«L’anno vecchio è finito ormai, ma qualcosa ancora qui non va»
Quando non si ha più nulla da dire si inizia a parlare del tempo. Ma in un’epoca caratterizzata dal cambiamento climatico, la meteorologia non è poi un argomento di alleggerimento, anzi. Ogni cambio di mese, di stagione e di anno offre l’opportunità di analizzare il clima, le temperature, la piovosità e di operare confronti con le epoche passate dati alla mano oppure snocciolando a memoria fenomeni estremi. Con il risultato che i record vengono sempre superati verso l’alto. Difatti il 2014 in Italia è stato il più caldo dal 1800 con anomalie medie di + 2° C. Per un’analisi più ragionata dell’anno climatico appena concluso abbiamo intervistato Daniele Cat Berro della Società Meteorologica Italiana.

Perché, nonostante un’estate relativamente fresca, l’anno passato ha sfondato ogni limite?
Effettivamente il trimestre estivo ha registrato temperature leggermente inferiori alle medie del ventennio 1981-2010, ma se prendiamo a riferimento gli anni tra il 1961 e il 1990 risulterebbe perfettamente nella media. In ogni caso, tutti gli altri mesi sono stati abbondantemente più caldi. Da qui il risultato complessivo dell’anno.
Anche le precipitazioni sono state molto abbondanti. Non è un dato in controtendenza con quello delle temperature?
Dall’autunno del 2013 l’Italia del nord si è trovata in una situazione climatica stazionaria che ha fatto affluire in maniera quasi ininterrotta correnti umide da sud ovest fino all’inizio di dicembre 2014. Tale struttura ha colpito in particolar modo le Alpi centrali e orientali, mentre ha in parte risparmiato l’Italia del Nord ovest protetta dalle Alpi Marittime e Cozie meridionali. Difatti in tutte le città pedemontane di Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli è stato uno degli anni più piovosi di sempre. Tuttavia si è sempre trattato di perturbazioni miti da cui le anomalie termiche.
Nei discorsi da bar si sentono spesso riferimenti a un fantomatico monsone che sta caratterizzando il clima alle nostre latitudini a causa del riscaldamento climatico. C’è un fondamento in ciò?
Direi di no, i monsoni sono fenomeni che avvengono a livello equatoriale. Per il momento possiamo solo parlare di precipitazioni intense e prolungate.
Per quanto riguarda l’inverno, come è trascorso il 2014?
Di nuovo, l’afflusso di aria umida ha portato nevicate molto abbondanti soprattutto nell’area centro-orientale delle Alpi, ma sempre a quote piuttosto elevate a causa delle temperature miti. Mentre nelle Alpi occidentali la quantità di neve caduta è stata notevole, ma non da record. Questo scenario è proseguito anche in autunno.
I ghiacciai in che condizioni si presentano?
Per quanto riguarda il bacino del Ciardoney nel gruppo del Gran Paradiso, che monitoriamo grazie a una stazione informatica che ci invia quotidianamente i dati e tutti gli anni a inizio e fine estate, nel 2014 abbiamo registrato una discreta tenuta fino a ferragosto con la copertura di neve invernale che si è mantenuta grazie al fresco di luglio. Tuttavia nei rilevamenti di fine settembre il bilancio si è rivelato nuovamente negativo con una perdita di circa 0,5 metri di spessore. Invece più a est le cose sono andate diversamente perché le nevicate straordinarie dell’inverno precedente hanno comportato su certi bacini un lieve incremento di massa. Ma non bisogna comunque illudersi perché la tendenza generale sulla lunga durata ci mostra che i ghiacciai alpini vivono un periodo di grave sofferenza.
Insomma, il 2014 conferma la tendenza verso un riscaldamento climatico che allo stato attuale appare inarrestabile…
Senza dubbio e in maniera particolarmente grave su un territorio delicato e sensibile come le Alpi, che si trovano al centro di uno dei continenti maggiormente responsabili dell’emissione di gas serra.
Simone Bobbio

info meteo: www.nimbus.it