La riduzione dei ghiacciai, in realtà non rappresenta che l’aspetto più appariscente di un fenomeno forse ancora più grave: il degrado del permafrost. Il permafrost è quel terreno perennemente ghiacciato che si trova a temperatura di 0°C o inferiore, per almeno due anni consecutivi. Il degrado del permafrost e la fusione del ghiaccio che funge da collante su versanti montani associato all’aumento della frequenza e dell’intensità delle precipitazioni stanno favorendo crolli, colate di detriti e fango. Si pensi a quanto recentemente accaduto al Monviso con i distacchi di ingenti quantitativi di rocce di inizio luglio (dopo la gigantesca frana dello scorso 26 dicembre) e al versante italiano del Cervino, per rimanere ai casi più eclatanti. Ma non dimentichiamo le tantissime situazioni meno “famose”: distacchi di rocce, cedimenti di parti di versanti, modifiche del suolo, sempre a causa della fusione del permafrost si verificano un po’ ovunque e non si tratta di fenomeni che riguardano esclusivamente le alte quote dove non c’è la presenza umana. E’ pressoché assodato che una delle cause della frana della val Pola che nel 1987 provocò la morte di 27 persone va ricercato nel degrado del permafrost. Dal Pizzo Cengalo, nel 2017 in Val Bregaglia nei Grigioni, anche a causa del degrado del permafrost sono precipitati a valle diversi milioni di metri cubi di roccia. Un’immensa colata detritica che ha in seguito investito il paese di Bondo e ha causato la morte di 8 escursionisti. I due casi precedenti sono un monito affinché questo problema  non venga  sottovalutato, vista la grande porzione  di territorio che si trova al di sopra di quote di persistenza  del permafrost. Queste aree sono fortemente frequentate sia nel periodo invernale sia nel periodo estivo. Un esempio: la zona del Passo dei Salati, sempre più frequentata da turisti più o meno esperti e spesso inconsapevoli di quel che sta accadendo. Qui come altrove, in conseguenza dei cambiamenti climatici, il permafrost non più perennemente ghiacciato dà origine a frequenti crolli e distacchi di massi e detriti su sentieri che nel passato gli alpinisti consideravano sicuri. Emblematica è la via che attraverso il ghiacciaio di Indren porta ai rifugi Mantova e Gnifetti, che è stata più volte ritracciata per diminuirne la pericolosità legata alla diminuzione della massa glaciale e alla instabilità gravitativa della sovrastante parte rocciosa .

Inoltre, le nostre montagne sono costellate, oramai anche negli angoli più remoti, da edifici, infrastrutture che con l’attuale andamento climatico sono “minati” alle fondamenta da un possibile e improvviso cedimento causato dalla liquefazione del terreno. Già da un po’ di anni a questa parte nei Grigioni molti proprietari di lussuosi alberghi e abitazioni, in conseguenza del disgelo del permafrost, stanno spendendo consistenti capitali per interventi strutturali di sostegno. Analogamente si può supporre che fenomeni simili possano accadere sulle nostre Alpi.
E’ innegabile che la frequentazione di alcune zone di montagna, ma anche la pianificazione e l’uso del suolo, alla luce di questo fenomeno, debbano essere riviste in un’ottica di strategia di adattamento al cambiamento climatico.
Francesco Pastorelli