Narra la leggenda che un monaco cluniacense, persosi in montagna durante una bufera di neve, sia stato salvato e curato dalla comunità di un piccolo paese di lingua tedesca. Per ricambiare l’ospitalità di quelle genti il monaco insegnò loro una tecnica segreta per riprodurre in maniera perfetta qualsiasi tipo di marmo. Su questa tecnica di alto artigianato il villaggio ha fondato la propria fortuna, dando vita a una tradizione che oggi è tornata a vivere. Il paese è Rima (Vc) e la tecnica è quella del Marmo artificiale. Il turista, il curioso o l’appassionato che oggi si trovasse a percorrere i 24 chilometri che separano Varallo Sesia da Rima, non si aspetterebbe mai di trovarsi davanti a un gioiello architettonico così ricco di sorprese. Una borgata raccolta, che riesce a fondere in un perfetto equilibrio le tradizionali strutture Walser con uno stile mitteleuropeo. Senza condomini, senza macchine che girino per le piccole strade, senza tutto ciò che caratterizza la frenetica vita contemporanea. Eppure Rima è pienamente viva nell’oggi e proiettata nel futuro, anche grazie alla tecnica del Marmo artificiale.
Dal 2002 è aperta la Casa Museo del Marmo Artificiale, una struttura espositiva, ma soprattutto dedicata a corsi e laboratori didattici e professionali. Qui, dal 2004, l’Associazione del Marmo Artificiale di Rima organizza mostre e convegni, oltre a realizzare pubblicazioni per diffondere la cultura e la conoscenza di questa tecnica, che era quasi stata dimenticata nella seconda parte del ‘900. Ma la caratteristica più interessante dell’associazione è che, fin dalla sua nascita, organizza corsi e laboratori per artigiani o semplici appassionati, che vogliono imparare a realizzare il Marmo artificiale di Rima. E’ presente nella Casa Museo anche una foresteria perché, come sostengono da sempre i promotori, «chi vuole imparare la tecnica nata nel nostro paese non può che farlo qui, in mezzo alle nostre montagne». Non una limitazione, ma un valore aggiunto. Solo qui infatti il fascino di poter creare con le proprie mani il marmo si coniuga con un’atmosfera unica, irripetibile in qualsiasi altro luogo. Qui si respira la stessa aria che respiravano i vecchi rimesi che riuscirono ad affinare tecniche già presenti in molte parti d’Italia ed Europa, per raggiungere, a detta degli esperti, un risultato finale perfetto: la luce scorre sui manufatti come su una qualsiasi lastra di marmo. Tradizionalmente viene impiegato come base un impasto di scagliola e colla, che indurisce in circa dodici ore ed è molto levigabile: questa amalgama, cui sono aggiunti pigmenti colorati, è quindi stesa su una tavola di composizione, sopra un telo di iuta; si lascia addensare e raggrinzare fino alla formazione di spaccature. Successivamente questi interstizi sono riempiti con materiali che richiamano le venature del marmo da imitare: proprio questa è la fase di maggior abilità e creatività dell’artista. A questo punto si passa alla levigazione, realizzata con nove pietre diverse, dalla più grezza alla più dura e liscia. Il procedimento della lavorazione del Marmo artificiale è lungo, delicato e difficile: in media occorrono dalle dieci alle dodici ore per ottenerne una superficie di un metro quadro.
La ripresa di questa attività, che rende il Marmo artificiale di Rima non solo un orgoglio del passato, ma un’esperienza viva, è stata resa possibile da una serie di concause fortuite, ma tutte fondamentali. In primis la volontà dell’ultimo depositario dei segreti della tecnica, Silvio Dellavedova, che non ha permesso che la tradizione scomparisse con lui, ma che invece ha aperto a tutti una conoscenza fino a quel momento tenuta gelosamente sotto chiave. La seconda causa della rinascita della tradizione è stata una riscoperta, da parte della comunità rimese, dell’importanza e dell’originalità del Marmo artificiale, assieme alla consapevolezza che questa magnifica storia stava perdendosi, nella memoria così come nelle tracce concrete, disseminate dal piccolo centro valsesiano fino in Russia, Svezia, Africa. Non c’è famiglia di Rima che non abbia tra i propri antenati artigiani e imprenditori del Marmo artificiale, che hanno lavorato in ogni angolo d’Europa per le più potenti ed importanti famiglie nobili e borghesi. Ma oltre al “saper fare” di un uomo e alla riunione di una comunità attorno a una tradizione comune, un grande aiuto alla rinascita del Marmo artificiale è da imputarsi alla tenacia delle amministrazioni locali, che hanno saputo approfittare delle possibilità offerte da bandi e progetti pubblici, per costruire la Casa Museo e renderla viva attraverso i laboratori e le visite guidate.
E dopo tanti sforzi un primo risultato: l’associazione culturale a un certo punto non è più bastata e dal 2010 l’attività commerciale è confluita all’interno di una cooperativa, perché i lavori sono cresciuti, di pari passo con la promozione culturale. Un appassionato gruppo di ex alunni dei corsi, in buona percentuali giovani, ha creduto talmente in questa scommessa che ha deciso di trasformala in un lavoro. E così, dopo circa due secoli dall’inizio di questa avventura, la storia del Marmo artificiale di Rima non è ancora diventata solo una leggenda…
Giulio Pedretti