Dal mito del Guglielmo Tell (Friedrich Schiller, 1804; Rossini, 1829), dove un angolo di Svizzera diventa l’archetipo della “montagna pura, donatrice di senso, donatrice di significati, donatrice di salute, sia fisica che psichica”, alla Montagna Incantata di Thomas Mann, fino allo stereotipo della Heidi dei nostri tempi, sembra rafforzarsi e confermarsi il mito della montagna come luogo di salute sia fisica che psichica (Salsa A, 2011).
Ancora oggi probabilmente, a fronte della domanda «Secondo voi si vive più a lungo ed in salute in montagna o in città?», la maggior parte delle persone, soprattutto se di estrazione cittadina, sceglie la montagna. Perché c’è l’aria buona, meno stress, si fa più movimento, cibo genuino…
I dati epidemiologici però non sembrano dire la stessa cosa: se si confrontano i tassi di mortalità standardizzati per età (SMR, cioè il rapporto tra il numero di casi di morte osservati e il numero di casi attesi), per distretto di residenza in Piemonte, in entrambi i sessi, gli eccessi di mortalità rispetto alla media regionale sembrano interessare soprattutto i distretti montani, mentre le aree metropolitane sembrano presentare un profilo di salute più favorevole.
Si tratta di un quadro che si è mantenuto stabile in questi ultimi anni, non solo per la mortalità generale, ma anche per cause specifiche quali le malattie cardiovascolari, gli incidenti stradali, le malattie alcol correlate, anche se le differenze fra comuni montani e resto della regione sembrano ridursi.
Ma le montagne non sono tutte uguali. Guardando la cartina dei tassi di mortalità in Piemonte si può notare che i tassi più elevati interessino alcune valli (es. valli Cuneesi, del Pinerolese, dell’Orco e Lanzo, del Verbano-Cusio-Ossola, in particolare fra gli uomini), mentre la Valle di Susa presenta un profilo meno sfavorevole, con tassi di mortalità che nel triennio 2007-2009 si avvicinano notevolmente a quelli della media regionale, fino a non presentare più differenze statisticamente significative.
Le differenze del profilo di salute fra diverse aree di montagna diventano ancora più evidenti se si confrontano le valli piemontesi con le valli dell’area transfrontaliera francese.
Da notare il fatto che molte della aree “protette” corrispondano a comuni francesi della alte valli che confinano con il territorio piemontese: territori dell’Alta Provenza e dell’alta regione della Rhone Alpes. Le valli francesi e le loro popolazioni hanno quindi un profilo di salute più favorevole delle popolazioni che vivono nelle valli confinanti in Piemonte? Gli svantaggi del vivere in valle, soprattutto nell’alta valle, quali la lontananza dai servizi, il possibile isolamento sociale, la mancanza di opportunità economiche che sembrano influenzare in modo significativo la qualità di vita di chi vive in certa aree alpine del Piemonte, non sono così presenti al di là del confine?
Si tratta sicuramente di fenomeni che necessitano di un approfondimento che non può essere affrontato in questo breve contributo, ma che sottolineano il fatto che, se non è più sostenibile lo stereotipo delle aree montane come spazio di vita salubre e meno esposto a rischi per la salute, neanche si possa generalizzare un quadro delle aree di montagna come zone per loro natura svantaggiate dal punto di vista dei profili di salute e di benessere delle popolazioni che vi abitano. Forse sugli elementi di contesto (ambientali e socio-economici) e sui loro effetti sulla salute incidono anche le politiche che in questi anni sono state applicate ai diversi territori. Questi spunti ci stimolano a affrontare l’analisi della qualità di vita nelle valli e le possibilità di sviluppo tenendo conto delle specificità, delle fragilità ma anche delle risorse presenti nei diversi territori.
Maurizio Marino e Umberto Falcone
Approfondimenti:
– Salsa A., Atti del Convegno Nazionale “Sentieri di salute: la montagna che cura”, Lectio Magistralis, Bergamo, 2011.
– Galliano G., Nuovi aspetti della vita di montagna e nuova geografia, intervento al Convegno “Il Mare in basso”, ottobre 1998, Genova.