Il turismo nelle Alpi ha attraversato diverse fasi: quella pionieristica e della Belle Époque, caratterizzate dalla frequentazione estiva, dalla scoperta e valorizzazione di belvedere e dal termalismo; il periodo fra le due guerre, con lo sviluppo dello sci e dei primi impianti di risalita, in un contesto ancora a schiacciante prevalenza della stagione estiva; la fase del turismo di massa, con la proliferazione degli impianti di risalita, il boom delle settimane bianche, la costruzione ex-nihilo di stazioni invernali ad alta quota e una forte erosione del turismo estivo a vantaggio di quello invernale. Nella quinta e sesta fase, dai primi anni ’80 a oggi, si assiste da un lato al consolidamento del turismo invernale, al massiccio rinnovamento e razionalizzazione del parco-impianti, alla realizzazione e alla continua ricerca di collegamenti intervallivi tra bacini sciabili e alla diffusione dell’innevamento artificiale, dall’altro alla crisi del turismo estivo, soprattutto nelle maggiori stazioni, che accentua la propria dipendenza dalla seconda casa.
Gli scenari che si possono prospettare per il futuro sono legati a troppe variabili per essere delineati con sicurezza: dipendono dai mutamenti climatici, dalla situazione economica, da gusti e mode della clientela. In linea di massima, si è visto che negli ultimi vent’anni il turismo invernale ha registrato flessioni solo in presenza di una generale carenza d’innevamento e di temperature eccessivamente miti, mentre la stagione estiva ultimamente ha manifestato qua e là una moderata ripresa. L’aggravarsi della crisi economica potrebbe portare, in Italia, a una riduzione del turismo invernale interno e favorire una ripresa della stagione estiva, alimentata soprattutto da seconde case e appartamenti in affitto, così come il ripetersi di inverni poco innevati e miti potrebbe avere ulteriori riflessi negativi sulla stagione invernale, mentre estati calde come quella del 2003 potrebbero portare altra acqua al mulino di una ripresa del turismo estivo.

Ma al di là di queste contingenze, i dati disponibili (soprattutto per le Alpi centro-orientali) e il trend degli anni più recenti e degli ultimi decenni non sembrano prefigurare significativi cambiamenti di rotta nell’appetibilità dell’intero arco alpino come destinazione privilegiata per gli sport invernali, e in particolare per lo sci alpino e lo snowboard, dato che il fondo, com’è noto, non è in grado di attirare da solo apprezzabili flussi turistici in strutture ricettive commerciali. La stagione estiva, beninteso, attira ancora la maggior parte delle presenze, ma queste si distribuiscono in un gran numero di località e in proporzione rilevante in strutture extralberghiere, mentre d’inverno si concentrano in un ristretto numero di stazioni e comprensori e in prevalenza in esercizi alberghieri e para-alberghieri. Il problema non è però quello di favorire una redistribuzione dall’inverno all’estate delle presenze registrate nelle maggiori stazioni (impresa quasi impossibile), ma di “spalmare” d’inverno i benefici dello sci su un maggior numero di località (come si è fatto, ad esempio, in Pusteria) e promuovere una “riscoperta” delle Alpi in estate e nelle stagioni intermedie, a prescindere dal turismo di prossimità legato ad appartamenti e seconde case, che è alquanto meno redditizio, ponendo l’accento sulla sostenibilità ambientale piuttosto che su una fruizione scriteriata della montagna. Come tutti sanno, oggi non è facile “vendere” la montagna alpina d’estate (a parte il medio e alto Garda, che attira però come meta balneare e di sport velici, o qualche località del Trentino-Sudtirolo) e ancor meno in tarda primavera e autunno, per diversi motivi (prezzi, gusti della clientela in fatto di vacanze, concorrenza di mete esotiche, immagine demodé), ma proprio in questo dovrà consistere la sfida degli anni 2000: valorizzare le Alpi non come meta di una stanca villeggiatura estiva, ma come regione ad alta qualità ambientale e paesaggistica dalle molte sfaccettature, in grado di offrire valide alternative per brevi soggiorni anche a sfondo culturale o culinario in stagioni in cui la città delude coi suoi rumori e il suo grigiore, e il mare non presenta più quell’aspetto ridente che lo rende irresistibile in certi luoghi e in certi periodi dell’estate.
Fabrizio Bartaletti