Lo scorso 21 settembre chi passeggiava sul lago di Lugano avrà pensato di avere le allucinazioni, vedendo alcuni distinti signori che brindavano e si facevano gli auguri, di fronte a un camion telonato con una vistosa scritta sulla fiancata: Happy New Year! Festa di San Silvestro 2012.
L’unica allucinazione, per il momento, è quella di un trasporto delle merci attraverso le Alpi che sia davvero sostenibile. Sul lungolago di Lugano, come in altre tre città svizzere (Sion, Coira e Lucerna), si celebrava infatti il transito del milionesimo camion attraverso i trafori elvetici, l’ultimo secondo la “Legge federale sul trasferimento del traffico delle merci”, che dal 2011 fissa proprio a 1.000.000 il numero massimo di passaggi di mezzi pesanti consentiti attraverso le Alpi svizzere, stabilendo una soglia intermedia che dovrebbe arrivare nel giro di pochi anni a quota 650.000. Almeno teoricamente, quindi, tutti gli autotreni che percorreranno i trafori svizzeri tra il 22 settembre e il 31 dicembre 2012 saranno fuori legge.

A ricordare l’evento ci ha pensato l’Iniziativa delle Alpi, un’associazione che dal 1989 in Svizzera si batte perché lo spazio alpino e lo spazio vitale delle popolazioni che ci abitano vengano difesi dalle conseguenze negative del traffico di transito, concentrandosi nell’ultimo periodo soprattutto nell’esprimere la propria contrarietà al progetto di raddoppio del traforo del San Gottardo.

«Un fallimento dell’obiettivo di trasferimento? – si chiede Carlo Lepori, socio dell’associazione –. Alcuni la pensano così; anche il Consiglio federale, che nel suo rapporto dice che le misure in atto – che hanno contributo a mantenere il numero dei camion in transito attorno al milione e un quarto da parecchi anni – non basteranno per far scender questo numero a 650.000. Se siamo oggi qui è dunque in primo luogo per dire che non vogliamo più lasciarci ingannare così e che non siamo più d’accordo con questa politica e che nuove misure devono finalmente essere introdotte. Secondo l’Iniziativa delle Alpi questa misura si chiama Borsa dei transiti alpini».
La Svizzera però si trova al centro dell’arco alpino e, come Lepori fa giustamente notare, è indispensabile affrontare il problema a partire dai due versanti esterni: «Quando le merci prenderanno il treno già in Italia e in Germania, su strada resteranno i 650.000 camion all’anno previsti dalla Legge: in gran parte camion che hanno in Svizzera la loro partenza o il loro arrivo».

Sul nostro versante delle Alpi, qualche timido passo in avanti nella regolamentazione del trasporto su gomma attraverso la catena alpina si sta muovendo. Il 18 settembre il Senato ha finalmente approvato la ratifica del Protocollo Trasporti della Convenzione delle Alpi (gli altri otto erano stati ratificati in primavera), accogliendo, dopo anni di mancanza di volontà politica di affrontare il problema in maniera strutturale, le richieste di quanti vedono nell’adozione delle strategie transnazionali proposte dalla Convenzione la strada migliore per definire politiche alpine in grado di rispondere alle reali esigenze di un territorio tanto delicato e complesso. La ratifica da parte del Senato ha però scatenato la reazione di chi sostiene di vedere nell’adozione delle misure espresse dal protocollo un possibile limite per lo sviluppo del territorio alpino. «Preoccupazioni per i danni economici e infrastrutturali derivanti all’Italia dalla firma del documento sono state espresse dalla Lega Nord, da Coesione Nazionale e da diversi senatori del Popolo della Libertà che hanno votato contro la ratifica», si legge nel resoconto di fine seduta della votazione del Senato. Nonostante quanto sostenuto dagli esponenti delle lobby degli autotrasportatori e dei partiti che storicamente le sostengono (la Lega Nord su tutti), il protocollo dei trasporti non prevede comunque lo stop definitivo alla costruzione di infrastrutture stradali attraverso le Alpi, ma «un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti e in particolare del trasporto merci, soprattutto mediante la creazione di infrastrutture adeguate e di incentivi conformi al mercato» (www.alpconv.org).

La palla passa adesso alla Camera, che dovrà decidere, si spera prima della fine della legislatura, se accogliere le proposte della Convenzione delle Alpi o se dare retta a chi continua a vedere nella promozione urlata e a senso unico dello sviluppo economico, senza ragionare sul lungo periodo e guardando oltre i confini nazionali, l’unico modo per raccogliere consensi. Le prospettive di raddoppio dei tunnel autostradali di Tenda e del Frejus e la quasi totale assenza di investimenti ferroviari nell’arco alpino (Tav a parte) non fanno certo ben sperare. E intanto, sta per iniziare il biennio italiano di presidenza della Convenzione delle Alpi.
Giacomo Pettenati