Luigi Sturzo è stato il politico del primo ’900 che più e meglio ha difeso le proprietà comunali e collettive delle montagne. In quell’epoca non c’erano “beni comuni”, né Commons. Boschi e pascoli di comuni e comunità erano considerati dai politici dell’Italia liberale, soprattutto nell’800, come residui di un lontano passato che il progresso avrebbe dovuto spazzare via, mentre le sinistre si occupavano soprattutto della modernità che avanzava nelle città e nelle fabbriche, in pianura. Non è solo una curiosità sapere che 100 anni fa Sturzo creava a un’apposita organizzazione a sostegno delle proprietà comunali e collettive delle terre alte, il Segretariato per la montagna, e lo faceva tre mesi dopo aver fondato, nel gennaio del 1919, il Partito popolare italiano. Per lui il sostegno ai commons delle montagne era una priorità politica e la trattò come tale.
Il progetto risaliva al 1915 ed era di Meuccio Ruini, deputato dell’Appennino reggiano, consigliere di Stato ed ex alto dirigente del Ministero dei lavori pubblici, che sarebbe divenuto uno dei padri della nostra Costituzione. Sturzo gliel’aveva chiesto appena diventato vicepresidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), alla cui attività di lobby politica per i comuni, nel Parlamento, voleva sommare quella di servizio sul territorio. La prima guerra mondiale bloccò tutto, ma nel 1919 volle il Segretariato, a Roma ma con sedi anche in alcune regioni: ce n’era bisogno urgente anche perché la guerra si era combattuta soprattutto in montagna e le Alpi orientali erano in condizioni spaventose.
Quel prete a capo del partito dei cattolici, sindaco di Caltagirone, medio comune a 600 metri d’altezza, in Sicilia, si dava tanto da fare per le proprietà comuni nelle terre alte – che si trovavano soprattutto, ma non solo, nell’arco alpino – per tre ragioni: sociali, politiche e ambientali. Sturzo sapeva che boschi e pascoli potevano essere una ricchezza per le comunità, potevano garantire redditi al comune e, quindi, rafforzarne l’autonomia e, non ultimo, salvaguardare l’ambiente. E lo sapeva per esperienza diretta visto che Caltagirone possedeva il grande bosco di Santopietro, che difendeva da pascolo abusivo e coltivazioni.
Per la nascita del Segretariato Sturzo promosse a Roma una manifestazione politica pubblica a sostegno dei comuni della montagna, il cui successo probabilmente non è stato ancora superato. Il 14 e 15 aprile 1919 si riunivano nel Campidoglio i rappresentanti di oltre 500 comuni, due ministri, tre sottosegretari, 6 senatori e 44 deputati del Gruppo parlamentare per la montagna e il vertice dell’Associazione dei comuni. Per dirigere il Segretariato volle i migliori tecnici allora disponibili: quelli del Regio Istituto superiore forestale di Firenze. Il direttore dell’Istituto, Arrigo Serpieri, così spiegava nel 1927 gli obiettivi dell’organizzazione: “Nelle regioni montane l’opera dei Comuni è direttamente legata alla vita economica delle popolazioni, per il fatto che la maggior parte dei pascoli e dei boschi appartiene ad essi o a Comunanze da essi rappresentate; che dal godimento di questi beni, in via diretta o indiretta, dipendono le entrate della quasi totalità delle famiglie; che il Comune, come naturale rappresentante di questi interessi, deve avere più di tutti a cuore la restaurazione agraria e silvana del proprio territorio”. Il fascismo nel 1924 spinse Sturzo all’esilio, nel 1925 soppresse l’Anci, fu Serpieri a far progredire il Segretariato che per i pascoli montani migliorava i fabbricati, l’approvvigionamento d’acqua, la viabilità, ripuliva i terreni e rafforzava la cotenna erbosa anche con concimazione e irrigazione, prosciugava gli acquitrini, sviluppava latterie sociali, provvedeva poi alla “Ricostituzione silvana” e a sistemare i bacini montani. Si occupava sia dell’esecuzione diretta delle opere, sia dell’assistenza ai proprietari nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori, fino all’acquisizione di sussidi statali.
Estromesso Serpieri dal Governo, nel 1935, l’anno successivo il Segretariato venne sciolto perché la sua azione andava incontro alle esigenze delle genti delle terre alte molto più che a quelle delle imprese idroelettriche che, con la Milizia nazionale forestale, puntava solo a rimboschire per proteggere i bacini dall’interramento.
Rifondato nel 1946, anche su deciso impulso della Commissione economica per l’agricoltura del Ministero per la costituente, il Segretariato venne però sciolto nel 1965. Rinato come ente parastatale, non riuscì a inserirsi nella realtà politica democratica nella quale i comuni montani volevano gestire i propri beni in autonomia. Oltretutto l’Unione nazionale dei comuni e degli enti montani (Uncem), aveva sostituito il Segretariato, almeno nella sua funzione di rappresentanza degli interessi della montagna.
Di questa storia nessuno sembra ricordare più nulla. Del grande evento dell’aprile 1919 è rimasta testimonianza in una fotografia pubblicata nella biografia di Luigi Sturzo, scritta da Gabriele De Rosa nel 1977, di cui però la didascalia riporta solo: “Sturzo (in primo piano al centro) al Congresso dei sindaci di montagna in Campidoglio (14 aprile 1919)”. Quella fotografia mostra Sturzo ai piedi della scala principale di accesso al Comune di Roma, accanto e dietro di lui una folta schiera di persone. In alto a destra c’è una data “14/4/1919”, quella dello scatto, ma nel libro non ci sono notizie sull’evento.
Oggi, nel 2019, quando la politica reclama il primato della nazionalità e quando c’è l’urgenza di proteggere i fragili territori delle montagne e le loro comunità, nel centenario di un grande partito, può essere utile ricordare che un politico del calibro di Luigi Sturzo decise di sostenere le comunità locali delle montagne assistendole nella gestione dei propri beni per il loro benessere, in nome dell’autonomia e per la tutela dell’ambiente. È però poi utile ricordare il Segretariato anche perché la sua storia dimostra che, anche nelle montagne, non ci sono formule, né istituti che valgono per sempre. C’è ancora necessità di nuove idee e di persone, anche di grandi persone, che sappiano interpretare bisogni e spirito dei tempi, nel rispetto dei valori fondamentali delle comunità locali e dell’ambiente.
Oscar Gaspari, Università Lumsa, Roma