Quanti sono gli sciatori dell’arco alpino? Sono aumentati o diminuiti rispetto alle scorse stagioni invernali? E rispetto all’inizio del XXI secolo? In che periodo della stagione si concentrano? Domande che sono tanto lecite quanto lo è venire informati sull’utilizzo di soldi pubblici e – nello specifico – di quelli investiti dalle nostre regioni a sostegno del turismo invernale. Eppure quei dati non ci sono. Lo testimoniano anche le parole di Fabrizio Bartaletti, geografo dell’Università di Genova, specialista in materia e collaboratore di Dislivelli (vedi anche http://goo.gl/qcaQI, oppure guarda il suo intervento a riguardo), che ci spiega: «Purtroppo dati non ce ne sono. Ciò di cui disponiamo sono analisi trionfalistiche sulla stagione invernale e il buon andamento di certe stazioni da un lato, e affrettati “de profundis” sullo sci e il turismo “hard” dall’altro. Realizzati su sondaggi di operatori turistici e simili». Ciò che servirebbe per fare un’analisi corretta della situazione sciistica italiana non viene rilevato. O forse viene rilevato ma non comunicato? Distinguere, in questi casi, è fondamentale.
Occorrerebbero dati capillari sul numero degli abbonamenti venduti dagli impianti di risalita, sui relativi fatturati e sui passaggi degli sciatori nei singoli impianti; questi andrebbero poi incrociati con gli arrivi e le presenze almeno negli esercizi ricettivi “commerciali” (alberghi, b&b, meublés, case per ferie, appartamenti e residence regolarmente affittati e denunciati). «Oggi in Italia – prosegue Bartaletti – dati attendibili sul movimento turistico sono disponibili solo per le Province Autonome di Trento e Bolzano e, anche se meno completi e capillari, per Sondrio, la Valle d’Aosta e il Friuli. Per il Piemonte i dati sul movimento turistico sono di fatto inutilizzabili, a maggior ragione quelli sui passaggi e gli abbonamenti nella Via Lattea che comunica solo ciò che ha piacere venga divulgato».
Come sottolinea il professor Bartaletti, gli unici documenti reperibili in rete sono i sondaggi degli operatori turistici, condotti su base nazionale a un panel di rappresentanti l’industria neve. Tra questi, i consuntivi della stagione invernale 2011/2012 elaborati dall’Osservatorio della Montagna e da Skipass Panorama Turismo fotografano accuratamente le tendenze in atto. Entrambi descrivono la stagione passata come un anno difficile per tutte le destinazioni turistiche della montagna bianca italiana, che si chiude con indicatori in fortissimo calo sia per le presenze che per i fatturati, segnando la crisi più acuta del settore degli ultimi vent’anni. Per il comparto del “sistema neve italiano”, – in tutte le sue componenti che vanno dal settore ricettivo a quello ristorativo, dagli impianti alle scuole di sci, dai servizi di noleggio al commercio sino dal divertimento, ecc. – Skipass Panorama Turismo denuncia una riduzione delle presenze pari al -24,8% e una diminuzione del fatturato del -28,1% rispetto ai dati dell’anno precedente.
I documenti offrono una buona panoramica delle tendenze che hanno caratterizzato l’inverno passato.
Innanzitutto sono cresciuti i soggiorni brevi in sostituzione delle settimane bianche: la permanenza media degli ospiti delle strutture ricettive oggetto dell’indagine è stata di 4,7 giorni, in diminuzione rispetto all’inverno precedente, quando era di 5,1 giorni. Uno dei tanti indicatori dell’influenza della crisi economica sui comportamenti degli italiani, che segna anche il ritorno nella “seconda casa”: l’esigenza di risparmiare e di sfruttare l’abitazione secondaria da un lato, la volontà di non privarsi di un periodo di riposo e la difficoltà di affittare l’appartamento dall’altro ha portato gli italiani a ripopolare la località dove si trova l’abitazione. Comunque le strutture ricettive hanno ospitato il 14% di italiani in meno rispetto alla stagione sciistica 2010/2011; più in generale il 73% degli operatori neve dichiara una diminuzione dei connazionali sulle piste da sci.
Ciò che sta influenzando negativamente la partecipazione italiana allo sci è una diminuita passione agonistica: la neve è vista dai turisti come amena cornice della vacanza, non sempre come luogo di pratica sportiva. Dai sondaggi risulta che solo il 57% degli italiani che frequentano la montagna pratica uno sport. In forte aumento risulta poi lo spostamento verso discipline “free”: poiché skipass, noleggio attrezzature e maestro di sci sono considerati un costo troppo elevato, cresce l’interesse per le discipline quali ciaspole, sci da fondo, winter trekking; anche lo snowboard viene abbandonato – tendenza che secondo gli operatori crescerà nel corso della prossima stagione – in favore di nuove discipline (soprattutto quelle “slow outdoor”) e/o ritorno allo sci alpino.
Secondo le previsioni di Skipass Panorama Turismo il prossimo inverno si registrerà il numero massimo di sciatori italiani che si sposteranno all’estero per sciare. In pratica, pagheremo le nostre stazioni sciistiche, ma poi utilizzeremo quelle dei nostri vicini: speriamo almeno di essere ripagati dalle loro montagne.
Daria Rabbia