Cosa è accaduto negli ultimi anni all’interno del mondo degli impianti a fune del Trentino e quali le sue prospettive future?
Difficile dirlo, dal momento che gli uffici pubblici della provincia non presentano molto interesse nel comunicare quest’argomento. Perché il Trentino, visto dall’esterno come terra di coerenza amministrativa, correttezza nella gestione dell’ambiente ed esempio virtuoso da esportare, ha anche lui i suoi limiti. Da una parte è una terra fortunata, con l’autonomia e le ingenti risorse finanziarie fino ad oggi ottenute, ma dall’altra, grazie ad amministrazioni che dedicano grandi energie alla costruzione e divulgazione di immagini e slogan accattivanti, l’informazione è spesso carente. Per capire meglio cosa succede nel sistema di governo costruito nei decenni dalla Südtiroler Volkspartei (Svp) e dal centrosinistra trentino, rimandiamo alla lettura di “Questo Trentino”.

Ma tornando alla questione degli impianti a fune, il Trentino ha oggi 13 comprensori sciistici attivi, 2500 maestri di sci iscritti al collegio, 239 impianti che coprono 62.762 m di dislivello. Gli impianti hanno una capacità di 351.937 persone all’ora (cresciuta di 25.000 unità negli ultimi sette anni), da distribuire su 485 piste che coprono 1.536 ettari di superficie, di cui 1279 ettari innevati artificialmente. E uno Skipass “Superski” al costo di 50 euro.
Questi i dati specifici. Ma per fotografare meglio la situazione si può partire dai dati recentemente pubblicati dall’associazione Anev di Confindustria trentina. Il Trentino, 560.000 abitanti, offre lavoro nel settore delle società funiviarie a 1300 persone, di cui 900 stagionali e 400 fissi. Generando un indotto valutabile sui 400 milioni di euro. Meno di un terzo degli impianti viaggia in attivo, 1/3 in parità e 1/3 con passivi importanti.
50 sono i milioni versati in stipendi, 30 i milioni in investimenti ed altri 30 milioni in forniture.

Ora, se da una parte ufficialmente la Provincia di Trento e i suoi Comuni non versano più soldi agli impiantisti, la stessa Provincia ha costruito la Trentino Sviluppo, 95% fondi pubblici. In Trentino Sviluppo vengono versati i soldi per le società in deficit. E la società interviene in loro aiuto attraverso la clausola dei finanziamenti alla “mobilità sostenibile” che, a differenza degli impianti sciistici, possono ancora venire sostenuti dagli enti pubblici. Si calcola che annualmente la Provincia, attraverso Trentino Sviluppo, versi alle società impiantistiche un capitale di 160 milioni di euro (secondo una recente interrogazione consigliare del consigliere dei Verdi Roberto Bombarda).

Nel comprensorio Pinzolo-Campiglio, tra il 2008 e il 2013, si è realizzato il collegamento di mobilità alternativa con funivia in tre tronconi, che parte da Pinzolo e arriva, attraverso il Grostè, a Madonna di Campiglio. La società di Pinzolo, con un indebitamento di oltre 10 milioni di euro (presso le Casse Rurali, sistema Cooperazione Trentina) in una provincia ordinaria sarebbe stata probabilmente destinata al fallimento. Invece l’ente pubblico è intervenuto con 50 milioni di euro. Con buona pace dei costi ambientali dell’operazione, che ha visto violare la riserva integrale del Parco Adamello Brenta, in Valbrenta, nonostante tre ricorsi delle associazioni ambientalistiche. Nel primo inverno 2011-2012 di apertura del collegamento, dei 300.000 passaggi previsti ce ne sono stati solo 57.000. Che hanno obbligato l’impianto a rimenare chiuso nei mesi estivi.

Passiamo ora al comprensorio Folgaria – Passo Coe – Fiorentini. Dal 2007 le tre società sono sull’orlo del fallimento. Vengono sostenute dalla Provincia costruendo nuovi collegamenti nelle aree della Grande Guerra, verso la Regione Veneto. 50 milioni di contributi pubblici diretti, più 40 milioni da Trentino Sviluppo per acquisire l’area industriale di Marangoni. La parte di montagna interessata, grazie a questi interventi, è rimasta fortemente deturpata. E l’operazione è diventata tristemente famosa grazie al trasporto, nel dicembre 2011, di ingente quantità di neve da valle verso le piste pelate, tra i 1200 e 1800 metri, attraverso l’uso dell’elicottero.

Nel comprensorio Tesino – Passo Broccon, Trentino Sviluppo ha sostenuto nuovi impianti e piste tra i 1000 e i 1400 metri, molto probabilmente senza futuro, affiancate dalla speculazione del recupero delle baite di montagna, con tanto di nuove strade e allacciamenti servizi, ancora una volta sostenuti da fondi pubblici.

Panarotta – Levico: Trentino Sviluppo vuole intervenire per ripianare un deficit di oltre 10 milioni di euro, con il finanziamento di una nuova funivia per collegare il lago di Caldonazzo all’altipiano di Lavarone. Le piste sono tra i 1200 e 1600 metri.

A San Martino di Castrozza, invece, la situazione è allarmante: tre società in crisi nel 2008 volevano realizzare un collegamento tra San Martino a Passo Rolle, attraverso Val Bonetta e i laghi di Colbricon, in piena riserva integrale del parco. Le associazioni ambientaliste riuscirono a fermare il progetto. Oggi gli stessi soggetti propongono un investimento di 75 milioni di euro. 38 milioni per la cremagliera San Martino-Passo Rolle e gli altri per coprire i deficit e riunire le reti impiantistiche. La cremagliera rientrerebbe fra le opere finanziate al 100%, in quanto considerata mobilità alternativa, ancora una volta da Trentino Sviluppo. Ma per ora il progetto è bloccato, a causa della crisi che ha provocato il taglio di risorse alla Provincia.

In Val di Fassa, sempre attraverso la linea della “mobilità alternativa”, la Comunità di valle ha appena approvato due collegamenti: Moena – Lusia (40 milioni di euro) e Pera – Gardeccia (30 milioni di euro).

In Val della Mite nel 2010 è stata costruita una nuova funivia, fatta passare per mobilità alternativa, in pieno Parco nazionale dello Stelvio. Per l’80% sostenuta dalla Provincia autonoma di Trento.

A Folgarida Marilleva, la società impiantistica deve pagare 143 milioni di euro per una fallimentare operazione speculativa, operata assieme alle locali casse rurali, realizzata attraverso gli investimenti presso l’aeroporto di Venezia. In questo caso la società impiantistica ha addirittura partecipato alla creazione di una società, la Aeroterminal, di cui deteneva la maggior parte delle azioni, che è andata in bancarotta fraudolenta e conclamata nel 2009 dal Tribunale di Trento. Ancora una volta è intervenuto Trentino Sviluppo.

Sul Monte Bondone un insieme di operazioni di investimenti, partite nel lontano 2005, sono costate all’ente pubblico oltre 10 milioni di euro. E altri investimenti sono tutt’ora in corso.

E infine bisogna aggiungere che la Provincia autonoma di Trento sovvenziona gli impiantisti per ogni acquisto, rimodernamento, rimodellamento delle piste, per un valore del 15% dei costi.
Luigi Casanova