Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, primo parco nazionale istituito in Italia, si trova oggi ad affrontare una crisi senza precendenti come tutti i suoi simili. Alla quale cerca di reagire con idee innovative. Che il presidente Italo Cerise racconta a Dislivelli.

Quali sono le ricadute sul territorio del parco e delle sue attività?
Le ricadute sono molteplici. Prima di tutto occupazionali, perché gli addetti alla sorveglianza vivono nel territorio del Parco o nei comuni limitrofi. I progetti finanziati creano inoltre occupati stagionali nei centri visitatori. Poi ci sono ricadute economiche perché tutto l’indotto, dalla ristorazione ai rifugi, dagli alberghi alle attività ricettive, trae beneficio dalla presenza del parco, che per il territorio apporta un valore aggiunto notevole, di forte richiamo turistico.

Qual è il rapporto tra parco e turismo?
E’ un rapporto diretto fortemente connesso: il turismo si incrementa grazie alla presenza del parco, e il parco esplica appieno la sua funzione di educazione ambientale grazie alla presenza dei turisti che lo visitano. Si tratta di un turismo dolce, che ama il contatto con la natura e che nel Gran Paradiso trova ciò che cerca: il contatto diretto con la fauna e, in particolare, con i grandi ungulati, camosci e stambecchi, facilmente osservabili.

Quale equilibrio tra salvaguardia e sviluppo?
Tutta l’attività del parco è finalizzata a raggiungere l’obiettivo di mantenere uno stato di equilibrio tra questi due estremi in un’ottica di sostenibilità. E credo che i risultati siano visibili e concreti.

Qual è il rapporto del parco e delle sue attività con la popolazione?
Un rapporto sicuramente positivo, per i motivi che ho detto in precedenza. Anche se non mancano le criticità dovute ai vincoli che la presenza dell’area protetta inevitabilmente comporta. Si tenga presente che questi vincoli gravano in massima parte su proprietà private o pubbliche di altri enti. Perché il parco, come ente, possiede una percentuale minima di proprietà.

Quali sono le strategie di sopravvivenza senza fondi regionali o statali?
Premesso che senza tali fondi il Parco del Gran Paradiso non potrebbe sostenersi, perché il Parco ha a suo carico il corpo di sorveglianza a differenza degli altri parchi nazionali, dove la sorveglianza è assicurata dal corpo forestale dello Stato, le strategie future sono legate ad altre risorse come per esempio quelle derivanti dall’applicazione di sovracanoni idroelettrici sugli impianti esistente all’interno dell’area protetta. Non si deve dimenticare che lo sviluppo dell’idroelettrico accompagna la vita del parco sin dagli anni ’60, e che nel parco vi sono concessioni per quasi 300.000 kilowatt. Quindi una addizionale del 10% sui sovracanoni esistenti genererebbe per l’Ente parco un introito annuo di circa 600.000 €.

Qual è il ruolo dei parchi: proteggere o produrre reddito?
Entrambi. I parchi devono proteggere la biodiversità, il paesaggio e l’ambiente, e grazie a queste peculiarità, che altri territori non hanno, devono produrre ricchezza, cioè attrarre visitatori e turisti creando così un circolo virtuoso. Il problema vero è trovare e mantenere un punto di equilibrio.

Quali sono i rapporti del parco con le attività economiche locali?
Il Parco interferisce in maniera diretta con alcune attività economiche locali. Ad esempio l’attività pastorale svolta all’interno dell’area protetta. In altri casi ne condiziona le dinamiche: nel settore turistico sono certamente privilegiate le attività dolci, naturalistiche, legate allo sci di fondo; piuttosto che quelle possibili in altre località come lo sci da discesa. Ma come ho detto prima, in generale, le attività economiche legate alla ricettività, all’artigianato, alla vendita dei prodotti agricoli e tutte le altre, traggono beneficio dalla presenza del Parco.

Siete attualmente coinvolti in progetti Ue?
Sì, perché la necessità di reperire finanziamenti diversi da quelli ordinari, cioè ministeriali, ci spinge a proporre progetti da finanziare con fondi europei.

Qual è la cosa migliore che ha fatto il vostro parco da quando è stato istituito?
Essendo il più antico parco nazionale, con quasi 90 anni di età, è molto difficile dire quale sia. Personalmente ritengo che sia stata la salvaguardia dello stambecco dall’estinzione. Infatti il nucleo di poche centinaia di esemplari che si era conservato nel cuore del Parco alla fine della seconda guerra mondiale, ha permesso il ripopolamento prima dell’areale del Parco stesso e, successivamente, grazie alla gestione del servizio scientifico e dei nostri guardaparco, la diffusione della specie in tutto l’arco alpino.
Roberto Dini

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