Benedetto Croce ha scritto nel 1915 che “ogni vera storia è storia contemporanea”, perché “solo un interesse della vita presente ci può muovere a indagare un fatto passato”. Che sia una passione del presente a spingerci a cercare nella storia i motivi del nostro agire è palese negli storici dell’ambiente in Italia, spesso ambientalisti militanti, che cercano nel passato la conferma delle ragioni del loro attivismo. Nella nostra storia, però, manca la continuità tra le iniziative di protezione ambientale del primo ‘900 e quelle avviate dal secondo dopoguerra ad oggi, così le loro ricerche mettono in secondo piano le differenze tra il moderno ambientalismo e il movimento che ha promosso i primi due parchi nazionali italiani. Due parchi che sono nati nelle montagne, quelle dell’Appennino, nel caso del parco dell’Abruzzo, istituito su iniziativa di Erminio Sipari, in forma privata il 25 novembre 1921, e in forma ufficiale nel 1923 (Regio decreto legge 11 gennaio 1923, n. 257), nelle montagne delle Alpi nel caso del parco del Gran Paradiso, nel 1922 (Regio decreto-legge 3 dicembre 1922, n. 1584). Per capire chi e perché ha voluto i primi parchi nelle montagne è indispensabile identificare le peculiari caratteristiche e le ragioni delle personalità e delle organizzazioni che li vollero, che in gran parte non erano ambientaliste e, quando lo erano, spesso erano interessate anche al progresso economico, sociale e politico delle montagne. Anche le montagne, infatti, parteciparono al processo di sviluppo che trasformò l’Italia del primo ‘900, attraverso nuove industrie, specie quella del turismo e quella idroelettrica e con il contributo di una nuova associazione: la Federazione Italiana delle Associazioni Pro Montibus ed enti affini, nata nel 1909 dalla vecchia Pro montibus del 1898. Alla testa della Federazione c’era Giovambattista Miliani che, oltre ad essere un ambientalista, era padrone delle Cartiere Miliani di Fabriano, deputato dal 1905 al 1929, ministro dell’agricoltura nel 1917-19, sindaco e poi podestà di Fabriano durante il fascismo.

La chiave per capire la “sua” Federazione è nella denominazione degli «enti affini» che può dare un’idea del progetto di sviluppo seguito:
– il Gruppo parlamentare della montagna,
– la Commissione per la festa nazionale degli alberi,
– il Comitato economico per la tutela del commercio e delle industrie affini,
– il Comitato per lo studio scientifico dei problemi forestali in Italia,
– la Commissione nazionale per il pioppo,
– la Commissione per il miglioramento dei pascoli montani,
– la Commissione per i parchi nazionali e la tutela della flora e della fauna italiane.
Nel consiglio federale c’erano, tra i molti altri, il sindaco di Caltagirone, Luigi Sturzo – unico sindaco, futuro fondatore del Partito popolare, lo stesso che nel 1919 volle il Segretariato per la montagna nell’Associazione dei comuni italiani – e Michele Gortani, geologo, “padre” dell’art. 44 della Costituzione.

L’intreccio tra politica, ambientalismo, economia montana e imprese industriali, proprio dell’attività della Federazione, appare eccezionale oggi, ma non era il solo. Il Touring club italiano, per esempio, coinvolto come la Federazione nella promozione dei parchi, aveva pubblicato nel 1911-12, con il finanziamento delle imprese idroelettriche, due bei volumi ricchi di fotografie: Il bosco, il pascolo, il monte, e Il bosco contro il torrente. La redenzione delle terre povere, destinati a propagandare l’importanza del rinnovamento dell’economia montana, anche a vantaggio delle comunità d’alta quota.
Miliani e la “sua” Federazione furono tra i protagonisti della stagione che portò all’istituzione dei due primi parchi nazionali. Una Federazione nella quale e intorno alla quale ambientalisti, tecnici, politici difensori dei montanari, industriali idroelettrici, del legno, della carta e promotori del turismo, si sostennero nel difficile compito di conciliare interessi molto diversi per portare il progresso nelle montagne, un progresso di cui era parte anche l’istituzione di parchi nazionali. Il parco del Gran Paradiso nelle Alpi venne varato nel 1922, ufficialmente, per primo: era una antica riserva di caccia della Casa reale che propose essa stessa di farne un parco. Quello dell’Abruzzo, nei ben più popolati Appennini – anche questa riserva di caccia reale – nacque invece nel 1921, di fatto, grazie alla volontà del suo principale fautore, Erminio Sipari, e all’impegno della Federazione. Sipari si era laureato in ingegneria a Torino, prese una seconda laurea a Liegi, era un “elettricista” come si diceva allora, parlamentare dal 1913 al 1929, cugino di quel Benedetto Croce citato all’inizio, che del parco dell’Abruzzo fu grande sostenitore. Il progetto di sviluppo delle montagne perseguito dalla Federazione decadde con il fascismo. Ormai nelle montagne, e in Italia, non c’era più bisogno di avere il consenso dei politici e delle loro comunità ai progetti di sviluppo dell’industria idroelettrica, al rimboschimento, alla istituzione dei parchi. Bastava rivolgersi direttamente al Duce; in Parlamento non c’era più bisogno di discutere, bastavano i decreti varati dal governo, anche questo del Duce.
La storia della Federazione Italiana delle Associazioni Pro Montibus ed enti affini di Miliani racconta che il progresso nelle montagne è stato anche protezione della natura, e ricerca della conciliazione di esigenze e sensibilità diverse attraverso il coinvolgimento di politici, imprese, esperti, volenterosi e, non ultime, delle comunità delle montagne.
Oscar Gaspari