Enrico Camanni, Il Grande libro del ghiaccio, editore Laterza 2020, 384 pp, 22 €
Il saggio di Enrico Camanni introduce il lettore alle meraviglie e alla straordinarietà del ghiaccio, con un occhio di riguardo agli ambienti glaciali e stagionalmente coperti dal manto nevoso, elementi tanto meravigliosi quanto effimeri e vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico. I temi trattati sono molto ampi, con riferimenti alla storia dell’alpinismo con la descrizione ad esempio della prima ascesa sul Monte Rosa da parte dei “sette ragazzi di Gressoney” nel 1778, alle leggende che hanno avuto come protagonisti gli ambienti glaciali, dalla valle perduta al mito del castigo dell’alta montagna che punisce le azioni immorali. Protagoniste sono le Alpi, non solo, ma con ampi riferimenti alle regioni himalayane e alle esplorazioni polari. In particolare quello delle avventure polari è un capitolo molto interessante in quanto si tratta della cronaca di vere e proprie epopee della storia dell’uomo in epoca recente. Tra le vite avventurose celebrate nel saggio, sicuramente spicca la spedizione dell’esploratore norvegese Fridtjof Nansen che, a fine ’800, tentò di raggiungere il Polo nord facendo incagliare la sua nave nel pack per poi attendere che la deriva lo trasportasse verso il Polo. Si tratta di un mirabile esempio di un viaggio “in orizzontale”, il cui fascino è sicuramente comparabile ai viaggi “in verticale” che vedono come protagonisti gli alpinisti. Ampio spazio è poi dedicato alle valanghe e alla difficoltà che spesso si incontra nell’interpretare le caratteristiche del manto nevoso, un vero e proprio enigma. Anche in questo caso rigorosi approfondimenti tecnici e scientifici si alternano a racconti popolari, come il Miracolo di Bergemoletto. Siamo nella metà del ’700, quando un’enorme valanga si abbatte sul villaggio piemontese, distruggendo l’abitato e causando numerose vittime. Delle persone sepolte sotto l’enorme massa di neve tre furono trovate vive decine di giorni dopo il disastro, essendo potute sopravvivere bevendo il latte di una capretta sepolta con loro insieme alla neve che riuscirono a far fondere. Di non minore interesse è poi la descrizione del ghiaccio quale “prodotto commerciale”, con la presentazione delle tecniche di conservazione tradizionali adottate in diverse località nelle Alpi quali le neviere e le ghiacciaie, delle vere e proprie “macchine del freddo”. In tale ambito non si può non ricordare l’interessante descrizione della nascita del gelato, dovuta all’intraprendenza e mirabile intuizione di un gruppo di montanari, che hanno fatto del loro rapporto con il ghiaccio una professione, così come le guide alpine e i tanti nuovi lavori legati al mondo della montagna coperta di ghiaccio e di neve.
Michele Freppaz