Quando in ambiente montano si cita la “guida” senza aggettivi e non si parla né di quella telefonica e neppure (con sgomento) di quella in stato di ebbrezza, è fuor di dubbio che ci si stia riferendo alla guida alpina, una delle figure professionali che – ovviamente e giustamente – più di frequente vengono associate alla montagna. Dipinta in modo di volta in volta eroico o dissacrante, la guida alpina è parte integrante, infatti, dell’ “arredamento” montano: si dà per scontato che esista così come la polenta nei rifugi, si conosce perfettamente che cosa fa e dove trovarla in caso di improvviso e irrefrenabile bisogno di affrontare una scalata al di sopra delle nostre capacità.

Al contrario, non rischia affatto al momento di diventare un soggetto da cartolina la misconosciuta figura della guida ambientale escursionistica (Liguria) o guida escursionistica ambientale (Basilicata) o guida escursionistica naturalistica (Valle d’Aosta) o accompagnatore naturalistico (Piemonte) o guida di media montagna (Lombardia). Solo il fatto che quasi ciascuna delle regioni italiane denomini in modo differente la stessa professione (mancano solo il rebus e l’anagramma: le varie combinazioni di parole ci sono già tutte) e la definisca e delimiti in modo autonomo creano una certa difficoltà al decollo del mestiere di chi “accompagna in sicurezza, a piedi o con altro mezzo di locomozione non a motore, persone singole o gruppi in ambienti naturali, anche innevati, assicurando anche la necessaria assistenza tecnica e svolgendo attività di didattica, educazione, interpretazione e divulgazione ambientale ed educazione alla sostenibilità”. In altre parole, le guide naturalistiche e ambientali (o come si dice) sono i professionisti dell’accompagnamento in natura, divulgatori che si occupano di ecoturismo e di educazione ambientale, che operano come liberi professionisti o nelle maggiori aziende italiane.
Sono le voci per eccellenza del turismo verde, ecocompatibile e sostenibile. La loro attività favorisce (favorirebbe) un turismo d’eccellenza caratterizzato da un’alta qualità ambientale, all’insegna della cultura e specificità locali.

In realtà, figli di un dio minore delle guide e della pigrizia legislativa dello Stato italiano, che ha altri e più pressanti grattacapi che occuparsi di unificare a livello nazionale la legislazione in materia di professioni turistiche (nemmeno l’Italia fosse un paese turistico…), le guide ambientali ed escursionistiche (o come accidente si chiamano) brancolano in un mondo di incertezze. La mancanza di una legislazione a livello nazionale non crea soltanto un cacofonico effetto Arlecchino nella denominazione della professione, ha anche conseguenze ben più gravi. Per esempio la mancanza di un sindacato di categoria che tuteli le guide naturalistiche (o quel che sono): per fortuna esiste la Aigae, l’Associazione che offre formazione, informazione, coordinamento e tutela ai professionisti dell’educazione ambientale. In secondo luogo, un enorme limite della legiferazione a livello regionale è costituito dai limiti territoriali di competenza della guida. I colleghi francesi, che affrontano un esame valido a livello nazionale, possono spaziare in Francia e nel resto del mondo (oh, yes: anche a Pompei, dove spesso va a lavorare un amico e collega di Tenda). In Italia, se passo l’esame in Piemonte non sono autorizzato a valicare il Colle di Cadibona (a sud del quale le guide francesi possono fanno ciao con la manina). Ci sono poi situazioni limite, come quella ligure, dove l’esame è addirittura provinciale (e perché allora non comunale, o di quartiere?): se sei guida escursionistica e ambientale abilitata per la provincia di Savona, guai a sconfinare oltre il Monte Beigua o a inoltrarti nel selvaggio west oltre Andora (dove il paesaggio, come è noto ai più, muta in maniera radicale rispetto al Savonese, giustificando pienamente la validità provinciale del brevetto…).

Nonostante la criticità del contesto legislativo, a discapito della crisi e della scarsa propensione italica a farsi accompagnare in ambiente naturale, sono parecchi (vedi sito aigae.org) i coraggiosi che, nelle Alpi e a valle, ovunque vi sia un filo d’erba, cercano di far scoprire il mondo con lentezza, in un modo che non richiede doti fisiche estreme, ma solo buone gambe e curiosità. Lo sviluppo di un modello di turismo leggero e sostenibile sta anche nella scelta di professionisti che lavorano per riavvicinare le persone alla natura. Non sono ancora numerose e tipiche come gli stambecchi, ma le guide escursionistiche possono essere un tassello importante degli ecosistemi alpini.
Irene Borgna (accompagnatore naturalistico Regione Piemonte, guida ambientale ed escursionistica Provincia di Savona e gran ciambellano di Sticazzi).