Di Maurizio Dematteis
Grazie al progetto Alpine Space Beyond Snow abbiamo avuto l’opportunità di valicare le Alpi da sud e andare e visitare tre stazioni sciistiche minori nella parte nord, percorrendo migliaia di chilometri tra le montagne.
Da Sattel, comune svizzero di tutto rispetto con circa 2000 abitanti nel Canton Svitto, siamo andati a Baldershwang, micro comune tedesco di 219 anime situato nel Land della Baviera, per proseguire poi verso Werfenweng, via di mezzo austriaca con 969 alpigiani nel distretto di Sankt Johann im Pongau nel Salisburghese.
Tre municipalità con impianti sciistici in crisi a causa del cambiamento climatico che si adoperano per affrontare stagioni sempre più capricciose e uno stillicidio di giornate di apertura in meno ogni anno. Un’economia che oggi resiste solo ed unicamente grazie all’uso massiccio della neve programmata.
Nonostante la situazione precaria di queste stazioni sciistiche di bassa quota sul versante nord delle Alpi sia la medesima che vediamo in Italia, mi ha colpito, veramente colpito, la differenza di paesaggio intorno. Tra Sattel, Baldershwang e Werfenwengtre si costeggiano ettari ed ettari di prato verde sfalciato o comunque tenuto, con centinaia di fattorie di notevoli dimensioni che alternano allevamento e appezzamenti coltivati su terreni anche inclinati. Si incontra un numero impressionante di segherie con ettari di bosco governato attorno, tagli programmati e pulizia dei greti di torrenti e fiumi. Nelle valli alpine a nord delle Alpi il territorio di media-bassa montagna, tra gli 800 e i 1500 metri di altitudine, a differenza che da noi è vissuto, la gente non va via, lavora, prospera, usa l’immancabile treno che collega i villaggi al fondovalle.
Eppure anche in questi villaggi alpini il turismo è arrivato negli anni ‘60 con le sue chimere, pesantemente, ma s’è comunque limitato nel prendersi, così ad occhio, al massimo un 50% dell’economia locale. Il resto era ed è prerogativa della filiera bosco legno, dell’allevamento e trasformazione, dell’agricoltura, del terziario che si sviluppa grazie alla tenuta demografica, dell’investimento dei giovani che non se ne vanno perché hanno servizi efficienti e non si sentono area interna rispetto al resto del paese. E la politica locale resta forte e influente, anche a livello nazionale, grazie al numero di elettori di tutto rispetto, capaci di influenzare in parte le scelte nazionali.
Da noi in Italia, a sud delle Alpi, il turismo negli anni ‘60 è arrivato come una manna dal cielo in aiuto a territori che già avevano perso tutto, abbandonati e dimenticati dalla politica intenta a pianificare la città, in un mondo dei vinti travolto e umiliato dal fordismo. Per questo motivo il turismo invernale dello sci, quello che fa girare i soldi veri, si è imposto come modello unico, monoculturale, asso piglia tutto, mosso dalla mano invisibile del mercato, a causa di un’estrema debolezza, tal volta mancanza, del governo del territorio, incapace di proporre alternative, senza altre prospettive economiche per mantenere le persone sul territorio, senza margini per poter pianificare e pensare ad un futuro sostenibile, durable come direbbero i cugini francesi. Tolte poche eccezioni come il Trentino e l’Alto Adige o la Valle d’Aosta, dove il governo è riuscito ad ottenere le autonomie, le valli alpine del sud sono state abbandonate dalla politica.
Certo le mie sono solo impressioni di viaggio e chiacchiere fatte con le persone incontrate, nulla di scientifico o provato. Eppure oggi la differenza tra il governo del territorio del nord e il non-governo del sud delle Alpi si vede chiaro, ad occhio nudo. Nelle Alpi italiane, a sud, si è venuto a creare un circolo vizioso di un territorio abbandonato a se stesso dove si fa fatica a vivere e a fare reddito, che più passa il tempo e più perde economia e popolazione, e di conseguenza perde valore anche dal punto di vista elettorale, data l’esiguità dei sui abitanti. Un circolo vizioso di lento svuotamento, a parte sparuti luoghi vivi grazie a sindaci-martiri. Le valli alpine italiane stanno diventando luoghi da cui la politica si allontana sempre più, disinteressata a un territorio che non porta voti, anzi, ne perde ogni anno. E questo sta sottraendo la possibilità di impostare un governo del territorio di area vasta, una pianificazione strategica, la possibilità di sviluppare il territorio ai pochi residenti rimasti.
Questo mi veniva da pensare mentre attraversavo i territori a nord delle Alpi, arrovellandomi sulle possibili soluzioni. Conscio del fatto che non sono i pionieri, i nuovi montanari, lasciati da soli a poter cambiare le sorti di gran parte del territorio nazionale. Servirebbe la politica, una politica che prenda in mano la situazione e investa tempo e denaro sui territori montani, le aree del paese in cui, sono sempre di più a sostenerlo, tra qualche anno molti cominceranno a trasferirsi per poter sfuggire alla canicola delle pianure.