L´attenzione per i nuovi abitanti della montagna è iscritta nel Dna di Dislivelli, associazione che nasce non a caso a Torino per studiare e discutere proprio quel fenomeno dei “nuovi montanari”, che in Piemonte ha visto il suo primo affermarsi sulla scena nazionale. Sono stati i “montanari per scelta” quelli di cui in primo luogo ci siamo occupati, con le ricerche pionieristiche di Giuseppe Dematteis e, in quel solco, con il lavoro di inchiesta territoriale che ha trovato poi una prima sistematizzazione (e una vasta platea di interessati) nel volume “Nuovi montanari. Abitare le Alpi nel XXI secolo” (a cura di Corrado, Dematteis e Di Gioia, 2016).
La riflessione sui rapporti tra città e terre alte, avviata già con le prime ricerche di Dislivelli sulle dinamiche demografiche montane, così come la rilettura del territorio alpino ed appenninico italiano alla luce della categoria delle “aree interne”, si sono ad un certo momento intersecate con un altro fenomeno, che poco sembrava avere a che fare, sino a poco tempo fa, con la montagna: quello dell’immigrazione straniera.
Nell’ambito dello studio sui “Nuovi montanari”, l’evidenza dei casi aveva portato ad accorgersi che molte delle persone coinvolte dai processi di reinsediamento erano immigrati stranieri, provenienti per la maggior parte dalle aree del Sud del Mondo. Il rapporto fra stranieri e numero totale dei residenti in molti casi costituiva un buon indicatore indiretto dell’attrattività di aree periferiche e interne, per la maggior parte dei casi determinata dalla presenza di risorse locali collegabili all’occupazione, con l’inserimento degli immigrati in percorsi professionali spesso collegati a settori economici tradizionalmente montani. Pertanto era prevedibile osservare, all’interno di aree con composizione demografica ad alta incidenza di stranieri, la presenza di nuovi arrivi in alcuni casi caratterizzati come aggregazioni, o riaggregazioni, di gruppi sociali dei rispettivi paesi di provenienza, nei termini di comunità etniche legate allo svolgimento di determinati mestieri (come nel caso della pastorizia transumante o delle cave di pietra).
Tuttavia già si poteva osservare in quella ricerca come, rispetto ad altre forme del riabitare la montagna tipicamente espresse da migranti interni italiani, quella dei migranti internazionali non sempre si poteva configurare come una “montanità per scelta”. La presenza di lavori a basso contenuto qualitativo e spesso ad alto tasso di sfruttamento della manodopera creava le condizioni per un’attrattività di certi territori rispetto ad immigrati economici, le cui caratteristiche stridevano con la nostra categorizzazione in termini di “montanari per scelta”. Ancora più stridente era il caso degli stranieri che si trovavano ad abitare la montagna forzosamente – ovvero i richiedenti-asilo e i rifugiati – nell’ambito di fenomeni di “ospitalità” non solo provvisoria, ma anche non autonomamente decisa, per quanto poi spesso in stretta interazione coi contesti locali.
È attraverso lo sviluppo di queste prospettive che Dislivelli inizia ad approcciarsi in modo più strutturato alla presenza migratoria nelle Alpi e negli Appennini, introducendo per la prima volta nel dibattito nazionale sui nuovi montanari (a partire da una riflessione di Andrea Membretti) il nuovo concetto di “Montanaro per forza”, in dialettica/tensione con quello di “Montanaro per scelta”. È così che nel 2015 l’associazione sceglie di investire su questo nuovo filone di ricerca, della cui crescente rilevanza si era cominciata ad accorgere frequentando le terre alte e incontrando – dagli ex comprensori dell’Olimpiade invernale torinese sino alle valli più interne delle Alpi liguri – pastori rumeni, muratori tunisini, tagliaboschi kosovari, assistenti per anziani bielorusse ed ucraine. E poi baristi, operatori di ski-lift, operai agricoli e molte altre sfaccettature di quell’universo – ben noto agli studiosi del settore, spesso però concentrati solo sulle aree urbane – che va sotto il nome di “immigrazione economica” (M. Dematteis, “Mamma li turchi, migranti nelle terre alte”, Chambra d’Oc 2010, leggi la recensione).
Di questi soggetti, del loro vivere in montagna, a cavallo tra scelta e necessità, del loro riempire i vuoti lasciati dallo spopolamento alpino e della loro sostanziale invisibilità sociale, abbiamo cominciato ad occuparci dunque in modo scientifico con il seminario di studi “L’immigrazione straniera nelle Alpi”, organizzato a Novembre di quell’anno insieme al Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca (Leggi il numero dedicato all’argomento).
Da quell’incontro nascerà una rete indipendente di ricercatori e di stakeholder dapprima di portata nazionale e poi, in breve tempo, internazionale, che si dará quindi il nome di ForAlps (Foreign immigration in the Alps, www.foralps.eu). Allo sviluppo di questa rete la nostra associazione ha fornito un contributo importante, sia in termini di ricerca che di divulgazione, come testimoniato dalla nostra partecipazione ai successivi incontri del network e dalla pubblicazione di articoli e approfondimenti dedicati al tema, a partire dalla rivista Dislivelli.eu.
Ben presto, a quel filone di ricerca – centrato sul ruolo degli immigrati “economici” stranieri nella ripresa delle economie alpine e sulla loro interazione con gli autoctoni – siamo andati affiancando un nuovo ambito di studi: la migrazione forzata. Il crescente arrivo nel nostro Paese di stranieri in cerca di protezione internazionale ha comportato, come è noto, la necessità di ospitare temporaneamente numeri consistenti di persone, in attesa del vaglio della loro posizione da parte delle commissioni territoriali competenti. La montagna, specialmente quella poco popolata e interna (dalle Alpi agli Appennini, maggiormente coinvolti), si è trovata investita da questo fenomeno del tutto nuovo, con caratteristiche ben diverse dalla già consolidata presenza di immigrati per ragioni lavorative. Di questi soggetti, innanzitutto giovani uomini africani, costretti a vivere nelle terre alte – a volte nell’ambito di progetti di inclusione esemplari ma, più spesso, in condizioni di sostanziale ghettizzazione e abbandono – abbiamo deciso di occuparci, sia con iniziative interne alla nostra associazione, sia in rapporto al network ForAlps.
Per dare conto di questi temi in modo continuativo, nel 2016 nasce la rubrica “Montanari per forza”, curata per un paio d’anni da Andrea Membretti e in seguito aperta al contributo di diversi autori. La rubrica porta nel titolo il segno della riflessione avviata in quei mesi dentro e fuori l’associazione: la dialettica tra scelta e necessità rispetto al vivere in montagna prende, col fenomeno dei migranti forzati (forzati a migrare dai propri Paesi d’origine e poi forzati a restare per anni nelle terre alte, “in attesa di giudizio”) una nuova, e per molti versi sino ad allora impensata, connotazione.
Nello stesso periodo “Montanari per forza” diventa anche un progetto di ricerca specifico, grazie ad un finanziamento della Compagnia di San Paolo interno al progetto “Torino e le Alpi” ed un programma interdisciplinare applicato alle montagne piemontesi, liguri e valdostane con l’identificazione di interventi e obiettivi concreti. In questa ricerca si è voluto approfondire, in una prima parte, l’aspetto quantitativo legato alla presenza di migranti nella montagna italiana, con una georeferenziazione delle strutture ospitanti e una quantificazione dell’importanza della montagna all’interno di questo filone. In una seconda parte un approfondimento qualitativo legato ai territori piemontesi e liguri, con interviste sul campo di casi territoriali performanti sia dal punto di vista dell’invenzione e l’applicazione di politiche locali ad hoc, che della creazione di progettualità specifica da parte degli stakeholders locali.
Attraverso questa ricerca, in corso di pubblicazione all’interno del volume “Montanari per forza” (Dematteis M., Di Gioia A., Membretti A., 2018) nella nostra collana Terre Alte di Franco Angeli, è stato possibile ampliare l’aspetto conoscitivo del fenomeno e produrre una serie di prospettive di sintesi per il supporto e la trasferibilità delle politiche di accoglienza dei territori montani, in relazione all’offerta sociale ed economica presente sul territorio.
La dialettica tra scelta e necessità è anche alla base della riflessione collettiva che ha portato, alla fine del 2017, alla pubblicazione di un altro volume, “Per forza o per scelta. L’immigrazione straniera nelle Alpi e negli Appennini”, a cura di Membretti, Kofler e Viazzo (leggi la recensione; scarica il volume completo), alla cui stesura alcuni dei nostri ricercatori hanno dato un significativo contributo. Obiettivo della pubblicazione era quello di rafforzare un campo di indagine e, nel contempo, di favorire la comunicazione pubblica rispetto a un tema occultato dalla sovraesposizione mediatica e politica degli immigrati in aree metropolitane e urbane. L’uscita del volume è stata anche occasione per organizzare a Bolzano un nuovo convegno nazionale sul tema, questa volta grazie alla sinergia tra Dislivelli ed Eurac Research (ente socio di Dislivelli, che aveva supportato la pubblicazione del libro, mentre, sempre nel 2017, Dislivelli aveva partecipato al seminario internazionale di Salecina, dedicato al tema dei migranti in montagna in un’ottica panalpina e organizzato ancora una volta con la rete internazionale ForAlps.
Queste prospettive di ricerca, e le risultanze degli studi compiuti, hanno quindi fornito il quadro concettuale e metodologico per il recente progetto Migliora, attualmente in corso (www.formazione-migliora.it). Si tratta di un programma di capacity building teso a rafforzare le competenze e sostenere l’individuazione di soluzioni efficaci nel settore dell’integrazione di richiedenti asilo e rifugiati, partendo dall’approfondimento di esperienze riuscite nei territori montani e offrendo soluzioni tecniche e opportunità per condividere problemi, scambiarsi soluzioni e costruire una comunità di pratiche capace di trovare risposte alle sfide poste dall’integrazione dei nuovi arrivati nelle comunità locali. Il progetto vede come partner l’Associazione Dislivelli (capofila), il Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione (Fieri), la Cooperativa sociale Labins, il centro studi Medi di Genova, e la collaborazione dell’Unhcr.
Nel corso di quest’anno la nostra associazione ha contribuito infine all’organizzazione del nuovo seminario internazionale di ForAlps che si è tenuto a Pettinengo, nelle prealpi biellesi, lo scorso mese di maggio: dall’accoglienza dei rifugiati alla resilienza delle comunità montane che li ospitano, questo il filo conduttore della tre-giorni, che si è tenuta presso il CAS dell’associazione Pacefuturo. Da lì il lancio del progetto editoriale “Alpine Refugees”, che porterà all’uscita dell’omonimo libro nei primi mesi nel 2019, dedicato all’analisi del tema nei principali Paesi alpini.
Il tema della migrazione internazionale verso le nostre montagne, volontaria o forzata che sia, sembra dunque ormai entrato a pieno titolo nell’agenda della nostra associazione: le future ricerche sul neo popolamento montano non potranno prescindere dal considerare il peso della componente straniera, in termini tanto di potenziali squilibri a livello locale e nazionale, quanto di innovazione e mutamento culturale, portati da questa particolare categoria di “nuovi montanari”.
Alberto Di Gioia e Andrea Membretti
Dematteis M., Membretti A., Di Gioia A., “Montanari per forza. Rifugiati e richiedenti asilo nella montagna italiana”, Franco Angeli, collana Terre Alte, in corso di pubblicazione.
Membretti A., Kofler I., Viazzo P. (a cura di) “Per forza o per scelta. L’immigrazione straniera nelle Alpi e negli Appennini” (https://www.dislivelli.eu/blog/per-forza-o-per-scelta.html), Aracne Editore con supporto di Eurac Research, collana Globolitical, Roma, 2017.