Il lupo fa “ufficialmente” la ricomparsa nelle Alpi nel 1992, con il suo insediamento al Boreon, nel comune francese di Saint-Martin-Vésubie, dove è presente in gran numero il muflone, importato dalla Corsica a fini venatori prima della creazione del parco nazionale.
Passano alcuni anni prima che un branco si stabilisca sul lato italiano: l’evento si concretizza nell’inverno 1996-97 in Valle Pesio. In questo caso, ad attirare il predatore è una forte di concentrazione di capriolo, oggetto di un’operazione di introduzione voluta dal Parco Alta Valle Pesio e Tanaro.
Fin da subito appare evidente che l’impatto sulla fauna selvatica e su quella domestica sarà molto pesante, e partono le prime iniziative di raccolta dati e informazioni, indispensabili per affrontare concretamente il “problema lupo”. A muoversi è in particolare il Parco dell’Argentera (dal 1995 Parco delle Alpi Marittime), che si mette in contatto con Giorgio Boscagli, grande esperto del predatore in area appenninica, con il quale si programmano alcuni interventi di controllo.
La prima grande emergenza che ci si trova ad affrontare quale conseguenza della presenza del predatore, che dopo la Valle Pesio si è insediato con un secondo branco in Valle Stura dove la pastorizia ha ancora un notevole peso, è quella della difesa delle greggi e del rimborso dei danni. Nel 1997 in Provincia di Cuneo i parchi delle Alpi Marittime e dell’Alta Valle Pesio, insieme al WWF Piemonte, all’Associazione Provinciale Allevatori, alla Coldiretti e ai Comprensori alpini di caccia danno vita a un “Fondo Indennizzi”. Due anni dopo l’esempio sarà seguito dalla Provincia di Torino, che istituisce un fondo analogo.
Il 1999 è un anno cruciale nella gestione del lupo nelle Alpi. La Regione Piemonte, tramite il suo Settore Parchi, ottiene nell’ambito dell’Iniziativa comunitaria Interreg II il finanziamento del progetto “Il lupo in Piemonte: azioni per la conoscenza e la conservazione della specie, per la prevenzione dei danni al bestiame domestico e per l’attuazione di un regime di coesistenza stabile tra lupo e attività economiche“. Ente attuatore è il Parco delle Alpi Marittime, che si avvale per la realizzazione delle attività di progetto di un gruppo di ricercatori e veterinari coordinati dal professor Luigi Boitani, docente all’Università di Roma e tra i massimi esperti di lupo a livello mondiale.
Il progetto, che è proseguito fino ai giorni nostri grazie a fondi regionali, ha mantenuto negli anni l’impostazione iniziale, basata su quattro grandi aree tematiche: monitoraggio del lupo sul territorio regionale; monitoraggio dei danni sui domestici e attività di prevenzione e gestione sostenibile; attività di ricerca volte alla migliore gestione della specie; comunicazione.
«Diciamo – spiega Giuseppe Canavese, responsabile del Centro Grandi Carnivori creato dalla Regione Piemonte nel 2006 presso il Parco delle Alpi Marittime – che si sono sviluppati in particolare due filoni: da un lato la ricerca e il monitoraggio in riferimento all’evoluzione della presenza del lupo sul territorio regionale, dall’altro la gestione degli alpeggi e il rimborso dei danni.
Rispetto al primo ambito, la principale attività è lo snow tracking, e cioè la ricerca su terreno innevato di tracce. Nel solo inverno 2010-11 sono state individuate e seguite tracce per uno sviluppo di oltre 1.500 chilometri. In questo modo si ha un’idea degli spostamenti degli animali, della delimitazione del territorio dei vari branchi, ma soprattutto è possibile recuperare in buona quantità le fatte degli animali. Dallo studio di questi escrementi – nell’inverno già citato ne sono state recuperati oltre mille – si hanno informazioni fondamentali circa l’alimentazione degli animali, e tramite l’analisi genetica si ha un’idea piuttosto precisa sulla collocazione dei diversi individui, sulla consistenza e l’evoluzione dei branchi».
«C’è poi il secondo filone – prosegue Canavese –, quello legato alla gestione degli alpeggi. L’azione dei veterinari che hanno operato in questo ambito è stata duplice. Innanzitutto hanno svolto un ruolo di assistenza e supporto per i conduttori d’alpeggio, raccogliendo le loro richieste e coordinando la fornitura di recinzioni e in alcuni casi di cani da protezione. In secondo luogo si sono occupati della verifica sul terreno dei danni subiti, attivando le procedure per i rimborsi. Per dare un’idea, negli ultimi anni si è arrivati a rimborsi annuali di circa 70.000 euro, con una quota riservata anche ai danni indiretti, e cioè allo stress cui i domestici sono sottoposti in caso di attacco. Va sottolineato il fatto che il numero degli attacchi risulta essere costante, anzi il numero complessivo di animali predati è in diminuzione. Il totale dei rimborsi non è calato in proporzione perché recentemente si sono verificate predazioni a carico di vitelli, e per i bovini gli indennizzi unitari sono naturalmente molto più elevati».
L’assessore regionale all’Agricoltura, Claudio Sacchetto, ha dichiarato che per quanto riguarda il rimborso dei danni si passerà a forme di carattere assicurativo, e che non ritiene opportuno proseguire la collaborazione con il Centro Grandi Carnivori neppure per l’attività di monitoraggio, che con ogni probabilità verrà bloccata. Una scelta probabilmente dettata anche dalla forte restrizione delle disponibilità economiche della Regione, che rischia di avere gravissime ripercussioni sul futuro della pastorizia: in assenza di monitoraggio, vengono a mancare quelle informazioni sull’evoluzione della presenza del lupo che sono indispensabili per impostare un piano di gestione della specie. A pagarne le spese saranno i pastori.
Nanni Villani