Il minuscolo Ghiacciaio del Calderone, posto in un circo glaciale a nord della vetta del Corno Grande del Massiccio del Gran Sasso (2.912 m s.l.m.), deve la sua notorietà al fatto di essere l’unico ghiacciaio appenninico ed il più meridionale d’Europa. Anche per questo motivo è stato oggetto di numerosi studi, a partire da Marinelli & Ricci (1916), Tonini (1961), Smiraglia e Veggetti (1992), volti alla definizione della geometria e della evoluzione dell’apparato glaciale. Gli studi erano concordi nell’indicare la presenza di una massa ghiacciata, di geometria non univocamente definita e spessore massimo stimato di circa 26 m (Fiucci et al. 1997, De Sisti et al. 1998, Pecci et al. 1999), coperta da uno strato di detriti, coerente con la definizione di “ghiacciaio nero” o “ghiacciaio fossile”.
In considerazione del costante innalzamento delle temperature medie, il Calderone è stato oggetto di un progressivo e costante fenomeno di ablazione. Allo scopo di verificare l’entità del fenomeno, nel mese di luglio del 2015 è stata condotta una indagine con tecnologia Gpr, dopo 16 anni dall’ultima indagine precedente effettuata con la stessa tecnologia.
L’esecuzione della campagna di indagini sul Ghiacciaio del Calderone è stata realizzata con tecnica georadar e antenna non accoppiata al suolo, per permettere di superare gli inconvenienti e le limitazioni derivanti dall’utilizzo di altre apparecchiature su superfici particolarmente accidentate. La qualità del segnale registrato è risultata infatti molto soddisfacente, consentendo di raggiungere un’ottima profondità di indagine.
Secondo i dati rilevati lo spessore massimo del ghiaccio, rilevato nella scansione longitudinale, è pari a circa 25 m, con picco estremo localizzato di 26 m, in accordo con le risultanze degli studi precedenti, testimoniando una sostanziale e inattesa conservatività della massa glaciale nell’arco dell’ultimo ventennio. Ipotizzando infatti che i dati dei due strumenti siano confrontabili, se ne deduce una riduzione in spessore di appena 1 m, dal 1992 ad oggi.
L’esame delle scansioni ha fornito inoltre utili indicazioni sulla possibile geometria dei corpi costituenti il complesso del ghiacciaio, la morfologia della morena frontale e della superficie rocciosa di base. E le successive e più dettagliate campagne di misurazione effettuate nella successiva estate del 2016 ed ancora nell’estate 2019 in collaborazione con l’Università Roma 3 e con Il Centro di eccellenza Cetemps dell’Università dell’Aquila, hanno fornito altri importanti risultati attualmente ancora in corso di elaborazione.
Angelo Monaco e Marco Scozzafava
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Gli autori ringraziano la rivista AMQ per l’interesse, la disponibilità e la professionalità dimostrati, e l’Associazione meteorologica AQ Caput Frigoris (http://www.caputfrigoris.it/) ed in particolare i soci Thomas di Fiore, Alessandro Ferrante, Giampiero Manzo, Manuel Montini, Valerio Sorani, Francesco Vaccaro per il supporto tecnico e logistico. Si ringrazia Cristiano Iurisci per le utili indicazioni e la fattiva collaborazione per i rilievi.