Ecco la chiave: il tempo. Con il progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”, realizzato in tredici anni tra il 2009 e il 2021, mentre i ghiacciai continuavano a cambiargli sotto gli occhi, il fotografo romano Fabiano Ventura ha usato la metafora del tempo per inscenare il racconto contemporaneo della Terra, che è l’unica casa che abbiamo. Al Forte di Bard, all’ingresso della Valle d’Aosta, è aperta la grande mostra fotografica dedicata ai ghiacciai della Terra: “Earth’s Memory, i ghiacciai testimoni della crisi climatica”. Ventura ha intuito che nessuna materia avrebbe potuto rappresentare meglio del ghiaccio lo scorrere o il precipitare del tempo sulla superficie terrestre. Ha scelto i grandi ghiacciai, che non sono corpi morti ma organismi in perenne trasformazione, molto più vivi degli uomini che li umiliano senza rendersene conto. Nascono, crescono, si trasformano, fondono e a volte muoiono. In una parola: vivono.
Ma come fare a rappresentare le recenti trasformazioni dei ghiacciai del pianeta? L’unica strada percorribile, la più affascinante e tortuosa, passava per la fotografia stessa, che, applicata ai ghiacciai, vanta una storia di circa centocinquant’anni, arco di tempo esemplificativo per documentare gli effetti del riscaldamento globale. Bisognava confrontare le immagini di ieri e di oggi, il che comportava un lavoro invisibile e forse ancora più impegnativo di quello sul terreno: la ricerca delle antiche immagini, consumatasi negli archivi e nelle biblioteche di mezzo mondo, a cominciare dal leggendario atelier biellese di Vittorio Sella.
Alla fine di un percorso sospeso tra nostalgia e indignazione, scopriamo che gli unici personaggi perdenti di questo film fantastico siamo noi stessi, spettatori del nostro operato. Noi specie umana siamo gli unici naufraghi da salvare in questo affondamento epocale, perché la scomparsa dei ghiacciai è il segno del nostro fare e del nostro distruggere.
Enrico Camanni
Purtroppo siamo “naufragati” in Marmolada.
Ma era ampliamente prevedibile. Quando andavo in ghiacciaio, in Francia come in Italia, partivamo durante la notte, con la pila frontale, e prima di mezzogiorno dovevamo aver raggiunto la destinazione. E prima valutavamo previsioni, temperatura, stato della neve, ecc. Ora si spostano durante il giorno, con la temperatura balneare. “Unusquisque faber fortunae suae” dicevano i Latini
Sponsorizzata dall’UNESCO, la mostra fa parte di un partenariato scientifico educativo con l’ESA.