del Fréjus, così come nei tanti trafori e gallerie presenti sul territorio italiano. Se è fondamentale lavorare per garantire la sicurezza dentro il traforo è altrettanto importante però operare perché lo stesso livello di sicurezza e di qualità sia assicurato sul territorio “fuori dal tunnel”. Insomma la sicurezza non può diventare la leva per aumentare i transiti su gomma sotto le Alpi o per concentrarli solo in alcuni territori. Vale la pena di ricordare che la Convenzione delle Alpi, siglata a Strasburgo il 07/11/1991 dai Rappresentanti dei governi di Austria, Francia, Italia, Germania, Svizzera, Liechtenstein, Slovenia e Unione Europea, affermava che: «Per preservare e migliorare in modo sostenibile la struttura insediativa ed economica, nonché la vocazione ricreativa e turistica del territorio alpino…, le parti si astengono dalla costruzione di nuove strade di grande comunicazione per il trasporto transalpino». (scarica il numero di Dislivelli dedicato all’argomentio)
Rincresce costatare che l’Italia non abbia successivamente mai ratificato il Protocollo Trasporti, così come rincresce costatare la difficoltà a riporre fiducia nella capacità di governare un processo così complesso, non solo per il maggior impatto in fase di realizzazione (l’apertura di una galleria di 8.20 metri di diametro comporterà l’estrazione di circa il doppio di materiale di smarino, rispetto alla galleria originaria di 4.80), ma soprattutto per la modalità di utilizzo dell’infrastruttura. Probabilmente la divisione dei transiti è la soluzione migliore per la sicurezza (anche se le varie ricerche esistenti sulla sicurezza del traffico in galleria non forniscono elementi univoci in rapporto al tema una canna/due canne) e i dati di traffico in costante calo all’interno del Fréjus sembrano scongiurare un antistorico aumento del traffico su gomma. Ma come garantire che ciò non avvenga? Come scacciare il pensiero che, reso sicuro il Fréjus, non si valuti di riservare il tunnel del Bianco al traffico turistico deviando in Valle di Susa tutto il traffico pesante? Parlare di contingentamento dei flussi attraverso un traforo transfrontaliero rischia di essere evanescente. Salvo che l’accordo non sia fatto direttamente dai due governi e che il suo controllo non veda anche il coinvolgimento del territorio attraverso la creazione di uno strumento operativo che consenta un monitoraggio costante e la verifica del raggiungimento degli obiettivi prefissati. E che in caso di mancato raggiungimento degli stessi, abbia potere cogente di intervenire sui flussi di transito. Bisognerebbe anche stabilire che il tetto del contingentamento sia fissato sugli attuali dati di transito, in conseguenza della sostenibilità ambientale, e non della capacità di assorbimento dell’infrastruttura. Insomma una concertazione difficile, con pochi precedenti in Europa. Sempre sperando che le compensazioni economiche non siano l’unico elemento di interesse e di discussione.
Roberto Canu